𝕏𝕀𝕏. 𝙼𝚒𝚜𝚞𝚗𝚍𝚎𝚛𝚜𝚝𝚘𝚘𝚍

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Katsuki capì che la situazione era peggio di quanto si fosse aspettato nel momento stesso in cui mise piede oltre le pesanti porte a vetri dell'ingresso.
Nella hall c'era un poliziotto dall'aria stanca e annoiata che parlava con la receptionist, annotando distrattamente le sue parole su un blocchetto per gli appunti. Era stato costretto a fare il turno di notte quando il suo collega si era dato malato per l'ennesima volta. Aveva sperato di potersene restare in centrale, nel suo ufficio soffocante, o a sonnecchiare in una delle volanti parcheggiate lungo qualche vicolo dismesso. Ma poi era arrivata quella chiamata. Due uomini dal marcato accento straniero che chiamavano per denunciare la scomparsa di un minore. No, un ragazzo appena ventunenne. Capelli biondi, occhi rossi, altezza 1.72 cm, felpa nera, pantaloni neri, scarpe rosse. Omega. Incinto di sei mesi. Non si sarebbe neppure scomposto per una chiamata sulla scomparsa di un adolescente, in una città come quella. Soprattutto non prima di 24 ore dall'ultima volta che era stato visto. Ma quel piccolo dettaglio era stato ciò che lo aveva spinto ad alzarsi dalla sua comoda poltrona per trascinarsi fino all'hotel. Non era cosa rara nei distretti più poveri delle grandi città americane sentire storie di cronaca nera riguardanti omega rapiti e abusati per ottenere riscatti o per rivenderne i neonati sul mercato nero delle adozioni.

Appena i suoi occhi si posarono sul ragazzino, fermo sulla soglia, capì che avrebbe fatto meglio a seguire il suo istinto e rimanersene in ufficio. Era evidente che non si trattasse di un caso di rapimento, ma semplicemente uno delle migliaia di adolescenti senza testa che spariscono per fare una bravata o passare una notte di avventura nella grande metropoli.
La receptionist al suo fianco indicò verso Karsuki parlando in inglese, confermando la sua identità, ricordandosi di lui dalla sera precedente. Il suo carattere brusco le era rimasto particolarmente impresso. Strideva con la bellezza quasi androgina del suo viso, ma in qualche modo lo rendeva ancora più intrigante.
L'agente le dedicò un breve cenno prima di avvicinarsi a Katsuki, che si ritrasse nel vederlo incombere su di lui. Aveva avuto abbastanza emozioni per quella sera, non aveva bisogno di aggiungere anche una visita alla centrale di polizia e un arresto per la sua stupidità e per l'impulsività di Shōto. Non riusciva a credere che potesse aver chiamato la polizia; dopotutto era stato via solo qualche ora. Si morse il labbro inferiore, lanciando un'occhiata al grande orologio moderno fatto di ingranaggi che ruotano lentamente su se stessi sulla parete più lontana della hall. L'una e venti.
Sentì lo stomaco sprofondare, non si era reso conto di quanto fosse tardi. Il panico gli fece accelerare i battiti. Non voleva salire nella loro camera. Non voleva varcare quella soglia. Non voleva affrontare Shōto. Quella volta non l'avrebbe liscia come a casa, da Izuku.

«Bakugou Katsuki?» chiese l'uomo e il suo nome suonò distorto pronunciato con quell'accento, al punto che stentava quasi a riconoscerlo, ma annuì ugualmente. «Venga con me.»
Katsuki deglutì a vuoto, sentendo un nodo in gola, e sperò di non star per essere ammanettato e trascinato alla più vicina centrale di polizia. L'idea di passare una notte in cella lo terrorizzava, ma forse aveva visto troppi film polizieschi. L'uomo infatti si limitò a spingerlo verso gli ascensori. La risalita verso il suo piano sembrò durare un'eternità, ma quando le porte si aprirono, Katsuki avrebbe voluto che fosse durata il doppio. Il poliziotto notò la sua esitazione e lo spinse a muoversi con un movimento brusco ma calcolato. Probabilmente avrebbe voluto spintonarlo in avanti, ma si trattenne viste le sue condizioni. Comunque Katsuki incespicò nei suoi piedi uscendo dall'ascensore e riuscì a non cadere solo grazie ai suo riflessi, affinati con anni e anni di allenamento. Percorsero il corridoio in fretta, Katsuki vide gli occhi dell'uomo saettare verso i numeri in ottone sulle porte delle stanze.
«La tessera» Katsuki sobbalzò e si voltò a guardarlo, il rombo del sangue nelle orecchie gli ovattò l'udito e non era sicuro di aver compreso le sue parole.
«La tessera magnetica della stanza. Ce l'hai, ragazzo?» insistette non ricevendo risposta e lui scosse la testa. Ne avevano solo una e ce l'aveva Shōto. Non aveva pensato avrebbe avuto bisogno di farsene dare una copia.
L'uomo sospirò e gli posò una mano sulla spalla, come a volerlo trattenere, prima di bussare con forza alla porta. Dall'interno si sentì un tonfo sordo e voci ovattate, prima che la porta venisse spalancata. Shōto era sulla soglia, con il volto cinereo e i capelli in disordine.
Katsuki trattenne il fiato, non l'aveva mai visto così in vita sua. L'aveva visto stanco, arrabbiato e frustrato prima di allora, come anche felice ed eccitato, ma mai così sconvolto. Sul volto aveva dipinta l'espressione di qualcuno che aveva appena perso la cosa più preziosa al mondo e Katsuki sente il suo cuore stringersi a quella vista. Ma durò solo un secondo.
Il suo sguardo passò da spaesato a sollevato per poi diventare duro, così duro da costringere Katsuki ad abbassare gli occhi.
Sentì distrattamente Shōto scambiare qualche parola con l'uomo, ma non riuscì a coglierne il significato. Il suo cuore batteva così forte che stava pensando di essere sull'orlo di un infarto.
Quando la presa sulla sua spalla si allentò, fece un passo in avanti per ritrovare l'equilibrio. Non si era reso conto di quanto si fosse appoggiato a quella figura dietro di lui.
«Grazie agente.» Shōto concluse la conversazione, ma la sua voce era arrivata ovattata alle sue orecchie, ma sapeva che avrebbe significato che tra poco sarebbero restati soli, e aveva paura.
«Vi verrà addebitata una sanzione per aver richiesto l'intervento della polizia prima delle 24 ora dalla scomparsa.» commentò con voce strascicata l'uomo: l'unica cosa che voleva era andarsene di lì e maledire quello straniero che gli aveva fatto perdere tempo inutilmente.
«Pagheremo. Ci scusi ancora per il disturbo.» rispose lui con il suo solito tono professionale. L'uomo non rispose; fece un cenno in direzione di Izuku, che se ne stava in silenzio alle spalle di Shōto, prima di voltarsi e lasciare la stanza chiudendosi la porta alle spalle con forza.

𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 ~ Threesome||TodoBakuDekuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora