Capitolo 47

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Da quando Mina aveva scoperto i tradimenti di Andrew erano passate due settimane. Giorni trascorsi in completa solitudine. Nicole aveva provato più volte a parlarle, a scusarsi, a chiarire, ma la mora era sempre rimasta ferma, immobile, impassibile. Non voleva perdonarla, Nicole non meritava la sua amicizia, Mina ne era certa.

Aveva provato, invece, a chiarire con Steve. In quei giorni, niente era più importante. Nemmeno Colin, che quasi non la guardava più in faccia. Nemmeno Micol che, giorno dopo giorno, era sempre più lontana. Mina sapeva di avere ragione: non era stata lei a parlare, non era stata lei a rivelare a tutti il segreto di Steve, e voleva che il ragazzo le credesse.

Nel loro ultimo battibecco, Steve le aveva urlato in faccia le parole peggiori, convinto com'era della sua posizione. In fondo, solo in tre erano a conoscenza di quel segreto: lei, lui e Leo, e Steve sapeva che non era stato Leo a parlare.

Mina, però, era cocciuta. Voleva farsi perdonare così tanto, da mettere da parte tutto l'egocentrismo, tutto l'orgoglio, e presentarsi alla porta di Leo per qualche chiarimento. Nonostante la sicurezza di Steve, lei aveva dei dubbi. Perché, se lei e Steve erano stati zitti, chi altro avrebbe potuto mettere in giro quelle voci? L'unica persona, insieme a loro, a sapere.

Quando arrivò a casa West, quella domenica mattina, notò tutte le persiane ancora chiuse. Buttò un occhio sull'orologio ben stretto su polso sinistro e capì che era troppo presto. Era domenica e la domenica, soprattutto nei quartieri della City, era giorno di riposo. Tutti si alzavano dal letto con calma, non dovendo fare niente per l'intera giornata.

Mina tornò in macchina, aspettando paziente. Avrebbe atteso anche ore, pur di parlare con Leo nella tranquillità di casa sua. Avrebbe potuto farlo anche a scuola, ma lì perfino i muri aveva orecchie, e non voleva peggiorare drasticamente la situazione.

Non si rese conto del tutto del tempo che passava. Negli ultimi giorni aveva accumulato parecchia stanchezza, e il sonno arretrato prese il sopravvento in un attimo, facendola addormentare.

Si risvegliò di soprassalto, dopo ore o forse pochi minuti, disturbata dall'incessante battere sul finestrino dell'auto. Stropicciò un po' gli occhi, prima di voltarsi e trovarsi davanti Leo, ancora in pigiama e con una splendida vestaglia a quadri rossa e blu. Ridacchiò appena, vedendolo, e scese dalla macchina.

«Che fai qui?» chiese lui, incuriosito. Mina non aveva mai messo piede da quelle parti, nemmeno quando lui era ancora un finto etero giocatore della squadra della scuola.

«Devo parlarti» disse lei, senza troppi giri di parole. Lui annuì e la invitò a entrare, assicurandole che la casa fosse vuota. I genitori, come ogni domenica, erano usciti per la consueta gita tra amici.

Leo la scortò fino al soggiorno, invitandola a entrare e scusandosi per l'abbigliamento. Le disse che si sarebbe cambiato al volo, e sparì verso la zona notte della casa. Mina si guardò intorno, respirando quell'aria di famiglia che soltanto in altre due case aveva percepito: quella di Colin e quella di Micol.

Anche casa West era piena di foto di famiglia, era calda e accogliente, era vissuta. Sul camino campeggiava un enorme quadro, un dipinto con Leo al centro e i genitori ai lati. Qualcosa di assolutamente pacchiano, pensò Mina, eppure pieno di sentimento.

Leo non si fece attendere molto. Mina lo sentì scendere di nuovo e andare verso la cucina. Tornò presto con un vassoio con sopra due bicchieri, un paio di bottiglie di succhi di frutta e una ciotola piena di biscotti. Mina li riconobbe in fretta, erano biscotti al miele: i suoi preferiti.

Leo le offrì tutto, prima di poggiare il vassoio sul tavolinetto in cristallo posto tra i due divani. Lei rifiutò i biscotti, non aveva molta fame in quei giorni. Accettò, invece, più che volentieri il succo di mela che Colin le aveva fatto scoprire e apprezzare. Sorrise appena, a quel ricordo che sembrava ormai assai lontano, e bevve un sorso.

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