I primi raggi del sole, si stavano facendo spazio tra le nuvole e le taparalle, ancora chiuse, della stanza di Paulo, sopraggiungendo sulle palpabre ancora chiuse di Raissa.
Per la prima volta in tanti anni, si era sentita al posto giusto. Amata da queste braccia, che non voleva perdere, ma la paura che dopo la verità anche lui se ne sarebbe potuto andare, come tutti gli altri, la stava divorando dentro.Aprí un singolo occhio, ritrovandosi a pochissimi millimetri di distanza dal copro di Paulo e le loro gambe incastrate tra il lenzuolo. Stava ancora dormendo, o per lo meno, questo era quello che aveva deciso di fargli credere, per paura che potesse alzare lo stesso muro che aveva alzato quella sera, prima del suo allontanamento. La ragazza, sorrise, e con molta delicatezza portò la sua mano destra all'altezza del volto di Paulo, spostandogli il ciuffo da davanti agli occhi. Con la stessa delicatezza, gli lascio una carezza sulla guancia, finendo a passare il contorno delle labbra del calciatore. Stava bene. Non si sentiva indifetto. Non voluta. Non amata. Semplicemente si sentiva giusta, e dentro di sé stava sperando che questa sensazione sarebbe rimasta anche quando gli occhi di Paulo si sarebbero aperti, incastrando lo sguardo con il suo. Cercando di fare il più piano possibile, cercò di uscire dal letto avendo bisogno di un bicchiere d'acqua e avendo bisogno di metabolizzare quello che sarebbe successo una volta che il calciatore si sarebbe svegliato, consapevole che non avrebbe potuto mentire e inventarsi qualsiasi cosa per perdere tempo.
«Mi lasci così? Su questo enorme letto, da solo?» chiese Paulo con voce assonnata, quando sentii il corpo di Raissa allontanarsi, bloccando ogni suo gesto e riportando sul letto. O più precisamente sopra il suo corpo, iniziando a ricambiare tutte le coccole ricevute prima. Raissa sorrise, negando con la testa, e accocolandosi meglio al petto di Paulo, appoggiando l'orecchio all'altezza del suo cuore «Ah, decisamente meglio!... Io non vorrei rovinare tutto, però... Perché ora come ora sto da Dio, ma noi due dobbiamo parlare. E non possiamo più rimandare»
«Lo so»
«Perché non me ne hai mai parlato? Non ti fidi di me?» chiese dopo attimi di silenzio, continuando ad accarezzare la schiena della ragazza e lasciarle qualche stupito disegnino sui fianchi. Il silenzio, calò nuovamente nella stanza, e con una mossa veloce, Paulo si sedette con in braccio Raissa. Le braccia di Paulo intorno ai fianchi di Raissa, e le braccia di quest'ultima intorno al collo del calciatore, con le dita nascoste tra le ciocche di capelli. «Non trattenere le lacrime. Vuoi piangere? Fallo. Vuoi urlare? Fallo. Ma non tenerti tutto dentro. Io sono qua... Per te!»
«Odio quando il mio dolore si trasforma in lacrime. Mi fa sentire stupida, fragile e indifesa!» esclamò continuando a tenere lo sguardo fisso verso il basso. Sapeva che se le sue iridi si fossero scontrate con quelle di Paulo, le lacrime avrebbero inziato a scendere a cascate e non voleva. Non voleva piangere per una famiglia che non l'aveva avuta. «Non lo meritano!» Continuava a ripetersi ogni volta, solo che lei ne aveva così tanto bisogno.
«Niñita, piangere non è un sintomo di debolezza, anzi. Spesso può essere segno di grande forza. Quella forza di mostrare cosa veramente senti, cosa veramente ti fa male. Piangere è solo dar voce a quelle sensazioni, emozioni e dolori che le parole non riescono ad esprimere... Certo, sei più bella quando sorridi, ma non devi vergognartene. Okay?» le chiese mixando le due lingue, e facendo in modo di concludere il discorso guardandola negli occhi. Raissa annuì, per poi gettarsi tra le braccia di Paulo e lasciare libere tutte quelle lacrime che con gli anni aveva vietato il passaggio.
«Sai quante volte Sharon e Tania mi ha ripetuto “Devi essere forte” “Dimostra quanto sei forte” “Combatti”... Però anche i forti prima o poi crollano... E sinceramente, io non lo sono mai stata... Ho iniziato a fumare perché pensavo che se mio padre mi avesse visto e avesse visto la somiglianza che c'era mi avrebbe ripreso con sé promettendomi che non mi avrebbe mai più fatto soffrire. Avevo sedici anni e, tra me e me, ho pensato che se fosse successo l'avrei pure perdonato, nonostante tutto il male. L'anno dopo, ho capito che non sarebbe arrivato e ho continuato a fumare per morire. Che razza di persona sono? Un bambino non c'è più, io sto vivendo anche per lui ed io voglio morire. Questo vuol dire essere stupidi, fragili ed indifesi... Nulla a che vedere con la forza!» esclamò tra le lacrime, sentendosi per la prima volta ascoltata veramente. Non che Sharon e Tania non l'avessero mai fatto, ma era una situazione diversa. Completamente. «Loro mi hanno sempre guardato come un ammasso di imperfezioni e malattie. Il tempo, mi ha portato a specchiarmi e a vedermi esattamente così... L'unico che mi guardava con un po' d'amore era Riccardo, mio fratello, ed è l'unico che non odio. Come potrei? Avevamo solo sette anni e mezzo...»
«Sai come ti vedo io, niñita?» le chiese Paulo, interrompendo il suo discorso allontanandola di poco dal suo corpo, in modo tale da essere occhi su occhi. Raissa negò cercando di asciugarsi le ultime lacrime presenti «Come un fiore nato nel pieno dell'inverno, che va protetto, perché talmente bello e delicato che non gli si può negare la vita!» esclamò, non lasciando il tempo sufficiente a Raissa di rispondere, che iniziò a fargli il solletico tra i fianchi e il collo. Se qualcuno fosse passato per di là in quel momento, avrebbe pensato a tutto, tranne che quell'atmosfera fosse stata preceduta da tante lacrime. E Dolores, che si trovava dietro la porta aveva visto tutta la scena con un sorriso stampato in volto, ed il telefono su una mano a riprendere quella felicità, che sperava di vedere sempre sul volto di Paulo.
Nel frattempo, Raissa non riuscendo a trattenersi dalle risate e dai piccoli calci involontari che stava tirando a vuoto, cercò di allontanarsi dalle mani del calciatore finendo inevitabilmente sdraiata a terra con le risate di Paulo, che la stavano prendendo in giro per questo piccolo volo. Come a vendicarsi, stando però tenta a non fargli del male, con uno scatto improvviso, sorprendendo l'argentino, Raissa afferrò il suo polso facendolo cadere a terra, affianco al suo corpo. Questa volta fu il turno di Raissa a ridere di questa caduta, sotto lo sguardo spaventato e shockato di Paulo.«Sei una stronzetta!»
«Colpa tua! Mi hai lasciato così. Su questo enorme pavimento, per di più scomodo e freddo, da sola!» esclamò con un finto broncio, usando le stessa scusa che Paulo aveva usato appena sveglio, per farla rimanere a letto. Paulo tra sé e sé sorrise, afferrando il corpo della ragazza per stringerla ancor di più al suo petto. Aveva un'irrefrenabile voglia di baciarla. Di mostrarle e di dargli tutto l'amore possibile, ma tra sé e sé aveva un'idea super romantica per far in modo che quel gesto fosse indimenticabile e si autoconvinse a placare ogni voglia, incastrando i suoi con quelli di Raissa. «Comunque Pau, io mi fido tantissimo di te. Potresti quasi superare il posto di Tania e Sharon; la paura mi ha bloccato!... Non voglio aggiungere anche il tuo nome alla lista... Penso che non riuscirei a sopportare tutto il dolore. Di nuovo... Sai con il tempo ti abitui, e in alcuni giorni sembra che faccia meno male ma il dolore ti cambia. In casa famiglia mi ripetevano sempre “Il tempo guarirà tutte le tue ferite!” ma non è vero niente. Alcune diventano cicatrici... E le cicatrici si vedono. Sempre!» esclamò rispondendo alla prima domanda che Paulo aveva fatto senza pensare. Sorrisero entrambi, non staccando gli occhi nemmeno per sbaglio.
«Raissa...»
«Mh?»
«Voglio esserci per te!» esclamò, dopo pochi secondi di silenzio, provocando l'ennesimo grande sorriso sul volto di Raissa, che si era fatta piccola, piccola, rannichiandosi al suo fianco, ascoltando il bum bum del cuore di Paulo
«Come hanno detto tutti?» le chiese, con titubanza, non separandosi dal petto del calciatore, ma Paulo, che voleva affrontare questo discorso facci a faccia, la fece mettere a cavalcioni sopra il suo bacino. Per stare più comoda, Raissa invece, appoggiò il mento sopra il suo cuore, mentre le mani di Paulo finirono tra i capelli della ragazza, in modo tale da non spezzare il loro contato visivo.
«No, Raissa! Voglio esserci per te come non ha fatto nessuno!»
STAI LEGGENDO
Il Destino Ha La Sua Puntualità [] Paulo Dybala []
Fiksi PenggemarRaissa si è sempre sentita etichettata come una figlia di serie C. Nulla a vedere con la serie A, dove invece era stato piazzato suo fratello gemello. Raissa si è sempre sentita etichettata come quella figlia che qulasiasi cosa fa, non è mai quella...