Ci vedemmo quasi ogni giorno per alcune settimane, avevamo preso l'abitudine di camminare insieme dopo cena per augurarci la buonanotte.
Era una domenica e marzo era arrivato in punta di piedi, con giornate appena più lunghe e piogge più brevi e leggere. Quella sera il cielo si era lasciato ammirare pulito, le prime stelle sembravano dar profumo all'aria attorno a noi.
Vera camminava al mio fianco, avevamo appena concluso una chiacchierata sulla mia giornata. Presi la sua mano nella mia e iniziai a dondolarla per un po'.
"A cosa stai pensando?" mi chiese, girandosi a farmi un veloce sorriso. Risi un po' nervosamente, sperando di sembrarle tranquillo, almeno più di quello che ero.
"Sono solo felice di essere qua con te." e le feci notare le nostre mani unite.
"Tu non me la racconti giusta..." ribatté lei, che ogni tanto iniziava a mostrarmi un suo lato peperino "ma non ti leggo ancora nella mente, quindi dovrò fidarmi di te." scherzò, fermandosi e tirandomi a sé per guardarmi.
Le sorrisi. Aveva la pelle più luminosa rispetto a quando ci eravamo conosciuti, negli ultimi giorni mi aveva detto che non beveva più ed io non riuscivo a smettere di pensare a quanto fosse bella e, sebbene avessi trovato il coraggio di iniziare a prenderla per mano, non le avevo detto ciò che provavo. Ormai avevo imparato a trattenere l'impulso di dirle a cuore aperto che l'amavo e avevo deciso di aspettare il momento giusto, ma più stavo con lei, più la guardavo e più sentivo chiaro il desiderio di volerla stringere a me, di prenderle il viso tra le mani e riempirla di baci colmi dell'amore che tacevo.
"Io racconto quello che mi conviene, non ti pare?" la guardai con un sorriso sornione "Se voglio voglio prenderti, rapirti e portarti via mica te lo vengo a dire..." mi bloccai e feci una faccia seriosa, fissandola "Prima ti invito a uscire la sera con me!" ridemmo entrambi.
"Haha! Hai ragione..." la vidi diventare un po' pensierosa, ma con un mezzo sorriso.
"Hey hey!" la tirai a me e le presi entrambe le mani, guidandola delicatamente a guardarmi negli occhi "Adesso però sei tu che stai pensando a qualcosa..." le feci notare dolcemente.
"É vero..." iniziò lei, schivando il mio sguardo, appoggiando gli occhi ovunque tranne che su di me.
"É tutto okay?" c'era qualcosa che mi turbava, che avessi detto qualcosa di sbagliato?
"In realtà..." titubò "...no, lascia stare!" e fece un sorriso improvviso, forse per rassicurarmi.
"No dai, dimmi! Non c'è problema, davvero!"
"Mh... prometti che non la prenderai male?" chiese lei.
Difficile promettere una cosa del genere senza sapere cosa ti aspetta.
"Certo. Ti ascolto." ma lei e la sua sicurezza erano più importanti di qualsiasi mia reazione.
"Vorrei chiederti un abbraccio."
Sorrisi genuinamente, forse con una faccia idiota, e l'avvicinai per prenderla tra le mie braccia.
Mentre le mie mani scivolavano sulle sue braccia, sulla sua schiena fino al fianchi, non riuscivo a pensare a nulla. Appoggiò la testa sulla mia spalla e sentivo sulle labbra i suoi capelli e nel naso il loro profumo. Fu solo allora che riuscii a formulare una seria risposta verbale.
"Cosa ti ha fatto pensare che potevo prenderla male?" domandai in un sussurro.
"Non lo so... penso di aver avuto paura di chiederti qualcosa che dovrebbe essere... boh, spontaneo..." la strinsi a me.
"Avrei voluto saperlo per poterti abbracciare senza che tu fossi costretta a chiedermelo..." fu lei a stringermi a sé. Restammo in silenzio, abbracciati per un po'. Le accarezzai la testa, lei si spostò per guardarmi.
Era così vicina.
Si era fatto buio attorno a noi e i lampioni accesi illuminavano gli occhi di Vera, come se quel luccichio le appartenesse. Sulle gote brillava riflessa la luce, come una carezza che aveva lasciato il segno. Mi guardava ed io guardavo lei. Feci passare una mano tra i suoi capelli e mi avvicinai alla sua guancia lasciandole un bacio. Allora la sentii premermi le mani sulla schiena, il suo naso sulla guancia e il suo respiro vicino all'orecchio.
Si spostò piano, mentre come in un sogno io seguivo i suoi movimenti. I nostri nasi si sfioravano, i miei occhi erano socchiusi ed io arreso e vulnerabile. Piegò lentamente la testa e le nostre bocche si sfiorarono leggere come neve sui capelli.
"Posso?" mormorò Vera.
Feci un cenno, e le nostre labbra s'incontrarono per la prima volta.
Le posai dolcemente una mano sulla guancia, il cuore che scalpitava nel petto e la baciai ancora, con delicatezza. I nostri respiri erano tutto ciò che sentivo nella notte, i miei pensieri si erano ammutoliti.
Solo per un attimo, una domanda.
"Anche tu pensavi a questo?"
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Parlami ancora dei fiori d'arancio
RomanceI dettagli celano la verità e i cocci tagliano i piedi nudi. Solo scoprirsi e rendersi vulnerabili potrà avvicinare davvero due ragazzi. Tra le vie di una città, dietro ad un bancone e nel silenzio della notte si trova la tenerezza. L'energia che sp...