Capitolo 41

113 20 56
                                    

«Che hai al polso?» Mina se lo toccò istintivamente, premendo un po' sulla fascia di spugna nera che indossava dall'ora di pranzo. Sentì gli occhi del signor Dawson scrutarla, ma finse indifferenza. Non poteva raccontargli nulla, nessuno doveva sapere dell'accaduto. Fortunatamente, gli unici ad aver visto quel polso rosso erano lei, Andrew e Colin e, ne era certa, nessuno avrebbe parlato.

«Oh, nulla. Ho dimenticato di rimetterla a posto dopo l'ora di ginnastica e ora la tengo così domani ricorderò di lasciarla nell'armadietto» mentì sapientemente. Era sempre stata brava a farlo, fin da bambina. Un talento naturale ereditato, probabilmente, dal padre. Nadia non era una bugiarda, ne era certa.

Il signor Dawson la osservò ancora, prima di tornare a fissare lo spartito e riprendere la lezione. Quel pomeriggio toccava alla tecnica canora, come se ne avesse bisogno! Studiava con quell'insegnante da anni, ormai ne sapeva più di lui sulla tecnica del canto. Non si lamentava, comunque. A Mina il signor Dawson piaceva più di tutti gli altri boriosi insegnanti privati con cui aveva a che fare per volere di Eva, e le sue lezioni risultavano sempre divertenti e piacevoli.

«Vorrei provare a farti cantare una cosa» si illuminò lui, lasciando lo sgabello di fronte al pianoforte e avvicinandosi alla ragazza. Lei lo guardò con sospetto, quasi intimorita. Aveva il suo repertorio, era lo stesso da anni, e gli occhi guizzanti di quel maestro di solito sempre statico e poco espressivo la agitarono. «Stai tranquilla» aggiunse «Niente di troppo difficile».

Mina provò a credergli, prendendo il foglio che le stava porgendo. Lesse il titolo, ridacchiando appena mentre iniziava già a scuotere la testa in segno di dissenso.

«Non se ne parla» disse sicura «Sai che non fa parte di me. Non ho mai rappato in vita mia, perché dovrei iniziare ora?»

«Oh, andiamo Mina, mettiti in gioco! Puoi provarci, almeno» insistette lui, fissando quei pozzi cerulei e impauriti «Pensa che figurone faresti se, al provino, oltre alla Houston portassi anche un pezzo del genere. Entreresti senza fatica. E tu vuoi entrare, giusto?»

Quella domanda la paralizzò. Sembrava volerla mettere in difficoltà. Sembrava contenere una consapevolezza che lei non gli aveva mai dato, ma che lui forse aveva. Il signor Dawson era bravo a capirla, più dei genitori, più degli amici, a volte anche più di Micol. Spesso le aveva chiesto se fosse davvero felice. Ogni volta, lei aveva indossato quel suo finto sorriso splendente e aveva risposto "Certo, la mia vita è perfetta", non credendoci mai. Nemmeno lui ci aveva creduto, ne era certa, ma non l'aveva mai soffocata con ulteriori domande.

«Studio da una vita» si limitò a dire. L'insegnante sorrise comprensivo, accarezzandola appena.

«Non era questa la mia domanda, però» ribadì. Mina annuì stanca, stringendosi appena il polso ancora un po' dolorante. Diede le spalle al maestro, certa che altrimenti lui le avrebbe letto dentro. Era piena, non riusciva a mentire, non dopo la giornata avuta. Non dopo quella orribile settimana. «Va bene» continuò lui mettendole una mano sulla spalla e stringendo appena, «non indagherò oltre. Ma la canzone te la lascio, pensaci».

Mina aspettò qualche secondo prima di annuire e voltarsi. Lo avrebbe ringraziato, ma lui era già andato via, lasciandola sola con i suoi ingombranti pensieri. Non era invadente, non era pressante. Era solo fastidiosamente perspicace. E la conosceva bene.

Provò a tergiversare un po'. Sapeva che, una volta uscita dalla sala musica, l'ira di Eva per l'ennesima lezione finita prima dell'orario previsto l'avrebbe travolta. E quel giorno non poteva sopportare anche la matrigna urlante, nonostante non era certa che fosse in casa, non l'aveva sentita rientrare.

Raggiunse lo sgabello su cui poco prima sedeva il signor Dawson, aprendo il quaderno degli spartiti a caso. Lo richiuse meccanicamente un attimo dopo, iniziando a suonare a orecchio una melodia che le frullava in testa da un po'. Era davvero portata per l'arte, lo sapeva. Come sapeva che quella non era la sua strada. Non la conosceva ancora, aveva sempre avuto troppi impegni, azzerando del tutto il tempo da dedicare ai suoi interessi. Non sapeva quali fossero. L'unica sua certezza era che lo spettacolo non faceva per lei.

MoonlightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora