sette♡

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Sii te stessa.

Non avere paura.

Fagli vedere chi sei e quanto sei forte.

Non nascondere le tue stranezze, che ti rendono unica.

E raccontargli della malattia.

Erano queste le frasi/ messaggi che Tania e Sharon aveva fatto recapitare alla loro migliore amica, e che si stavano susseguendo nella mente di Raissa, da quando era arrivata davanti al palazzo del calciatore, dopo aver letto il nome e cognome dell'argentino tra i vari citofoni.

«Forza Raissa, non stai andando in guerra. E solo una cena, tra due ragazzi che si vogliono conoscere. Niente di male, e niente di troppo assurdo. Una semplicissima cena!» esclamò tra sé e sé, cercando di autoconvincersi e cercando di far diminuire l'ansia. Con molta esitazione, avvicinò l'indice tremolante, al pulsante del citofono di Paulo, e dopo aver rilasciato un lungo ed estenuante respiro, per lasciare fuori ansia e paure, premette il pulsante. Dopo solo qualche secondo di silenzio, la voce di Paulo spezzò il silenzio, chiedendo chi fosse. E Raissa con voce tremolante, e un tono parecchio basso, pronunciò un semplice e flebile «Raissa», nessuna risposta giunse alle sue orecchie, se non il suono del cancelletto in ferro aprirsi susseguito da un “Abito all'ultimo piano. L'ascensore si trova, davanti a te” ma, Raissa, non fece in tempo a fare la prima rivelazione della serata, che sentii quel fastidioso rumore di chiusara del citofono. Con molta titubanza, si adentró dentro il palazzo, e superando la portineria, seguii, le indicazioni per l'ascensore, che evitó, dedicando alla scatola mettalica un piccolo ed innocente vaffanculo nascosto, per poi prendere le rampe di scale, che affiancavano la collona dell'ascensore.
Era colpa di Sharon e Tania, se Raissa, aveva riscontrato la fobia degli ascensori. Aveva solo, tredici anni, quando le fecero vedere un film horror, rimanendo traumatizzata dalla scena di quella povera donna intrappolata dentro quella scatola di metallo, che purtroppo l'ha portata alla morte. E sì, se Raissa, si fosse ritrovata in un palazzo di cento piani e avesse dovuto raggiungere l'ultimo piano, quasi sicuramente si sarebbe fatta tutte le rampe di scale, piuttosto che salire su quelle scatole, che com definiva lei, provenienti dall'inferno!!

Si trovava, ormai, sulla quinta rampa di scale, quando il solito fischietto, annunciò l'arrivo di un nuovo messaggio che fece eco in mezzo a quelle scale così vuote e silenziose.

@paulodybala
Raissa sei viva??
Ti sei bloccata in ascensore??

La ragazza abbozzò un sorriso leggendo il messaggio, decidendo, però, di non rispondere al messaggio, riposizionando il cellulare dentro in borsa e finendo le ultime rampe mancanti, salendo due scalini alla volta, per poter diminuire il tempo di salita. Una volta sul pianerottolo dell'ultimo piano, notò una sola porta bianca, perdípiù socchiusa che lasciava trasparire un piccolo bagliore di luce artificiale. Raissa, sempre molto timidamente, si avvicinò, leggendo per la seconda volta il nome del calciatore, sul campanello situato sulla collona della porta, ma invece di irrompere in casa dell'argentino, schiacciò il pulsando, procurando quel fastidioso suono che riuscii ad udire grazie alla porta aperta, e subito dopo, delle parole pronunciate in spagnolo ma molto lontane, che dedusse fossero un "Vieni avanti". Facendosi coraggio, si chiuse dentro quel appartamento, non potendo, ormai, più ritornare indietro.
Una volta dentro casa, si sentii subito in soggezione notando quanto immensa e ricca di accessori fosse. Il suo appartamento non arrivava ad essere nemmeno ⅓ di questo! A fianco a sé, notò un attaccapanni nero, dove appoggiò il suo cappotto fucsia, mentre proprio sotto, a filo con il muro, bianco, appoggiò lo skateboard.

«Tu e quella tavola da skateboard, non vi separate mai??» chiese il proprietario di casa, alle spalle di Raissa, che per il colpo preso si portò una mano al petto, non aspettandosi un'entrata così spaventosa.

Il Destino Ha La Sua Puntualità [] Paulo Dybala [] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora