XXI

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Nadia guardò il cielo terso chiedendosi che ore fossero. Da quando era costretta in quella casa ogni giorno era identico all'altro e non riusciva più a distinguere i vari momenti della giornata. Dormiva poco e male ed era sempre annoiata, soprattutto quando Carlotta passava tutto il suo tempo con Massimiliano.
Seguì con lo sguardo un passerotto che sparì tra le fronde della grande quercia sulla strada e si portò una mano a coprire gli occhi.
Era stanca senza far nulla, come una prigioniera in quelle mura.
Riusciva quasi a provare sensazioni che sperava di aver superato da tempo bramando nuovamente la libertà.
<sono stanca di essere rinchiusa in questa casa. >Si lamentó alla fine dando voce ai suoi pensieri . Si sentiva braccata e sempre più desiderosa di poter camminare liberamente.
<Come sei tragica. Io non lo trovo tanto male. Senti che pace e che quiete. Cosa vuoi di più? >le chiese Carlotta intenta a pitturarsi le unghie di rosso.
Nadia ruotó gli occhi al cielo e lasció andare un lungo sospiro di frustrazione <Io non sono in luna di miele come te. >Le fece notare con una punta di stizza, alcune volte Carlotta peccava di poca empatia o credeva che tutti gli altri fossero perennemente ottimisti come lei.
<Beh Massimiliano non è l'unico uomo qui dentro >Disse lei alzando e abbassando ritmicamente le sopracciglia con un sorriso malizioso.
Nadia con il braccio penzoloni la guardò con aria interrogativa.
<Sto parlando di Nicolas! >Sbottó alla fine con le braccia aperte<Anche tu potresti divertirti! >Esclamó facendole l'occhiolino e tentando di assumere una posa sexy.
Nadia storse il naso e spinse un pò il dondolo evitando volutamente di risponderle.
Avrebbe voluto dirle che anche lei desiderava passare del tempo con quell'uomo. Che nonostante la sua razionalità le dicesse di non pensarci la sua parte masochista era decisamente più forte, sempre lì pronta a far sentire lei sue insulse e infondate motivazioni .
Perché ragioni  non potevano esistere. Nulla avrebbe potuto leggittimare il suo inseguire l'impossibile.
Avrebbe voluto dirle anche che con quell'uomo era già andata a letto e che un attimo dopo si era ritrovata distesa su una fredda scrivania, con il fiato corto e il cuore in mille pezzi.
Avrebbe voluto confidarle tutto, ma decise di non raccontarle nulla. Era abituata a fare affidamento solo su se stessa e non aveva alcuna intenzione di cambiare.
<Io proprio non capisco. >protestò insofferente Carlotta che non aveva alcuna voglia di chiudere lì l'argomento. Voleva che la sua amica si lasciasse andare finalmente, smettesse di vedere il mondo come un posto gremito di male.
Desiderava solo che uscisse dal suo guscio fatto di inedia e diffidenza. <È un uomo bellissimo, attraente e con l'espressione da stronzo che farebbe cadere tutte ai suoi piedi, è mai possibile che su di te non abbia alcun effetto?>domandó puntandole contro l'indice.
Nadia strinse istintivamente a pugno la mano perché neanche lei era immune al suo fascino, anzi ci era cascata in pieno e la cosa peggiore era che non sapeva come uscirne.
<Non sono alla ricerca di un uomo>Disse alzandosi dal dondolo. <Voglio solo tornare alla mia vita. >aggiunse sbuffando e camminando verso l'entrata.
<Si può sapere ora dove vai? >Le chiese Carlotta curiosa e con il pennellino dello smalto tra le dita.
<Ho sete! >Replicò entrando in casa e lasciando da sola la ragazza che sospirò affranta. Odiava quando la sua amica ergeva tra loro quel muro etereo e allo stesso tempo invalicabile. Si sentiva inutile e messa da parte, ma ormai sapeva che per quanti sforzi potesse fare non avrebbe mai potuto cambiare il carattere di una persona.

Nadia riempì un bicchiere di the freddo e iniziò a girovagare nel corridoio senza una meta ben precisa. O almeno era quello che credeva ma quando si ritrovò davanti lo studio di Nicolas dovette ricredersi e capì che non solo la sua mente ma anche il suo corpo erano ormai inesorabilmente calamitati da lui.
Non percepiva alcun rumore quindi decise di affacciarsi e dare un'occhiata. La stanza non era vuota, infatti Nicolas dormiva sdraiato sul divano in pelle nera.

Rimase ferma ad ammirarlo e magicamente uno strano sorriso apparì sul suo viso.
Era bellissimo e soprattutto in quei rari momenti lei poteva permettersi di guardarlo da vicino senza preoccupazioni.
Fece qualche altro passo all'interno della stanza e sussultó quando l'uomo  iniziò a borbottare qualcosa di incomprensibile.
Subito dopo cominciò ad agitare le braccia in aria. In un primo momento Nadia fu tentata di andare via, ma quando vide il suo volto pregno di sofferenza decise di aiutarlo.
Si avvicinò a lui e lo chiamó dapprima a voce bassa poi alzando sempre di più il volume, ma fu tutto inutile. Così allungó una mano sulla sua spalla scuotendolo delicatamente.
In un secondo Nadia non era più accovacciata di fianco a lui, ma aveva la schiena schiacciata sul divano con il corpo di Nicolas che torreggiava su di lei.
L'uomo era affannato e con occhi rabbiosi spingeva con forza il suo avambraccio sul collo di lei.
Nadia cercó di liberarsi urlando il suo nome e dimenandosi energicamente sotto il suo peso eppure riuscì solo a farlo spingere con maggior vigore.
Tentò ancora di chiamare il suo nome un paio di volte prendendo a pugni il suo torace con la mano libera . Il respiro iniziava a mancarle e se Nicolas non fosse tornato in sé al più presto non sapeva dire per quanto ancora sarebbe stata in grado di resistere.
<Nicolas. >Disse alla fine con l'ultimo filo di voce rimasta lasciando andare il bicchiere ancora tra le sue mani che cadde sul pavimento infrangendosi.
Il rumore fece tornare Nicolas alla realtà che con occhi sgranati guardava il viso pallido di Nadia.
Con uno scattò si alzó da lei allontanandosi.
Sul suo viso l'espressione di terrore e sgomento.
Si voltò avvicinandosi al carrellino dei liquori e poggió le mani sulla superficie specchiata tentando di portare i suoi battiti ad un ritmo regolare.

Nadia inspiró quanto più ossigeno possibile e sentì la vita scorrere nuovamente nel suo corpo. Non si era mai sentita così vicina alla morte ed era una sensazione terribile.
Quando finalmente riuscì a respirare normalmente si alzó piano dal divano e posò il suo sguardo sull'uomo che con le spalle curve e il corpo rigido sembrava stesse lottando contro se stesso.
Senza neanche accorgersene era già dietro di lui ed allacció le braccia intorno al suo torace.

Nicolas fu sorpreso da quel gesto inatteso e sebbene la sua ragione gli dicesse di mandarla via non riuscì nel suo intento.
<Non ho bisogno della tua compassione. >Le disse rude sperando che fosse lei ad andarsene volutamente.
La sua mente era un connubio di emozioni caotiche. C'era rabbia, terrore, paura e tanto altro.
<Sono io ad averne bisogno. >Gli rispose dolcememte Nadia poggiando la testa sulla sua schiena.
Restarono così per qualche minuto senza dire nulla, perché non ne avevano bisogno. Il solo contatto dei loro corpi valeva più di mille parole. Quel calore era così forte da irradiare ogni  fibra del loro essere donando un tepore di pace.
Fu solo l'avvicinarsi di passi nel corridoio che costrinsero Nadia ad allontanarsi da lui.
Lasciò la stanza in tutta fretta con il cuore in subbuglio.
Sentiva di aver esagerato, di aver oltrepassato il limite.
Sapeva che continuando in quel modo avrebbe semplicemente acuito un sentimento che sarebbe rimasto chiuso nel suo cuore ristagnando lì senza possibilità di aria. Perché quel sentimento lei non avrebbe mai potuto liberarlo, sarebbe diventato semplicemente una ferita, una di quelle che non cicatrizzano, una di quelle così profonde con le quali era già abituata a fare i conti.
Era delusa da se stessa perché nonostante si sforzasse non era in grado di controllare neanche i suoi sentimenti.
Possibile che l'amore faccia diventare inermi? Possibile che faccia sparire ogni briciola di razionalità?
Continuava a chiederselo mentre con le lacrime che le pizzicavano gli occhi saliva le scale. .

In un attimo la stanza era diventata fredda,come una finestra aperta  in pieno inverno. Il corpo di Nadia non era più vicino a lui e quella sensazione di distacco sembrava scavargli dentro.
Sbatté un pugno sulla superficie liscia del tavolino e iniziò a camminare a passo svelto.
Non aveva voglia di ripetere a se stesso quanto fosse dannosa la loro unione,perché quel semplice abbraccio era stato in grado di ridurre in cenere ogni sua resistenza.
Quell'abbraccio gli aveva dato ciò che in quasi trent'anni non aveva mai provato.
Non importava più se fosse giusto o sbagliato perché lui già stava correndo da lei.
Afferrò la sua mano e senza darle alcuna spiegazione la tirò fino alla sua camera.
Una volta dentro il suo sguardo si posò sul collo di lei e sul segno rosso che spiccava sulla sua pelle.
In alcuni punti aveva assunto un tono violaceo e Nicolas strinse i pugni per la rabbia.
Non sapeva perché fosse nel suo studio . Quando aveva riaperto gli occhi si era semplicemente ritrovato Nadia sotto il suo corpo con il viso pallido e sofferente.
Non si era neanche accorto di essersi addormentato e quell'incubo ormai sempre più frequente diventava costantemente più reale. Allungò una mano e con estrema delicatezza iniziò ad accarezzarla.
Abbassò il viso fino a toccare la scapola di lei con il naso e si inebrió del suo profumo.
Lei costituiva la sua più grande debolezza, ma anche il suo più grande desiderio.
Appoggiò le labbra calde e morbide sulla pelle di Nadia che sentì brividi in tutto il corpo ad ogni suo tocco.
Sapeva che quello era il suo modo di scusarsi,che lui non lo avrebbe mai detto a parole. Quei gesti bastavano a dimostrarle che non lo aveva fatto intenzionalmente e lei ne era certa . 
Prese il viso di lui tra le mani costringendolo a guardarla negli occhi e gli sorrise .
Percepiva che qualcosa era cambiato tra di loro, come se riuscisse ad intravedere un piccolo squarcio in quella inattaccabile barriera che prima di allora aveva costruito ostacoli e distanze.
Lui la avvicinò a sé cingendole i fianchi. I loro visi erano così vicini da sentire ognuno il respiro caldo dell'altro.
Era inutile per entrambi continuare a lottare contro quell'implacabile attrazione che li spingeva inesorabilmente a stare insieme.
Come una forza invisibile e potente alla quale ambedue avevano deciso di arrendersi.

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