29.

841 53 23
                                    

**nessuna prospettiva**

L'odore di chiuso premeva nell'aria e i piedi nudi sulla superficie fredda contrastavano il calore della sua pelle morbida, aveva sbattuto le scarpe con il tacco in un angolo remoto dell'ingresso di quel piccolo ufficio distaccato dal mondo, nessuno conosceva quel posto, tranne lei. Ci aveva passato molto tempo da sola, notti insonni e dolore al petto per i litigi con il suo ex fidanzato morto. Fissava insistentemente quel quadretto accanto alla scrivania che rappresentava ciò che credeva fosse amore, dopo la morte di James non ci era più tornata e guardare quella fotografia che raffigurava un momento felice passato con lui, le aveva fatto venire un groppo in gola per la prima volta dopo l'annuncio della sua scomparsa.

Anche se adesso aveva un altro problema a cui pensavo, ossia ad Harry che non si sarebbe mai fidato di lei molto probabilmente, guardare quello scatto la portava a sentire un grosso senso di colpa, l'aveva tradito, lui l'aveva picchiata, ma prima di Harry aveva una storia d'amore fantastica con James. Sua mamma le aveva sempre detto che se un uomo l'avesse fatta piangere all'inizio della relazione, l'avrebbe fatta piangere sempre.

Harry la faceva piangere.

Il loro amore era un amore che ti consuma, ti divora, ti fa entrare in una voragine senza uscita, ti sommerge e ti affoga. Era la prova più dura che le avesse riserbato la sua vita, non c'era niente di semplice, perfino i loro caratteri contrastanti non si assorbivano a vicenda, eppure qualcosa continuava ad unirli, quel qualcosa continuava a giocare con le loro anime che si rincorrevano inconsapevolmente dall'era dei tempi.

***

Intanto, sulla costa, la giovane ragazza dai capelli ricci e scuri si era preoccupata per la sorella più grande, notando quanto si fosse sentita in difficoltà con il suo fidanzato. Aveva deciso di andare a controllare se andasse tutto bene, quando Louis aveva chiuso dolcemente gli occhi, riposandosi, finalmente, dalla lunga serata. La casa del suo ipotetico cognato e, ora, di sua sorella, distava soltanto due isolati a piedi, per questo motivo, a passo lento camminava sotto i lampioni che illuminavano le strade della costa di New York. Era tardi, molto tardi, ma non si era scoraggiata quando aveva scorto la luce provenire dalla finestra che affacciava sul salone, aveva rallentato il passo quando aveva sentito della musica leggera provenire dalla stessa finestra.

Si era affacciata senza farsi vedere, vi scorse l'immagine di Harry al pianoforte, con un bicchiere di liquore sulla tastiera, mentre faceva scorrere le sue dita affusolate sulla quantità spropositata di tasti bianchi e neri. Non indossava più la giacca della cena, era senza maglietta, lei riusciva soltanto a vedere la sua schiena scoperta, non poteva, invece, distinguere che tipo di espressione avesse, ma era bastato il pezzo che stava suonando a farle capire il suo stato d'animo. Era triste, o forse turbato, ma il lamento di dolore che produceva l'armonia, era una richiesta di perdono. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma le sue mani si mossero impercettibilmente verso la tasca dei suoi pantaloni, afferrando l'oggetto elettronico e attivandone la funzione per fare un video, il display luminoso interrompeva la sua tranquillità momentanea, ma aveva già cominciato a registrare, subito dopo aver premuto il tasto rosso emettendo un breve rumore di partenza. Non conosceva il nome della sinfonia che stava suonando, ma l'aveva sicuramente sentita, forse era Beethoven o forse qualcun altro, ma era bellissima.

Dopo qualche minuto si era sentita di troppo, come se un senso di disorientamento l'avesse oppressa, lei non doveva stare lì, doveva tornare dal suo fidanzato e quindi si era incamminata per tornare a casa con la mente impegnata a ripercorrere le note di quella triste sinfonia.

The dawn of destiny. H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora