Capitolo 62

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L'abitacolo del SUV di Carlos era riempito dalla musica reggaeton scelta da Mina e dalle chiacchiere della ragazza, euforica per il ritorno a casa. Dietro di loro c'erano tutti: i coniugi Adams, Micol e Lip, Leo e Steve, Hannah e Nicole. Volevano accompagnarla a casa, stare un po' con lei. Carlos non se l'era sentita di impedirglielo.

«John è a scuola?» chiese la ragazza rivolta al padre, mentre stringeva la mano di Colin, seduto dietro di lei.

«No, questa settimana è stata una pausa per tutti. È a casa con Rosy e Alexandra» spiegò l'uomo, velatamente preoccupato.

«Con Alexandra, mh? Sbaglio, o è sempre con lei?» indagò Mina, maliziosa. Carlos ridacchiò appena.

«È un'amica, lo sai. Si è presa qualche giorno per aiutarmi»

«Anche Mick e Vanessa sono tuoi amici, ma nessuno dei due ha preso giorni di ferie per aiutarti. Tanto più che siamo pieni di babysitter e personale di servizio, a casa» rincarò Mina.

«Non farti strane idee, siamo amici» tagliò corto, svoltando nel vialetto di casa, sempre torchiato dalle altre auto. Mina annuì poco convinta, rivolgendo a Colin uno sguardo più che eloquente che fece ridacchiare il ragazzo. La vedeva bene, come mai l'aveva vista prima.

Varcata la porta di casa, Mina venne travolta da Rosy, che la strinse così forte da mozzarle per un attimo il respiro. La donna non riuscì a trattenere le lacrime, e si lasciò andare a singhiozzi disperati e pieni di sollievo.

«È così bello vederla, signorina» balbettò. Mina sorrise, stringendola a sua volta.

«Anche per me è bello vederti, mi sei mancata» rispose. La donna informò tutti che, per cena, erano invitati: aveva preparato il polpettone in abbondanza. A Mina brillarono gli occhi e la abbracciò ancora, prima di raggiungere il salotto, dove John e Alexandra giocavano beati con qualche macchinina da collezione. Il bimbo, vedendo la sorella, si catapultò su di lei, che subito lo prese, sforzandosi di non cadere. Le era mancato tutto di quella casa.

Presi dall'euforia del momento, faticarono a notare Eva, che scendeva imbarazzata e con una valigia più grande di lei tra le mani.

Mina fermò il padre, che avrebbe certamente cominciato a urlare. Non era la benvenuta, Carlos glielo aveva già spiegato.

«Sono venuta a prendere un po' della mia roba» spiegò la donna, affaticata.

«Non c'è niente di tuo qui, sparisci» tuonò l'uomo.

Eva lasciò casa Ramon in fretta, caricando l'auto senza l'aiuto di nessuno. Mina fissò il fratello per un po', prima di raggiungere la donna fuori. Voleva parlarle. Mancava soltanto lei.

«Eva» urlò appena, facendola bloccare. La donna non riusciva a guardarla. Continuava a fissare il bagagliaio dell'auto che straripava. Mina scorse in lei paura e vergogna, la stessa vergogna che aveva visto in chiunque.

«Io ti ho sempre voluto bene, davvero. Non volevo farti del male... pensavo fosse la cosa giusta» sospirò, continuando a fissare il vuoto. La ragazza le accarezzò una spalla tremante, respirando profondamente.

«Lo so...» ammise, costringendola a voltarsi. Voleva specchiarsi un'ultima volta in quegli occhi perfetti e gelidi. Voleva memorizzare i lineamenti, voleva ricordarla.

«Mi perdonerai?» chiese la donna. Mina annuì.

«Ci sto lavorando... credo davvero al tuo pentimento, e credo davvero al tuo bene. Non sei adatta, tutto qua. Mi ricorderò sempre di te, sei stata fondamentale, in un modo o nell'altro. Ma è meglio non vedersi... almeno per un po'»

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