Nient'altro che la verità

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Finimmo entrambi sul letto, io sotto di lui, lui sopra di me.

Sentivo i suoi muscoli scolpiti toccare ogni singolo centimetro del mio corpo, stuzzicandomi ad andare sempre più vicino a lui e avvertivo il suo respiro a pochi centimetri dalle mie labbra.

Se uno dei due si fosse mosso, probabilmente ci saremmo baciati.

"Ho un coltello in mano, se non ti togli immediatamente da sopra di me, ti strappo la pelle e ci faccio una coperta."

Araton rise, avvicinando sempre di più la sua bocca alla mia.

"Una volta non ti dispiaceva il nostro contatto"

Fece scivolare dolcemente il suo dito sul mio fianco

"La nostra connessione"

Mi fissò intensamente negli occhi, per poi scendere e stamparmi un bacio sul collo.

Un bacio che mi fece rabbrividire.

"Il mio tocco"

Premetti il coltello sul suo petto, ritornando in me.

"Per tutti i cieli e le stelle, che diamine fai!" gridò lui, alzandosi di scatto da me.

Mi alzai anche io in piedi, stringendo la presa sul coltello, con sempre più forza.

I miei occhi erano come fiumi pieni di odio e se non avessi tenuto ben a mente le parole di Galadriel avrei finito veramente per ucciderlo.

"Perchè lo hai fatto Araton?" chiesi con un tono talmente basso da sembrare calma

"Era un ragazzino Araton, un ragazzino!" gli puntai il coltello contro, sempre a distanza di sicurezza

" E con quale coraggio mi tocchi ancora, come riesci a starmi solamente vicino dopo quello che hai fatto a Caranthir? Come?"

Araton mi fissò, uno sguardo serio, glaciale, ma al tempo stesso impassibile e freddo.

"Lasciami spiegare Rigel, perfavore."

Sbottai, lanciando le braccia in aria

"Non capisci? Niente di quello che dirai cambierà ciò che hai fatto! Hai disseppellito un bambino, Araton, un bambino! Cosa diamine ti passa in quel cervello elfico? Perchè soprattutto? Quale motivo avevi di profanare quella tomba?"

Ero un fiume in piena e non riuscivo a placare la mia rabbia. Avevo troppe domande per cui desideravo una risposta e al tempo stesso desideravo solo sdraiarmi a terra, chiudere gli occhi e sperare che lui sparisse.

La morte di mio padre e il ritorno di Araton sembravano troppo da affrontare in un solo giorno.

"L'ho fatto per te"

Quelle parole uscirono come un sussurrio, ma le mie orecchie le captarono subito e mi fecero infuriare solo di più.

Mi gettai contro di lui, mettendogli il coltello alla gola.

Eravamo ancora vicini, pochi centimetri di distanza, stavolta lui contro il muro e a separarci solo un coltello.

"E spiegami Araton, in che modo l'avresti fatto per me?"

Qualche lacrima iniziò a sgorgare dal mio volto.

Caranthir era stato una parte della mia vita che ormai giaceva lontana nella mia memoria, ma i suoi occhietti vividi, giocosi, perennemente felici, ripercorrevano sempre il flusso dei miei pensieri e non passava giorno in cui non pensassi a cosa fosse successo quel giorno, davanti alla quercia.

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