Da quel poco che ho potuto ricordare, non ho mai avuto grandi rapporti con le donne: quelle che bramavo o ammiravo erano irraggiungibili in senso fisico o figurativo.
Nella migliore delle ipotesi non sapevano che esistessi, oppure ero irrilevante; nel resto dei casi mi consideravano più repellente di uno scarafaggio.
Di contro, tutte quelle attratte da me potevano essere categorizzate come bestie: serpi, volpi, galline, iene, vacche e via discorrendo; forse era per quella ragione che sviluppai una certa anaffettività e, a detta di alcuni, mi ero lasciato sfuggire delle occasioni irripetibili.
Non potevo farci nulla, per me era facilissimo perdere ogni interesse, ad aggravare il quadro vi era la mia totale incapacità nel calarmi nel ruolo di marito e padre, per non parlare del fatto che non ero in grado di garantire alcuna stabilità economica.
Inutile sottolineare che ero il peggiore compagno di me stesso, come se gli altri non avessero fatto abbastanza danni.
⁂
Nemmeno in quel mondo mancavano i paragoni con la flora e la fauna: una femmina di gorilla scorbutica, una rapace notturna e... una pianta carnivora? Ho mai avuto relazioni con donne normali? Nulla aveva più importanza dal momento che, dopo aver assistito alla metamorfosi di Euthymia, persi i sensi.
Dopo un po' mi risvegliai sul carro: avevo la schiena a pezzi e il braccio continuava a dolermi.
Posai lo sguardo verso sinistra, rividi gli abiti di cui fui spogliato, osservai la mano sinistra e, con gesti ritmici, la chiusi a pugno e la riaprii, per fortuna non avevo perso il controllo. Il bicipite sembrava essere tornato normale, anche se attorno al muscolo si era creato un sottile anello verde.
⁂
Mi sedetti e mi rivestii, la testa mi faceva ancora male, sembravano trascorsi eoni dalla strage delle ninfe, eppure non era ancora giunta la sera.
«Come va? Il demiurgo non ha più turbato i tuoi sogni, vero?»
«Tu!» il cuore mi scoppiò dallo spavento, «Non è possibile! Perché sei qui?!»
La carnefice delle driadi si era nascosta nel carro, attendendo il momento in cui riaprii gli occhi: «Ti ho liberato dagli influssi del marchio e non ricevo nemmeno una parola di ringraziamento? Che ingrato!»
In effetti non avevo sentito quella voce beffarda rimbombare nella mia psiche, non mi voltai per guardarla, ero certo che sarei stato alla sua mercé: «Non lo so, non mi ricordo. Tu piuttosto: la tua presenza è fin troppo sospetta, perché ti hanno lasciata qui?»
«Se intendi i tuoi compagni di viaggio, mi sono presa cura di loro» distolsi lo sguardo, non volendo svendere la mia dignità per la seconda volta, mi limitai a lasciarla parlare, «Non temere, in cambio della tua incolumità e della loro salute, mi hanno permesso di rimanere accanto a te.»
"Ho sentito balle migliori di quella, deve aver condizionato le loro menti con qualche tossina."
«Cosa devo fare per farti cambiare idea? Ora stanno molto meglio» sospirò, poi sentii un indice solleticarmi la schiena, ben presto le sue braccia si avvinghiarono attorno alle mie spalle e le sue dita si incrociarono all'altezza del petto.
«Non ci credo, puoi anche leggermi nel pensiero?!»
«Di che ti stupisci?» sentii il suo respiro solleticarmi l'orecchio, «Io sono nata dai tuoi desideri, io e te siamo uniti da un profondo legame: le nostre menti, le nostre anime e i nostri cuori sono affini. Ti dirò di più, anche tu puoi sapere che cosa penso e che cosa provo, ti basta volerlo.»
STAI LEGGENDO
Clarent, il signore della feccia
Fantasy"Non ha mai desiderato vivere, non ha saputo trovare una sua dimensione, non è riuscito a integrarsi, è morto nella solitudine e nell'anonimato". Così l'hanno descritto quei pochi che lo conoscevano, un povero reietto incapace di stare al mondo. No...