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Montagne, natura, aria fresca e pulita, casette sporadiche tra campi e giardini; perfetta rappresentazione del luogo in cui vivevo da bambina. Sono nata il ventinove aprile dell'anno duemila in una piccola cittadina situata nella provincia di Treviso, in Veneto.
La mia casa era isolata dalle altre, attorno a sé c'erano un piccolo bosco sul retro che ospitava alcuni animali selvatici, un canale artificiale dove ogni tanto si vedevano delle paperelle con i loro cuccioli galleggiare allegramente sull'acqua non proprio limpida, che scorreva proprio davanti alla casa e proseguiva pochi metri più in là in una turbina alquanto rumorosa dove pensavo che quelle povere paperelle felici avrebbero finito la loro esistenza. Il canale era separato da una staccionata in legno alla stradina di ghiaia che gli correva a fianco e oltre c'era un precipizio che portava ad altre case e vasti prati.
La casa sembrava un po' triste vista dall'esterno; era un po' vecchia e trascurata. La pittura, ormai non più tanto bianca, era rovinata dalle intemperie e dagli scuri delle finestre che ormai scoloriti avevano riversato il colore marrone come lacrime, sulla pittura bianca della casa. Il giardino non era il classico con l'erba ma era ricoperto di ghiaia con qualche aiuola lungo il perimetro, in una di queste c'era il mio albero preferito, l'acero; forse mi piaceva perché si distingueva, era l'unico albero a foglie rosse ed era l'unica cosa che dava un po' di colore a quella casa. Il giardino si estendeva come un anello che girava tutto attorno alla casa ed era prevalentemente in pendenza. All'interno l'arredamento era un po' antiquato e dai colori tristi. Era tutto sul tono del marrone; ogni mobile, ogni armadio o sedia era di un legno scuro. L'arredamento e i colori di quella casa rappresentavano appieno la tristezza, la malinconia e la mancanza di iniziativa di mia mamma. Passavano gli anni ma quella casa sembrava fosse rinchiusa in uno spazio temporale parallelo dove niente cambiava, dove tutto restava esattamente uguale.

La mia vita era monotona. Vivevo con mia mamma e la mia unica sorella.
Mia mamma ci portava a scuola e lei andava al lavoro. Nel pomeriggio ci venivano a prendere i nonni paterni e stavamo da loro a pranzo fino alle 15:30 del pomeriggio, quando mamma finalmente ci veniva a prendere e ci portava a casa. La domenica era l'unico giorno libero della settimana e lo passavamo sempre a casa; non ho nessun ricordo di uscite con mia mamma, perché mai ne abbiamo fatte. Vi starete chiedendo: e il papà?
Il papà, se così si può definire, dopo la separazione con mia mamma, avvenuta quando avevo quattro anni, ha avuto qualche relazioncina di poco conto con alcune donne, quando ad un certo punto decise di trasferirsi a Trieste per convivere con una donna che aveva conosciuto lì anni addietro. Veniva a trovarci soltanto una o due volte l'anno, ed ogni volta era un evento speciale per noi figlie, eravamo davvero felici quando arrivava, portava novità, allegria, rendeva la nostra vita meno noiosa e meno statica e riempiva ogni volta quel vuoto che sentivamo dentro; quel vuoto che lasciava ogni volta che andava via e ci logorava ancor più di quanto non lo facesse prima. Una volta l'anno, in estate papà ci portava a Trieste dove abitava lui, così abbiamo fatto conoscenza con la compagna e i due figli di lei che ha avuto con il suo ex marito. A entrambe ci piacevano molto e quando eravamo lì stavamo bene. Era una realtà diversa, più caotica e indubbiamente più divertente e stimolante.

Il rapporto con mia sorella in quegli anni, era molto bello anche se non mancavano certamente i litigi. È successo che una volta mia sorella mi ha rotto un piattino da caffè in testa e mi ha fatto uscire sangue perché entrambe volevamo mangiare la stessa nocciolina nonostante avessimo una cesta piena proprio lì, a fianco a noi; dopo di che mi chiese scusa e io la perdonai. Per non parlare di tutte quelle volte che mi trascinava per terra tirandomi per i capelli, e quella volta che presi la sedia su cui era beatamente seduta mia sorella e la spostai di scatto per farla cadere col sedere per terra mentre giocava col computer con cui volevo giocare io. Nonostante tutto eravamo come due amiche, ci piacevano più o meno le stesse cose anche se lei aveva quattro anni più di me. Mi ricordo che ogni tanto mi faceva delle piccole promesse per rendermi un po' più felice, e funzionava! Avevo fiducia in lei. Era lei che mi organizzava le feste di compleanno ed era sempre lei che mi faceva fare i giretti fuori casa per farmi fare qualcosa di diverso. Andavamo spesso in bicicletta assieme ed era una delle cose più belle che io avessi mai fatto, mi sentivo libera, leggera, con l'aria fra i capelli, una bella sensazione. Una volta avevamo qualche soldo e volevamo comprarci qualcosa, così abbiamo preso le nostre biciclette e siamo andate al tabacchino più vicino e abbiamo comprato circa venti pacchi di figurine da attaccare al nostro album. Avevamo un po' il terrore che nostra mamma si arrabbiasse per come avevamo speso quei soldi, ma abbiamo pensato che ne sarebbe valsa la pena, è stato divertente.

La mia vita sociale all'età delle elementari era esclusivamente confinata dentro le mura scolastiche, avevo tre amichette più strette che ogni tanto mi invitavano a casa loro invece con gli altri compagni di classe mi trovavo bene ma finiva lì. A casa mia non ho mai inviato nessuno a meno che non fosse il mio compleanno.
Dopo scuola stavo tutto il pomeriggio ad ascoltare musica, cantare e suonare la pianola, ogni tanto scrivevo nel mio diario personale cosa accadeva a scuola e alcune volte giocavo a fare la mamma di un centinaio di bambini. Scrivevo su un foglio di carta una lista di nomi maschili e femminili con dei numeri vicino, erano i nomi dei miei bambini e i rispettivi anni che avevano e poi portavo questi figli immaginari a scuola uno ad uno. Ho sempre avuto un istinto materno molto spiccato!

Ogni tanto mia mamma aveva degli esaurimenti nervosi, e quando ci sgridava urlava con tutta la voce che aveva, diventava tutta rossa in viso ed è successo che ci lanciasse anche cose addosso. Ho un ricordo molto nitido di una sgridata la quale mia mamma mi rincorreva e io scappavo e ci siamo messe a girare attorno al tavolo della cucina finché una delle due non avesse vinto e mi minacciava di lanciarmi la graffettatrice addosso, cosa che alla fine fece veramente e gli dissi che era una pazza. Non pensate che mia mamma non era degna di essere tale. Purtroppo ha avuto parecchi problemi e delusioni nel corso della sua vita. Pensate che non ho mai conosciuto la mia nonna materna perché ha deciso di togliersi la vita quando mia mamma era solo una ragazzina. Mi ha raccontato che quando era solo una bambina ha avuto un periodo in cui non riusciva a parlare e quando la nonna la accompagnava dal medico quest'ultimo diceva che non ci sarebbe stato niente da fare. Invece la nonna alla fine è riuscita a farle dire qualcosa, le aveva insegnato a cantare e così piano piano ha iniziato anche a parlare. Dopo la mia nascita si è ammalata di depressione post parto e ci sono voluti anni prima di riprendersi, tutt'oggi è obbligata a prendere degli anti depressivi per prevenire una ricaduta. Ad oggi posso dire di essere fiera di mia madre, del percorso che ha fatto, e di aver messo sempre al primo posto me e mia sorella nella sua vita, anzi eravamo noi la sua vita, non aveva molto altro. È una persona semplice e con un cuore grande, ha fatto del suo meglio e in ogni cosa ci metteva sempre tutto il suo amore e la ringrazio, perché lei mi ha insegnato ad amare.

Nel 2010 mia sorella, concluso l'ultimo anno di scuola media, ha preso una decisione che cambiò a entrambe la vita. Ha deciso di trasferirsi a Trieste con nostro papà, la sua compagna e i due figli di lei. Quando ho saputo la notizia ero rimasta un po' perplessa perché mi avrebbe lasciata sola con mamma e provavo un po' di invidia nei suoi confronti; però mamma mi ha rassicurata dicendomi che io, sempre se avrei voluto, potevo andare a Trieste l'anno successivo dopo aver concluso l'ultimo anno delle elementari. Quell'anno mi sentivo più sola che mai, senza stimoli e nessuno con cui condividere le mie cose; a tratti ero contenta perché avevo tutte le attenzioni di mamma e potevo fare quello che volevo. Un po' mi viziava, quasi ogni pomeriggio dopo essermi venuta a prendere dai nonni mi portava a casa e andava a fare un po' di spesa e tornava sempre con i twix, i miei preferiti e un buonissimo tramezzino con pomodoro e mozzarella anche quello il mio preferito. Così mi sistemavo comoda sulla poltrona davanti alla televisione a mangiare le cose che mi aveva portato. Essere figlia unica non era male pensavo, però allo stesso tempo non vedevo l'ora finisse l'anno per andare a vivere da papà.

Le mie tre amichette erano l'unica cosa, oltre a mia madre, che mi teneva legata a quel paesino. Mi ricordo che ero alla festa di fine anno in pizzeria con tutti i miei compagni di classe e le mamme. La cena era andata splendidamente e io mi sono divertita tantissimo, come tutti d'altronde. Prima di tornare a casa le mamme ci hanno fatto andare al parco di fronte alla pizzeria e abbiamo giocato un po'. Io ero al settimo cielo, stavo bene, ero felice, ma ad un certo punto qualcosa si è smosso in me; sarebbe stata l'ultima volta che avrei visto le mie amiche perché poi sarei dovuta partire. Sono andata al centro del parco, dove c'era la fontana e la fissavo con la testa piena di pensieri e in quel momento hanno iniziato a scendere le lacrime dal mio viso e le mie amiche mi hanno consolata. Oggi ripensandoci capisco che era una decisione dura da prendere a dieci anni, trasferirsi, allontanarsi dalla mamma, lasciare le amiche e lasciare ciò che conosci per ciò che non conosci. Io sono sempre stata così, appena dicevo che volevo una cosa ero sicura e andavo fino in fondo e così ho fatto.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 16, 2021 ⏰

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