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Prima di iniziare a scrivere questo capitolo volevo chiarire due cosette sui personaggi principali di questa storia e sul rapporto che si è creato. Jordan conduce una vita ricca di rischi, azioni pericolose e adrenalina. Altea trascorre il suo tempo in compagnia di Leopold, il gatto, e di qualche bottiglia di Jack Daniel's consumata nella più totale monotonia. Quello che accade tra i due è un fenomeno singolare, si sfiorano senza mai toccarsi. Un amore platonico, direbbe mia madre, sul punto di scoppiare e poi pouf! ... il NULLA! Sono sicura che i cambi di scena continui rendano l'atmosfera più magica ad ogni loro incontro, non mi pento assolutamente di aver dato origine a questo tipo di nesso e spero vivamente che a voi piaccia. I rapporti più belli si stabiliscono nel corso del tempo. Non bisogna mai correre troppo quando il rischio di schiantarsi è elevato, Tyron approverebbe le mie parole. 😉

Altea

Le settimane seguenti sono passate serenamente, fra colloqui di lavoro e piccoli crolli emotivi, uscite con gli amici e sorrisi pieni di ilarità. Sto progredendo a migliorare le mie abitudini e a gestire a pieno le emozioni. Frequento abitualmente la Dott. Cooper, procedo lentamente alla completa esclusione di qualsiasi tipo di farmaco e ripongo la massima fiducia nelle mie capacità. Sto combattendo per ciò che ho sempre desiderato: la libertà. Pigio il tasto invio, tornando sul desktop del pc. Il venticello smuove le tende della camera, sfiora i capelli e accarezza la pelle. Rileggo il curriculum salvato nelle bozze e abbozzo un sorriso quando la donna sfiora con il dorso della mano il legno scuro, tentenna prima di varcare la soglia.
«Sei sicura?» domanda, annuisco.
Non sono mai stata così convinta, sarà difficile ma è arrivato il momento giusto. Avrò un lavoro ed una casa tutta mia. Sto cercando stabilità e ho bisogno di trovarla da sola, una routine mi aiuterà a trovare la fermezza di cui necessito.
Non posso contare per sempre sulla mia famiglia e sulla figura rassicurante di Maggie. Oggi è il giorno, forse domani sarà troppo tardi. Sfoglio il dépliant dove è illustrato l'appartamento che ho preso in considerazione i giorni passati. L'incontro con la proprietaria è fissato per le sedici, sono le quindici e quarantotto minuti. Sono già decisa ad accettare. Metà degli oggetti sono disposti negli addetti scatoloni da trasloco, alcuni vestiti sono stati già donati e le scarpe più scomode sono state gettate personalmente, nella pattumiera accanto agli avanzi. Nulla è stato più appagante di quel semplice gesto.
«Tornerai da me per gustare i miei pranzetti?» chiede, con l'angoscia a premerle sul petto.
«Tornerò solo per la tua pasta fredda» scherzo, divertita.
Leopold zampetta fino ad arrivare sul letto, con un saltello atterra sul mio grembo e miagola rumorosamente per essere coccolato. Gatto paffuto che non sei altro, vorresti solo mangiare e dormire. La statura possente di mio padre fa capolino dalle scale, si aggiusta gli occhiali con l'aiuto del dito indice e sorride timido per l'intromissione. Poche volte ho visto un'espressione del genere sul suo viso. È orgoglioso dei miei miglioramenti.
«Mi sono preoccupato personalmente di contattare la proprietaria, sembra un'anziana molto tranquilla. Il quartiere non è il massimo ma so che sei una ragazza prudente, assicurati di chiudere porte e finestre prima di andare a dormire!» raccomanda, seguito a ruota da Margaret.
«Ci sono dei bruti e loschi criminali in giro, tu sei una bellissima ragazza sola ed indifesa. Oddio Altea! L'ansia mi divorerà a saperti sola!» dice, facendo emergere il suo lato materno. Ricordo ancora quando in gita con la scuola mi lussai una caviglia e lei corse subito a riprendermi, fu l'esperienza più traumatica della mia vita. Le zanzare continuavano a pungermi dappertutto, le tende puzzavano di muffa e pipì, mi trovavo in compagnia di bambini schizzinosi in preda a crisi di superiorità.
«Ci sarà Leopold con me» cerco di minimizzare le loro parole, sottolineando la compagnia di un gatto che ama riposarsi ad occhi chiusi e che non corre nemmeno sotto tortura.
È pigro, ma dolce come panna montata.
Afferro le zampe e cerco di fargli assumere una posizione eretta, stizzito affonda gli artigli nelle ginocchia.
«Si uccideranno, ne sono sicuro» formula Henry, sparisce oltre la porta con la mano destra sul viso in segno di disperazione. Il cellulare posto accanto al letto squilla chiassoso, il nome di Nathan sullo schermo mi avverte che è arrivato. Sistemo alcuni appunti sulla scrivania, sotto lo sguardo curioso di Maggie, e corro per le scale afferrando il mio inseparabile zaino. Il ragazzo suona il clacson appena scorge l'abbigliamento che ho scelto, devo ammettere che forse è fin troppo professionale per un semplice sopralluogo. Il tailleur rosso coordinato perfettamente con il top bianco, i capelli disfatti rendono il tutto meno perfetto. Ogni cosa è stata curata nei minimi dettagli, persino il Daniel Wellington sul polso sinistro. ''Tu eres hermosa y profesional '' osservo il viso dai tratti scuri. Nate è bellissimo, non ci sono parole per descrivere a pieno i lineamenti.
Le varie sfumature sui toni del marrone rendono lo sguardo più profondo. Stranamente non indossa nulla di appariscente, forse oggi non è in vena degli anni 80.
«Sapessi Jasmine quanto si sente persa senza di te e non solo lei...» dichiara, abbassando il capo.
Accarezzo impulsivamente la gamba tremante.
Non c'è malizia nei nostri gesti, ci lega un profondo affetto fraterno. Mai nulla potrebbe nascere fra noi.
«Sono felice è il punto di partenza per dire addio a quella merda. Elide e Adriel ne sono a conoscenza? Quel tuo amico, Jordan?» sussulto al suo nome.
Lo stomaco si contrae, affanno.
Lo scontro prende forma davanti al mio viso, l'accusa e il dolore. «Elide sprizza gioia da tutti i pori, Adriel è fiero dei passi che sto compiendo» ometto il suo nome ma non passa inosservato, Nate non chiede ed io sono sollevata dal suo essere così recettivo.
«Siamo arrivati erma l'auto e scende, lo seguo. Il sole si abbatte sul palazzo. È diverso, mai viste così tante piante sui terrazzi di TysonVille, qui qualsiasi forma di vita muore. Proseguiamo con passo svelto, una signora ci accoglie con un sorriso smagliante ed un camice azzurro da casa. I capelli sono corti e ricci, una collana di perle intorno al collo per adornarlo, luccica quando la porta viene spalancata, i raggi solari colpiscono noi e le nostre figure. L'ambiente è già caratterizzato da alcuni mobili come la cucina, il bagno e la camera da letto. Il profumo non è dei migliori, potrei renderlo mio ed impregnare queste pareti dei sentimenti che nutrirò. L'anziana ci mostra il balconcino ed infine elenca le regole del condomino. Non ho bisogno di confermare a parole, gli occhi lucidi parlano.
«Vi lascio, le chiavi sono sulla penisola!» strizza l'occhio e sparisce. Ispezioniamo il luogo e verifichiamo che ci siano tutte le funzionalità elencate sul volantino.
«Allora?» irrompe il silenzio.
«È lui non ho dubbi Nat, immagino già le mie cose sparse su questo pavimento. Leopold amerà la luce che penetra dalle finestre, un po' meno il caldo ma la vista ne vale la pena»
Altair sarà bellissima vista da qui. Un sorriso malinconico mi spunta sulle labbra, amaro come il caffè del Sunny's, un po' come la cioccolata fondente che Maggie continua a comprare.
«Festeggiamo?» stappa lo champagne, facendolo cadere appositamente. Dopo aver firmato il contratto e ritirato le chiavi abbiamo vagato per l'intero isolato. I ragazzi ci attendono al bar, richiamano l'attenzione urlando i nostri nomi. Elide è seduta accanto ad Adriel, quest'ultimo tira i capelli a sua sorella Ave. La compagnia della bionda è veramente gradevole, si è data da fare per cercare di rendere piacevole ogni serata in cui è stata presente. Non mi ha lasciata nemmeno un secondo da sola, anche quando la malinconia chiamava, lei mi trasportava al centro della sala e mi costringeva ad urlare forte. Qualche volta sono stata anche presa di peso e buttata fuori. A distrarmi dai pensieri e l'arrivo della cameriera.
«Cosa prendete per festeggiare?» chiede Elide.
«Io una crema al caffè» dice Ave, seguita da Nate.
Io e Adriel ci guardiamo disorientati.
«Un caffè macchiato» e «Un caffè amaro» diciamo in sincrono. Osservo un tavolo poco lontano dal nostro, riconosco che hanno tutti la stessa passione per la musica. L'ordine arriva dopo alcuni interventi isterici e urla provenienti dal banco.
«Forse il proprietario ha qualche problema con i dipendenti» afferma il ragazzo accanto a me, annuisco d'accordo.
Giro il cucchiaino, nonostante sia consapevole che non ci sia nulla sul fondo e sorseggio. Il sapore zuccherino arriva subito, le papille gustative ne risentono ed emetto un verso di disapprovazione.
«Non è quello che avevo ordinato» è palese.
Mi alzo con uno scatto e cammino verso il ragazzo girato di spalle, tossisco. È troppo indaffarato anche solo per roteare il capo.
«Ehi, avevo ordinato un caffè amaro, non uno da diabete» lamento mentre altri clienti fanno lo stesso.
«Mi dispiace, amaro per te» attendo alcuni secondi finché non viene servito. Alza lo sguardo dalla macchina e mi prende un colpo.
Due occhi azzurri mai visti di così limpidi.

Fulmina il mio comportamento e sussulto quando porge la mano nella mia direzione.
«Sono Lowell, sono nuovo nel quartiere» il cuore minaccia di uscire fuori dal petto. Altea è solo un ragazzo, smettila di comportarti come una bambina. Dal fondo uno sguardo penetra fin dentro le ossa e sono sicura di chi possa trattarsi. Non ho intenzione di voltarmi, non gli darò ciò che vuole.
Non questa volta, non è chi vuole far credere.

The Boxer's Clan.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora