uno.

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A differenza della metà dei suoi coetanei, Marinette ha sempre amato la pioggia.
Il ticchettio delle gocce contro l'asfalto e l'odore di bagnato che s'innalza sono un vero e proprio toccasana per lei, un modo alternativo per rilassarsi.
Persino quando è per strada e dimentica l'ombrello non le dispiace, anche se ogni volta si ritrova ad arrivare a casa zuppa fradicia dalla testa ai piedi.
E poi, come dimenticare le cose successe in un giorno di pioggia di appena qualche anno prima?
È già difficile per lei non distrarsi e fantasticare sulla sua vita con Adrien ogni giorno, ed in momenti come quelli è come se la sua capacità di concentrarsi senza finire a farsi migliaia di film mentali fosse quasi inesistente. Per fortuna, con lei c'è la sua piccola coscienza personale: Tikki, che è per lei quello che il grillo parlante è con pinocchio.

«Marinette» il kwami spuntò alle spalle della corvina che era completamente spiaccicata sulla scrivania, con il mento puntellato sulla superficie di legno e le braccia stese in avanti.

«non credo che se continui a fissare quei fogli i compiti si svolgeranno da soli» la rimproverò, riportandola alla realtà.
Marinette alzò la testa, per poi stiracchiarsi le braccia e ricomporsi sulla sedia su cui era da almeno un'infinità di tempo, o almeno così credeva fin quando non guardò l'orario e notò che era passata solamente mezz'ora da quando aveva iniziato.
«Lo so Tikki, ma sai che non riesco a concentrarmi quando fuori c'è questo tempo. Per questo ci sei tu, no?» rispose, e prima che la divinità potesse aggiungere altro parlò ancora «oltre che per sconfiggere il male, lo so, lo so».

Tikki assunse un'espressione soddisfatta e con le sue piccole zampette abbracciò Marinette, per poi sedersi di fronte a lei ed incitarla a finire.
Le bastò circa un'oretta di intenso studio senza distrazioni - impossibile che succedesse sotto la supervisione attenta del piccolo esserino -  e aveva già finito i compiti, data la sua bravura.
Sussultò leggermente quando un tuono squarciò il cielo e si chiese in quanto tempo quella leggera pioggiarella era passata a una vera e propria tempesta degna di quella scatenata da tempestosa.
Nulla da stupirsi considerato che si trovavano in pieno inverno, ma quello era uno degli aspetti negativi insieme ai lampi e al non poter uscire e vedere i suoi amici.
Sospirò e per poco non le venne un infarto quando le sembrò di vedere l'ombra di qualcuno alla finestra che dava al terrazzino fuori camera sua, che sparì un secondo dopo in seguito ad un lampo.
Scosse la testa, autoconvincendosi di essersi impressionata, ma quando un attimo dopo sentì bussare alla stessa finestra, non potè fare a meno di urlare e saltare in piedi, afferrando la prima cosa che le capitò sottomano.
Nascosta nei suoi capelli e pronta a difenderla c'era già tikki, che la seguì attenta a non farsi vedere quando salì lentamente le scale per raggiungere il proprio letto e quindi, la finestra.
Era già pronta ad urlare e a colpire il malcapitato con il libro di storia che aveva portato con sé quando si trattenne nel veder spuntare il volto di Chat noir.
Si precipitò ad aprirgli, fregandosene di quelle gocce d'acqua che s'infiltrarono e le bagnarono leggermente le maniche della felpa, chiudendo subito dopo che fu entrato.
Aspettò giusto un paio di secondi prima di tirargli contro il libro che servì solo a fare scena, poiché non gli fece nulla.

«MA TI SEI BEVUTO IL CERVELLO? MI HAI FATTO PRENDERE UN COLPO STUPIDO GATTACCIO-» iniziò ad urlare una serie di insulti che il ragazzo le lasciò dire, prima di scoppiare a ridere quando ella sembrò calmarsi, con il viso paonazzo per lo spavento, ricevendo subito un'occhiataccia che lo fece smettere all'istante.
«Perdonami, non volevo spaventarti...» si portò una mano dietro la nuca, imbarazzato, sfiorando con le dita la punta dei capelli.
«Ringrazia che avessi preso il libro di storia e non quello di matematica, quello si che ti avrebbe fatto male!» gli diede un pizzico sul braccio e poi prese un respiro profondo tenendo gli occhi chiusi e li riaprì qualche secondo dopo, accorgendosi solo in quel momento delle condizioni in cui si trovava il ragazzo.
«Ommioddio chat ma sei completamente bagnato!» lo afferrò per un polso, trascinandolo per le scale rischiando anche di farlo cadere «per quale assurdo motivo qualcuno dovrebbe uscire durante una tempesta» sussurrò tra sé e sé e nel mentre lo fece sedere sulla chaise longue, intimandogli di restare lì con un "non muoverti" per cui non attese risposta e si fiondò subito in bagno per prendere degli asciugamani.

«Marinette non è necessario, davvero...» iniziò, ma non ebbe neanche il tempo di parlare che l'amica gli aveva già buttato un asciugamano sulla testa, prendendo a strofinarla per assorbire un po' d'acqua.
Con una mano il ragazzo la spostò dai propri occhi e osservò la ragazza che era in piedi davanti a sé, che continuò a chiamare affinché si fermasse, senza alcun risultato.
«Mari» la prese per un polso e la tirò leggermente, costringendola a sedersi accanto a lui.
«se continui così finirai per strapparmeli i capelli, dopo non so quanto ti resti da strofinare».
In quel momento la ragazza, che si era immobilizzata appena lui l'aveva tirata, sembrò rilassarsi e si morse il labbro inferiore, sentendosi in colpa.
«scusami» gli rivolse un piccolo sorriso, per poi tornare a tamponargli i capelli - delicatamente questa volta.
«Mi spieghi perché sei uscito con questo tempaccio?» chiese, passando ad asciugargli anche il costume - impermeabile, fortunatamente, ma comunque ricoperto di goccioline sparse qua e là.
«Perché quando sono uscito non era così terribile e quando ha iniziato a peggiorare ero troppo lontano da casa. Tu eri la più vicina, spero che non ti dispiaccia». A tratti era vero ciò che aveva detto, ma non completamente.
Era uscito di casa perché, dopo aver ricevuto l'ennesima delusione alla richiesta di vedere il padre che però era troppo impegnato per passare del tempo con suo figlio, aveva preferito fingere di andare a dormire ed era uscito nel tentativo di distrarsi, fregandosene del fatto che quella non fosse proprio la giornata adatta per uscire.
Però era vero che la casa di marinette era la più vicina quando il tempo era peggiorato e, considerando che non era nemmeno la prima volta, aveva cercato riparo nella casa di una persona che sapeva sarebbe stata di ottima compagnia.

«È da stamattina che il cielo è talmente plumbeo da non vedersi il sole, forse dovresti aggiornare la tua idea di "Non così terribile"» ridacchiò, passando l'asciugamano sulle spalle e sulle braccia, che notò essere più grandi di quanto ricordasse. Davvero, da quando il suo collega possedeva tutti quei muscoli? Non che non avesse mai perso tempo per mostrarglieli e vantarsi, ma Marinette non ci aveva mai fatto caso veramente. Come se potesse leggerle nel pensiero, egli sembrò notare lo sguardo della ragazza e subito iniziò a flettere i muscoli delle braccia, con tanto di "così puoi ammirarli meglio".

«Chat!»  esclamò marinette che arrossì visibilmente e colpì con l'asciugamano il ragazzo, il quale scoppiò in una fragorosa risata.
«Ah si? Vuoi la guerra? E guerra sia!» la corvina non ebbe neanche il tempo di realizzare che si ritrovò con un cuscino in faccia e da lì a poco entrambi finirono per iniziare una lotta in cui marinette stava avendo la meglio, o almeno fin quando il ragazzo non cominciò a farle il solletico.
«No... no... ti prego» riuscì a parlare tra una risata e l'altra, anche se iniziava a mancarle l'aria e fortunatamente, si fermò.
«Tu giochi sporco»
Si finse offeso a quelle parole, incrociando le braccia al petto e voltando il viso dall'altro lato.
Poi ad un tratto un'idea sembrò balenargli in testa e i suoi occhi, illuminati da una scintilla nuova, tornarono su Marinette.
«vuoi vedere com'è che gioco sporco, purrrincess?» si mise a carponi, avvicinandosi pericolosamente alla ragazza che indietreggiò di conseguenza «chat cosa... cosa stai facendo?» dovette fermare la propria marcia all'indietro nel momento in cui arrivò alla fine della chaise longue, rischiando di cadere, motivo per cui si alzò in piedi, venendo però subito afferrata dall'amico che la tirò verso di sé, facendola inciampare sul proprio corpo.
«chat...»

Sotto la pioggia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora