Prologo // Milano

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Milano.
Descritta da ogni rivista e giornale come la città dalle mille opportunità, moderna, vivace, piena di gente che cammina frettolosa per i marciapiedi o che corre dietro all'ultimo bus della giornata, cercando di stare al passo con un lavoro troppo lontano dai propri desideri o ad una vita troppo monotona, identica a quella degli altri.

E tra quei mille volti tutti uguali, tra quelle migliaia di gambe che si alternano all'infinito, c'è qualcuno che, seduto scomposto su una panchina qualunque, in un parco qualunque, si sente estremamente fuori luogo.
Non sa bene se gli manca la sua Roma, se gli manca essere capace di affrontare una giornata senza finire sempre in quel modo, se gli manca poter essere completamente sincero con gli altri o se gli manca semplicemente riuscire a fuggire per un po' dai suoi pensieri, sa solo che gli manca qualcosa.
Qualcosa che è impossibile da trovare di nuovo.

Niccolò, è questo il suo nome.
Non che in realtà importi qualcosa. Potrebbe chiamarsi in qualunque altro modo, tanto la sua condizione non cambierebbe di una virgola.
O forse sì, chissà.
Forse un altro, al posto suo, non sarebbe stato così stupido.
Forse un'altra persona non avrebbe insistito così tanto con il suo migliore amico, inventandosi assurde motivazioni come: "Se cambio aria riuscirò a scrivere qualcosa, vedrai", solo per farsi portare in quel posto, in quella città dove tutto, ogni singolo dettaglio, gli parla di loro.

Niccolò odia stare lì ma, allo stesso tempo, non riesce a farne a meno: ha bisogno di ricordare, per quanto possa fargli male.
Il rumore di un clacson suonato in lontananza lo riporta bruscamente alla realtà, a quella realtà grigia e un po' troppo monotona che lo circonda: è tardi, in giro per i sentieri acciottolati del parco non si vede più anima viva, e solo le luci dei palazzi che si intravedono tra le chiome degli alberi fanno intuire come di giorno, in quegli stessi posti, la situazione sia l'esatto opposto di adesso.

Con un lamento si sporge ed ascolta in silenzio il sibilio dell'aria che esce dalla lattina di birra, lo stesso che per quella sera ha fatto da padrone forse fin troppe volte, ma che non gli basta mai: l'alcool è l'unica via di fuga che gli è ancora permesso avere, e ne ha un estremo bisogno.

La solita vocina in testa gli sussurra che questa sarà davvero l'ultima serata passata così, ma non prova nemmeno ad ascoltarla: sa benissimo che non succederà.
E ad ogni lattina che accartoccia e lascia cadere sull'asfalto, ascoltando sempre più infastidito il clangore prodotto dal suo gesto, si domanda quanto la vita sappia essere assurda.
Si chiede come sia possibile che, quando tutto sembra essere perfetto, basti uno stupido pensiero, un'idea all'apparenza insignificante, per mandare tutto all'aria, quasi senza rendersene conto.

Butta giù un sorso, e sta andando tutto a gonfie vele.
Esce di casa con le labbra inumidite dal  sapore dei suoi baci, torna nello stesso appartamento la sera e la trova ad aspettarlo, così come lui amava essere atteso, così come avrebbe sempre dovuto essere.

Due sorsi.
Arriva in studio ogni giorno con un sorriso che va da un orecchio all'altro e ascolta con il cuore pieno di orgoglio i complimenti per quel tour che non la smette di vendere biglietti o per quell'album che sta riscuotendo un successo inimmaginabile, al di sopra di ogni aspettativa.

Tre sorsi.
Un letto che si fa sempre più piccolo, una porta sbattuta nella foga del momento, loro respiri caldi che si mischiano, le loro labbra che si cercano incessantemente, la sua pelle sudata e i brividi che la percorrono, le sue mani che gli graffiano leggermente la schiena, senza mai fargli del male.

Quattro sorsi.
La stessa identica scena, solo con un corpo diverso, con una persona diversa.

Cinque sorsi.
Lui che cerca in ogni modo di giustificarsi, mentre guarda impotente gli occhi che ama riempirsi prima di stupore, poi di lacrime e, infine, della più pura delusione.

Sei sorsi.
Lui che le urla contro, lui che la stringe a sé, lui che la prega di restare.
Lei che scuote la testa, lei che non crede a nulla di quello che si è appena sentita dire, lei che non ci riesce più.

Un rumore metallico, la sensazione dell'alluminio che si piega contro la pelle fredda della mano.
Una porta che sbatte, lei che se ne va.

Stava andando tutto bene.
Tutto troppo bene.
E poi aveva perso il controllo.
Aveva perso lei.

~~~~~~

Eccomi qui con una nuova storia da raccontare.
Sarà un po' diversa dal solito, spero vi piacerà e spero di esserne all'altezza.
Non sapevo se aspettare o se pubblicarla subito, ma scrivere mille capitoli senza sapere se piace o meno mi riesce abbastanza impossibile.
Quindi niente, ci risiamo.
È tutta vostra♡

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