Capitolo 39 parte 2

5.4K 258 32
                                    

Wendy

È strano dover dire alla persona che ami gli stessi eventi che hai vissuto con lei in prima persona, forse addirittura triste perché potrebbe non riuscire ad accettare le sue proprie scelte ancora una volta.
Sembra interessato, poi si acciglia e qualche volta aggrotta la fronte ma di una cosa sono più che certa, questo Bryan non sente il cambiamento perché non lo ha mai vissuto veramente. Piccoli dettagli di troppo non gli fanno alcun effetto come invece speravo. Se pur cerco di restare calma dentro di me non riesco ancora a superare questa notizia. Alla fine del racconto della mia storia, della mia visione dei fatti, lui mi fissa con intensità e mi lascia in disappunto quando dice: Mi dispiace. Già mi dispiace. "Mi dispiace, sono stato un vero stronzo a coinvolgerti nei miei casini."

Mi aspettavo un sorriso per tutte le belle cose ma quelle sembrano siano state solo di passaggio in quel grande riassunto che ho provato a mettere insieme.

Annuisco solamente, la frustrazione prende una sfumatura di rabbia che vorrei sfogare su di lui ma che colpa dovrei dargli? Di cosa dovrei accusarlo? Come se non bastasse credo di non avere più energie. Non dormo da troppo e un martellante mal di testa comincia a farsi sentire con insistenza e so già che se non do al mio corpo il riposo necessario, peggiorerà. Alla fine sospiro abbattuta. "Certo..." sussurro.

Prima che tutte quelle emozioni così confuse, sovrastate dalla stanchezza e offuscate dal dolore, prendano il sopravvento, la porta alle mie spalle si apre. Quasi sollevata mi volto, trovando André sulla soglia. Ci guardiamo negli occhi e sembra capire che come lui forse anche io ho bisogno di una boccata d'aria.

Porta i suoi passi vicino alla poltrona e mette la mano nella tasca estraendo una chiave con la targhetta di un numero attaccata sopra. "Tieni, la mia stanza del motel è a pochi minuti da qui, vai a riposarti e magari mangia qualcosa." dice piano porgendomi la chiave.

Non penso a lungo e la prendo. "Grazie." dico e mi alzo in piedi, uscendo in fretta da lì.

Quando raggiungo il motel, mi faccio subito una doccia e mangio assorta da mille pensieri, compiendo ogni azione come pilota automatico e alla fine crollo dalla stanchezza su un letto decisamente scomodo. Faccio fatica però ad addormentarmi del tutto. La mia mente è completamente in subbuglio e mi sembra di essere in una situazione senza via di fuga.

Gli dispiace...

Gli ho detto tutto e lui non ha fatto una piega. Gli dispiace. A lui dispiace... Non riesco a pensare ad altro. Non posso mentire a me stessa dicendo che va tutto bene perché non è vero. La persona che amo, non avrebbe detto solo un misero mi dispiace. Mi manca quel Bryan cambiato, quello che mi avrebbe guardata e avrebbe detto qualcosa come "Ehi cerbiatta, è difficile, lo so ma lo supereremo insieme" o avrebbe riso perché gli ricordo un pulcino...Quella parola mi demoralizza più di quanto immaginassi. Al Diavolo! Non mi arrenderò, mi dico. Ci riproverò ancora e ancora finché...finché non ci sarà più nulla da fare, dice la mia coscienza, questa stupida coscienza. Io ce la farò, gli farò tornare quella maledetta memoria perché io ho bisogno di lui. Ho bisogno di quel futuro di cui non abbiamo fatto altro che parlare e parlare. Mi addormento con gli occhi umidi ma con ancora una speranza, piccola e indispensabile speranza che spero mi basterà per non arrendermi subito.

Nel sonno profondo sento il lieve busso alla porta e quando apro gli occhi ci vogliono un paio di secondi per farmi tornare in mente tutto l'accaduto. Qualcuno bussa di nuovo alla porta e mezza addormentata, rotolo giù dal letto, da sotto le coperte calde e vado verso di essa. Guardo dallo spioncino chi è, e vedendo André, la apro subito.

Con una scatola di pizza fra le mani e un sacchetto bianco, lui punto subito gli sul mio volto. "Scusa, non volevo svegliarti." Mormora, entrando nella stanza.

La Cerbiatta Innamorata.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora