Capitolo 2 - Il piano

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Capitolo 2 - Il piano

Bestia. Quella parola mi risuona ancora in testa.

“Certo che quella gotica a inglese era proprio strana” dico a Trevor mentre ci cambiamo per l’ora di educazione fisica.

“Già, ti ha spaventato sul serio con quella maledizione” concorda lui.

“Sono dieci anni che vedo la tua brutta faccia, non c’è più niente che possa spaventarmi.”

“Ah, okay, allora non è per questo che da quando è finita la lezione d’inglese hai quell’aria da animale braccato.”

“Non mi faccio spaventare dagli sfoghi isterici di una sfigata di merda. Non ho nessuna aria da animale braccato.”

Invece è così che mi sento. Dal momento in cui quella ragazza ha detto che sarebbe un guaio se diventassi brutto e mi ha lanciato quello sguardo alla fine, mi sento come se sapesse delle cose su di me, sulla mia infanzia, tipo quando piangevo ogni volta che mia madre mi lasciava, perché pensavo che non l’avrei più rivista (come infatti è accaduto).

Ma no, non è possibile. Lei non può sapere un bel niente.

“Come vuoi” dice Trevor, ma non mi sta davvero credendo.

“Però faceva davvero paura” concordo. “È spaventoso che ci sia ancora in giro gente che si veste così.”

“E che frequenti scuole che dovrebbero essere esclusive.”

“Già. Qualcuno dovrebbe fare qualcosa.”

Lo penso sul serio. Cerco di comportarmi come se non me ne importi nulla di essere eletto principe e tutto il resto, ma non è così. Il giorno del ballo deve essere un gran giorno per me, ma quella strega, con i suoi discorsi, potrebbe rovinare tutto.

È  quello che penso di lei: che è una strega. Di norma avrei usato un’altra parola, tipo troia o stronza. Ma quella ragazza ha qualcosa, il modo in cui mi guarda con quegli occhi terrificanti, di un verde che non ho mai visto prima, che mi fa pensare ad una strega. Strega è la parola perfetta per descriverla.

Quando usciamo dagli spogliatoi, rivedo la strega. Mentre corro sulla pista all’aperto, lei è a bordo campo. Non si è cambiata ed ha ancora il vestito nero di prima. Si è messa a sedere su una panchina sotto l’orizzonte.

Sopra di lei il cielo è nero, sta per piovere.

“Qualcuno dovrebbe darle una lezione” dico a Trevor. Ripenso a ciò che quella strega mi ha detto: Adesso sei brutto dentro, ed è quello che conta... sei una bestia. Che stronzata assurda.

“Non è diversa dagli altri. Se potesse uscire con noi, lo farebbe. Chiunque lo farebbe” mi fa notare Trevor.

E in un secondo, so cosa fare.

Durante l’ora di educazione fisica dobbiamo fare cinque giri di pista, e di solito io li faccio ad un ritmo rilassato, perché quando finisci prima l’allenatore te ne fa fare altri.

È stupido dover fare educazione fisica quando mi alleno già in due squadre della scuola. Ma so che anche l’allenatore lo pensa, per cui di solito riesco a non dover andare oltre alla semplice corsa.

Basta dargli un’opportuna occhiata di rispetto – una di quelle occhiate che gli ricordano il valore degli assegni che mio padre firma per la raccolta fondi delle associazioni di atletica – per riuscire a risparmiare tempo e fatica.

Anche rallentando, finisco mezzo giro prima degli altri e attraverso la pista diretto verso la panchina dov’è  seduta la strega, cercando di capire cos’è quell’oggetto strano che ha sulle gambe.

“Malik!” urla l’allenatore. “Se hai finito puoi andare al campo di pallacanestro.”

“Okay, coach” rispondo. Mi avvio, come se stessi davvero per andare, e poi faccio una smorfia. “Ahi, un crampo. Posso andare a fare un po’ di stretching? Non vorrei che peggiorasse.” Qui inserire l’occhiata di rispetto.

“Oh, sì, vai” fa l’allenatore, sorridendo. “Sei comunque avanti anni luce rispetto agli altri.”
Andata. “Lei è in gamba, coach!” gli dico, e l’allenatore annuisce divertito.

Zoppico fino a che lui non si gira, poi mi incammino tranquillamente verso la panchina dov’è seduta la ragazza strega. Comincio a fare stretching davanti a lei.

“Sei proprio bravo a prendere in giro gli adulti, eh?” dice lei.

“Sono un dio.” Le sorrido. “Ehi.” Guardo l’oggetto che ha in grembo. È uno specchio, uno di quelli antichi con il manico, come in Biancaneve. Quando si accorge che lo sto fissando, lo infila velocemente nello zaino.

“A che ti serve lo specchio?” chiedo, trovando strano che una racchia si porti in giro uno specchio così grande. Sarebbe strano per chiunque, in realtà.

Ignora la domanda. “Come va la gamba?”

“Che?” Mi fermo a metà dello stretching. “Ah sì, in realtà sto bene. Sono venuto qui per parlare con te.”

Inarca un sopracciglio, scettica. “A cosa devo tanto onore?”

“Non direi che sia esattamente un onore. Stavo solo... pensando.”

“Dev’essere una bella impresa per te” borbotta sarcastica, ma io ignoro il commento.

“Stavo pensando a quello che hai detto in classe. Ed ho deciso che hai ragione.”

“Sul serio?” Spalanca la bocca e sbatte le palpebre un po’ di volte, come fanno i topi quando escono dalla tana. Sembra davvero stupita.

“Già, sul serio. Qui non facciamo che giudicare la gente dall’aspetto. Prendi me... ammettiamolo, sono molto più bello della media, e la cosa mi rende tutto più facile. A differenza di quelli come-”

“Come me?” mi interrompe.

Faccio spallucce. “Non volevo essere così specifico. Mio padre lavora in tv, per cui so come funziona. Nel suo campo, se perdi la bellezza, perdi anche il lavoro.”

“E ti sembra giusto?”

“Lo sai? Non ci ho mai riflettuto. Cioè, non è colpa tua se nasci così.”

“Interessante” dice.

Le sorrido, nel modo in cui sorrido alle ragazze che mi piacciono, e mi avvicino, arrivando quasi ad urtarla per lo slancio. “Anche tu sei abbastanza interessante” sussurro in modo sexy. Lei non sembra messa a disagio dalla vicinanza.

Interessante sta per strana?”

“Si può essere strani in modo bello, no?”

“Direi di sì” conclude. Guarda l’orologio, come se dovesse andare da qualche parte, come se non fossimo tutti intrappolati come topi a lezione di educazione fisica. “Sei venuto qui solo per dirmi questo?”

Strega.

“No, in realtà no. Stavo pensando a quello che hai detto, e pensavo che forse dovrei... allargare un po’ i miei orizzonti.”

Ecco una frase di mio padre. Non fa che dire che dovrei allargare i miei orizzonti, che di solito significa impegnarmi di più.

“Chessò, uscire con gente diversa” aggiungo.

“Gente brutta?”

“Gente interessante. Gente che non ho mai frequentato.”

“Tipo me?”

“Esatto. Per cui mi chiedevo se, uh, se ti andasse di venire al ballo con me la prossima settimana. Penso che ci potremmo divertire.”

La strega mi fissa per qualche secondo e la sua iride verte scintilla, regalandole quasi un’aura tutto intorno. Incredibile.

Poi sorride, una specie di sorriso strano, riservato. “Sì. Sì, mi va di andarci con te.”

Certo che le va.

Beastly || Zayn Malik [INTERROTTA] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora