appartamento.

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sogno spesso che non ci sei più

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sogno spesso che non ci sei più. perso tra le coperte come mi trovassi in mare, con pensieri che non posso controllare che si rincorrono, mi sveglio all'improvviso e poi scopro che sei qui.

ti trovo sul fianco, fingi di dormire e io fingo di non aver sentito la tua sveglia ore prima e di non sapere che ti svegli e mi guardi.

parlo di me, parlo di me ma tu non capisci il perché. e va bene così. anzi, dev'essere così! lo sto facendo apposta.

pensa se ti dicessi cosa pensi davvero, se ti dicessi di cosa riempio quel moleskine a quadretti che hai ordinato per sbaglio su amazon.

sapessi di cosa lo riempio, forse prima o poi te lo dirò.

no, non te lo dirò. ma ti darò il taccuino, lo leggerai e capirai, spero.

forse però parlo troppo di me e tu non capisci quanto amo pensare a te. mi fa paura però, parlare di te. ne parlo al moleskine, a lui sì. con la penna verde, perché a te piace quella.

un giorno guarderó la penna e mi chiederò perché io non usi quella nera. mi terrorizza quel giorno, taehyung. il giorno in cui dimenticherò che ti piace la penna verde.

hai quel profumo che adoro, che rimane impresso tra le pareti dell'appartamento come qui vivessi solo tu.

scrivo su queste pagine imbarcate dall'acqua del mare, dell'estate dell'anno scorso. ma l'estate con te non finisce mai, sei un'estate che non finisce mai.

e io ho sempre odiato l'estate, eppure non odio te.

mi ricorderò di non odiarti? forse per questo tento di farmi odiare da te.

chissà cosa ti vaga nella testa, se quando parlo fingi di ascoltarmi. dovresti, taehyung. dovresti sì.

ho sempre il viso di chi spende le notti tra i bar e le persone, tra musica e drink scadenti e perché non dovrei parlarne?

taehyung, vedi sempre troppo dove non c'è nulla e niente dove c'è troppo. ti parlo di libri, di poesie, dei miei occhi stanchi e dei miei studi troppo stressanti, c'è più di quanto tu voglia vedere dietro la scelta di leggere un libro e nel mio insistere a perseguire una strada che tanto dovrò abbandonare.

a volte penso sia perché ti intimorisce, piccolo e impaurito come sei. che so mi guardi, ti fai mille viaggi e chissà cosa pensi di me e ciò che faccio o dico.

che in fondo basta tu sappia che il mio cuore è il tuo appartamento. puoi bussare al centro del mio petto e sgusciarci dentro, vedere dove già abiti da troppo tempo e stravolgere tutto, persino l'arredamento. spero però quei due libri che ti consiglio da tempo li lascerai sul comodino, magari cogliendo l'occasione per addormentarti leggendo.

fare sbocciare i fiori che riempiono il terrazzo tra le costole, ricordando che il gelsomino non mi piace, e ballare come in grease sulle arterie, in cerca della stanza di me dove non entra nessuno, che ho preservato solo per te.

spero non pensi di me solo come d'uno che parla troppo e ti costringe a girare le stesse città dopo interminabili viaggi in treno ma mi guardi consapevole che sono io, il tuo appartamento dove venire a vivere.

mi diresti che leggo troppa poesia se mi sentissi dire cose simili, però è così. fuori è buio, il mondo fa spavento, ma posso proteggerti sotto il mio tetto. puoi fare ciò che vuoi, arrampicarti tra le ossa e sbirciare nel mio cervello, scoprire che persino quello ormai ti appartiene.

non lo dici, sai che faccio questi pensieri e che mille paure infondate mi perseguitano, che vorrei tenerti in me per sempre e seguirti in quel rifugio, vedere se qualcuno si accorgesse che non usciamo più.

mi guardi sempre e fai viaggi nella tua mente, e chissà cosa pensi quando le nostre mani si toccano e le tue guance arrossiscono.

mi guardi e lasci sempre che io sia, follia.

venerus, venerus, venerus.
andatevi a senti' sta canzone e leggete la poesia che è.
no, non so nemmeno io dove sto andando a parare.
lo scopriremo vivendo.

ho costruito un porto dove la città muore. taegiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora