Capitolo 43

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Mina aveva trascorso in casa l'intera settimana, chiusa tra le mura della sua stanza fingendo un fin troppo prolungato virus intestinale. In pochi si erano preoccupati: Eva e Carlos l'avevano sentita vomitare per giorni, credendo al suo malessere così tanto che la matrigna aveva annullato tutte le lezioni previste; gli amici l'avevano chiamata poco, aveva sentito quasi ogni giorno Nicole e un paio di volte Andrew, a casa per la settimana di sospensione. Solo Micol aveva provato a contattarla più volte al giorno. Mina aveva risposto alla prima telefonata, provando a placare l'amica urlante, che aveva appena scoperto da Colin del livido sul polso. Si era giustificata dicendo che aveva una pelle molto delicata. Dopo quella prima telefonata, le aveva mandato messaggi continuamente per sapere come stesse. Mina aveva risposto saltuariamente, campando scuse su scuse.

Arrivato il sabato, nessuno credeva più che stesse ancora male. Micol l'aveva minacciata telefonicamente di farsi vedere almeno alla festa del Mirror, e Wilma e Nicole si erano addirittura presentate da lei per farla uscire. Aveva deciso di desistere e di assecondarle, preparandosi per la serata.

Misero piede fuori casa che mancava poco a mezzanotte, con buona pace di Eva e Carlos, che ormai erano abituati agli orari poco consoni del sabato sera. Non se ne lamentavano troppo perché era sempre stata una figlia modello.

Arrivate al Mirror, trovarono il parcheggio pieno e la folla urlante. Era il secondo sabato di apertura, dopo l'estate, e Jim Nelson sembrava avere idee grandiose per quell'annata. La festa di quella sera era a tema anni venti, e tutti adoravano gli anni venti. Attente a non sporcarsi troppo le scarpe con la fanghiglia del parcheggio, andarono verso l'entrata. La fila era chilometrica ma, fortunatamente, scorreva in fretta.

Mina vide in lontananza Micol, Hannah, Leo e un ragazzo che non conosceva e, scusandosi con le sorelle Smith, li raggiunse.

«Ma che fine hai fatto?» quasi urlò Micol, abbracciandola e sincerandosi che stesse bene.

«Una brutta influenza, ma ora è passata. Scusa se non ti ho sempre risposto» ammise, facendola sorridere appena. Micol le accarezzò dolcemente una gota truccata rassicurandola, capiva bene la situazione.

«Hai parlato con Andrew?» chiese, allontanandosi un po' dagli altri tre e abbassando il tono della voce. Mina si guardò intorno, infastidita dalla domanda. Era la stessa domanda che le aveva fatto per giorni, e a cui lei non aveva mai risposto. In quel momento capì di non poter più scappare. Arricciò appena le labbra, cercando di indorarle la pillola, come se il problema fosse di Micol.

Stava per aprire bocca quando due braccia energiche la strinsero da dietro alzandola appena e baciandole il collo. Il fastidio che provò e l'espressione immediatamente mutata della ragazza di fronte a lei le fecero subito capire chi fosse: Andrew. La fece scendere, per voltarla poi verso di sé. Era su di giri, forse perché aveva già bevuto, forse per la fine della sospensione. La baciò con foga, salutò appena Micol e tornò dal resto del gruppo, lasciandole sole di nuovo.

«Deduco che non vi siate lasciati» ironizzò la bionda. Mina faticò a voltarsi. Non aveva voglia di sentirsi giudicata, lo faceva già troppo da sola. Micol la prese per mano, trascinandola verso uno spiazzo più isolato.

«Lo vedi questo?» chiese, alzandole il braccio e indicandole il polso ancora leggermente livido e malamente coperto dai bracciali. «Credi che si fermerà qui? Che non ti toccherà più? O che non ti obbligherà più a fare sesso?» quasi urlò. Mina ritrasse la mano violentemente, incrociandola al petto con l'altra per nasconderla.

«Non mi ha mai toccata, e lo sai» la rimproverò. «Andrew ha tanti difetti, ma non è un violento. Stavamo discutendo. E non mi ha costretta a fare sesso, l'ho voluto io»

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