CAPITOLO 11.

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{{ DOVE STRACAZZO SEI STATA?! }} mi lanciò addosso la bottiglia di birra mezza piena facendomela frantumare sul petto.

{{ d-da Veronica...}} provai a mentire con un filo di voce.

{{ ah si? E chi ti aveva dato il permesso?! }} mi prese per il colletto della felpa bianca e sporca di sangue.

{{ n-nessuno...}} dissi strizzando gli occhi. Non volevo mi picchiasse, non volevo sentire le sue luride mani sul mio corpo, non volevo continuare in quel modo...

{{ A P P U N T O . }} assottigliò gli occhi ed ecco che mi sferrò il primo cazzotto, per poi passare al secondo....al terzo....al quarto....al quinto....forse al sesto ero già morta.


Il mio corpo steso a terra non aveva intenzioni di dare segni di vita. Le mie palpebre gonfie e pensati non riuscivano ad aprirsi, si abbandonavano al peso della sofferenza. Il pavimento era strapieno di sangue mentre io contemplavo il buio dei miei occhi, finalmente, chiusi.

Questa scena mi ricordò il 26 luglio 2017, si ero un po' piccolina ma la mia vita faceva schifo già da molto tempo. Il sangue, la pesantezza delle palpebre gonfie, il non volersi più svegliare, il non sentire più i muscoli del proprio corpo, sentire l'anima abbandonare lentamente il tuo corpo inerme sul pavimento freddo...

                   // F L A S H B A C K //

Avevo preso una vena. Quella lametta sporca di sangue incrostato e ormai con le lime rovinate dalla troppa pelle squartata con il passare del tempo...mi aveva appena tagliato la vena.

Iniziai a contemplare il sangue sgorgante dal taglio profondo inciso sul mio polso e mi accovacciai con la schiena al muro.

Socchiusi gli occhi e mi godetti la sensazione del sangue che fuorusciva e che ormai abbandonava il mio corpo quasi inerme.

Il suo rosso acceso era cosparso per tutto il pavimento del bagno e sui miei vestiti malandati. Stavo toccando il fondo, anzi, l'avevo già toccato.

Il mio viso sempre più pallido, freddo, apatico, mi faceva capire quanto...finalmente, mi mancasse poco. Potrebbe sembrare una brutta frase ma al solo pensiero di abbandonare questo mondo di merda mi rendeva felice, e non me ne ero mai pentita di aver preso, forse per sbaglio, quella vena.

La porta venne spalancata da Veronica che sarebbe dovuta passare da me il pomeriggio. Ormai il mio corpo morente era del tutto steso per terra a contemplare il...nulla.

Rimase immobile per due secondi, si accovacciò accanto a me imbrattando i suoi bei vestiti del sangue cosparso per terra. Iniziò ad urlare il mio nome e richieste d'aiuto che, purtroppo, arrivarono.
           

            // F I N E   F L A S H B A C K //

Forse se Veronica non mi avesse salvato sarei morta, anzi, era quasi sicuro che sarei morta. Altrimenti non sarei stata due mesi in ospedale.

Ogni giorno mi ripetevo che lei avesse fatto bene a salvarmi ma, per quanto cercassi di auto convincermi, sapevo che in realtà avrebbe dovuto lasciarmi su quel pavimento sporco.

Forse, visto che quella volta avevo fallito nel mio intento, questa sarebbe stata quella buona. La volta tanto attesa si stava concludendo in quel preciso momento. Le botte di mio padre, ubriaco o meno, erano troppo per una diciassettenne anoressica. Forse, pensai, stava arrivando il mio fatidico momento.

{{ Lexy! }} mi sentii strattonare, inutile dire quanto quel contatto, anche se piccolo, mi avesse fatto male per le mie critiche condizioni.

𝕀𝕝 𝕗𝕣𝕦𝕥𝕥𝕠 𝕕𝕖𝕝𝕝𝕒 𝕡𝕖𝕣𝕧𝕖𝕣𝕤𝕚𝕠𝕟𝕖 || D. O'. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora