Ariel va a riprendersi il vassoio con la tazza vuota, ma è di fretta e non si intrattiene più del dovuto in chiacchiere. Il colonnello sarà qui a momenti; non c'è nemmeno una possibilità che non salga le scale per venire a tormentarmi ed io mi sono spiaggiata come un capodoglio, e avverto nelle mie gambe la stessa inutilità che avrebbe una coda di pesce sulla terraferma.Ho corso svariati chilometri senza arrendermi... perché quella dannata cassettiera sembra così distante? Coraggio! Sono pochi passi! Scosto il lenzuolo e la coperta, metto giù i piedi, ma prima di potermi tirare su, eccomi di nuovo seduta sul bordo, a reggermi le ginocchia infiammate con la faccia contrita.
Mi trascino fin laggiù per ostinazione, aggrappandomi a tutto ciò in cui mi imbatto: il materasso, la pediera, la piantana... ho dovuto schiacciare un piede sulla base perché non mi cadesse in testa, ma, alla fine, non sono riuscita a indossare nient'altro che i due capi di biancheria.
«Però! Che visione...» mi sorprende, mentre sono ancora intenta a sistemarmi una spallina. «Ti prego» scherza, «lasciati ammirare ancora un po'. Ci sono più probabilità che veda uno dei nostri Principi in mutande piuttosto che te, di questi tempi.» Il riferimento è voluto, non c'è margine d'errore. Ma, oltre al disprezzo per le classi nobiliari, e per Reiner in particolare, è implicita una buona dose di gelosia. Mi sta scandagliando in cerca di lividi che non siano riconducibili ai miei incidenti di percorso, e questa precisione chirurgica nel non tralasciare nulla, nemmeno il più piccolo dettaglio, lo rende immensamente viscido ai miei occhi.
«Che vuoi, Rüdiger?» Quando si tratta di affilare la lingua, non c'è infortunio che tenga. Richiudo il cassetto con violenza, con una manata, incanalando la mia negatività in caso fossi costretta a dovermi difendere.
«Sei ospite in casa mia; non ho bisogno del tuo permesso per poter entrare in una delle mie camere. Per di più, avrai sentito delle voci che circolano quanto a un grazioso angioletto...» la testa gli ciondola di lato; si mordicchia smanioso il labbro inferiore e poi, ancora dopo, soddisfatto d'aver creato un'attesa, mi dà finalmente la sua opinione a riguardo: «una bella storia, devo ammettere, ma un po' ingenua; di quelle che si potrebbero raccontare a un bambino.»
Tra tutti i nazisti, proprio lui doveva venirlo a sapere; il più temibile, quello nelle cui mani risiede l'origine del mio dolore. Ma, forse, potrebbe essere un bene. È stato il più scaltro ad aver reperito l'informazione, mentre coloro che non sono a contatto diretto con i prigionieri sembrano esserne ancora all'oscuro. Rüdiger ha i suoi metodi per venire a conoscenza delle nuove dinamiche che si sono create all'interno del campo, e non escludo che possa avere uno o più informatori tra i prigionieri stessi.
«Non hai portato la pistola. Allora sei l'unico a sapere di queste voci, per il momento... Magari mi sbaglio, però; in effetti, in questa stanza ci sono molte cose che potrebbero uccidermi. Quel cavo lì ad esempio» indico la piantana del tutto apatica, mirando a carpirne i segreti oltre che a prendermi gioco di lui; «oppure il cuscino, se andiamo sul tradizionale.»
Rüdiger si passa una mano sulle labbra, sbuffando ilare; «ti approfitti delle mie debolezze?»
Se un'occhiata avesse potuto uccidere, sarebbe bruciato vivo. Perché lui stamattina non si è divertito sulle mie spalle? Non ha "approfittato della mia debolezza"?
Torno a sedermi sul letto fingendo che non esista, ignorando le dita a "L" che vanno "stringendo l'inquadratura" sul mio fondoschiena, l'occhio che ha strizzato e quel sorriso malizioso che aveva, quando ho smantellato il materasso per avvolgermi la coperta attorno alle spalle.
Rüdiger si stacca dalla parete, arrivando qui davanti a me, a invadere il mio spazio. «Ti dirò che cosa voglio, ma prima...» mi dice, sfilando i piedi dagli stivali; «... fammi posto, voglio stendermi.»
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Unsere Schatten - Le nostre ombre
Ficción histórica[EX CANONE INVERSO - BEHIND ENEMY LINES] Estate, 1942. Alle porte di Auschwitz-Birkenau una ragazzina corre a perdifiato, cercando di sfuggire al suo destino. Cade dal suo scranno dorato; non sa nulla del mondo, tanto più dei bui anni quaranta, un...