Il salone situato al piano di sopra era dipinto di un rosa tenue antico, tendente all'albicocca. Luminoso e ampio, il locale si affacciava sull'ingresso principale dell'abitazione e appariva ancora più arioso per via del terrazzo di cui era dotato, dal quale spesso Sveva con Francesca accoglievano con risate e gridolini gioiosi il ritorno di Marco a casa. Un sofà francese del secolo XVIII, ricoperto con tappezzeria Aubusson, spiccava vicino a una parete. Tutt'intorno tavolini di diversa altezza, arricchiti da lumi e argenteria Sheffield. L'ambiente era estremamente curato e raffinato e il calore dato dal parquet massello di prima scelta lo rendeva molto elegante. La resa estetica della posa, a spina di pesce, appariva più suggestiva grazie all'essenza calda del rovere.
Betta era seduta sul sofà, intenta a smaltarsi le unghie. In attesa di Sveva, aveva letto una rivista di moda, finendo poi per ritoccarsi le mani. Sveva, non vedendola in cucina, l'aveva raggiunta al piano di sopra, trovandola intenta a contemplare la sua opera.
«Ma allora sei qui?» le disse, ancora avvolta nel suo soffice accappatoio.
«Ho trovato delle tue prescrizioni mediche per terra nel bagno. Sei sempre la solita distratta; non cambierai mai», le rispose l'amica facendole l'occhiolino e posando le carte sul tavolo.
«Ma lo sono perché so di poter contare sul tuo appoggio. Altrimenti chi mi coccolerebbe? Almeno, così facendo, c'è sempre qualcuno che si occupa di me.»
«Certo, come no?» ribatté di tutto punto l'amica.
«Ti ringrazio per la fiducia, ma a stento riesco a badare a me stessa... Ti converrà riporre le tue speranze su qualcun altro», aggiunse ancora. Ma, nel proferire quelle parole, non potè fare a meno di notare un velo di tristezza nello sguardo della donna.
«Ma è tutto ok? Posso stare tranquilla?», osò chiederle, pur sapendo quanto Betta fosse poco incline a parlare dei suoi problemi.«Certo, certo», cercò di sviare.
«Piuttosto dimmi di te. Mi sembri molto serena. È l'effetto della doccia o hai qualcosa da dirmi?»
«Marco mi ha scritto di Francesca. Ha parlato con i medici che sono sempre più ottimisti. Ancora qualche percettibile miglioramento. Lui le ha fatto delle domande chiedendole di aprire le mani e lei ha eseguito. Forse un semplice movimento involontario a cui non dovrebbe essere dato alcun peso, forse una semplice coincidenza ma in questo momento voglio crederci davvero. Che sia la volta giusta, che non sia un sogno. Non vedo l'ora di vederla domani.»
«Oh tesoro, vieni qui», le chiese spalancandole le braccia.
«Andrà tutto bene, te lo meriti», continuò ancora la riccia.
Le due donne non avrebbero potuto essere più diverse nel fisico e nello spirito: l'una, Betta, dai lineamenti così dolci e armoniosi, gli zigomi pronunciati e i capelli dai grandi boccoli d'oro, l'altra più spigolosa, gli occhi lunghi e tirati, la pelle diafana, i capelli mossi e setosi. Eppure, nonostante le differenze caratteriali ed estetiche, c'era un sottile filo che le univa: l'altruismo e la bontà d'animo.
Sveva si avvolse meglio nel morbido accappatoio, sentendosi in bilico tra il desiderio di esplodere di gioia e il pensiero di Benedetto. Quel ragazzo le era entrato dentro. Ben comprendeva l'atteggiamento dell'amica e il suo volerla proteggere, dissuadendola dal cacciarsi in altri episodi spiacevoli. Ben capiva le sue buone intenzioni, ciononostante non poteva evitare di pensare a Benedetto.
Quella sua tristezza la tormentava: quello sguardo lo conosceva, lo aveva già visto da qualche parte e quel dolore lo aveva già vissuto, forse in un'altra vita, in un'altra dimensione. Probabilmente stava soltanto delirando, tuttavia quel sogno le era sembrato così reale.
Stava perdendo il senno?
Staccatasi dall'amica, senza accorgersene, si portò verso la terrazza. La balaustra in cemento bianco riportava ancora i segni lasciati da Francesca. Li ripercorse con l'indice, accarezzandoli dolcemente.
«Cosa c'è che non va, cara. Stai ancora pensando a quel ragazzo? Non è un tuo problema, sai? Dovresti non pensarci.»«E invece sì, lo è», stabilì di getto guardandola negli occhi.
Betta capì che non avrebbe potuto contraddirla ancora, né sarebbe stato opportuno criticarla come già aveva fatto qualche ora prima... Sveva era una donna ragionevole, ma quando si metteva in testa una cosa era impossibile intralciarla.D'altro canto non era stupida e avrebbe intuito il tentativo dell'amica di distrarla da quel ragazzo. Così decise di non osteggiarla, non di nuovo. Visibilmente a disagio, riuscì a stento a sostenere lo sguardo della donna. Successivamente, recuperata la documentazione persa, la ripose distrattamente nella borsa, quando a un certo punto le capitó tra le mani il biglietto di Rashad. Come aveva potuto non arrivarci? Chi meglio di lui sarebbe stato in grado di aiutare Benedetto?
Non ci pensò un attimo.
«Perché non porti Benedetto da Rashad?» terminò tutto d'un fiato, senza tentennamenti.
«Benedetto da Rashad? Quale Rashad? Quel Rashad?» chiese Sveva spalancando gli occhi.
Era ammutolita: non credeva alle sue orecchie.
Come poteva soltanto lontanamente l'amica avanzare una simile proposta?«È fuori discussione e non vedo perché dovrei portare quel ragazzo da lui, ammesso che io ne abbia le facoltà.»
«Perché è il migliore sulla piazza di Parma, perché tu ci tieni a Benedetto, perché conosci la suora e quando vuoi sai essere molto convincente e perché è la cosa più sensata da fare se vuoi aiutare quel ragazzo. Ti basta o devo continuare?»
Messa in quel modo la faccenda aveva un senso: come poteva biasimare l'amica?
D'altronde quello che più le premeva era la salute del ragazzo e a rigor di logica, per il suo bene, avrebbe dovuto mettere da parte ogni rancore, ogni sentimento personale verso quell'uomo se davvero voleva aiutare Benedetto.Era quella la cosa più giusta da fare, la strada da seguire. Ciononostante l'idea di rivolgersi a Rashad non le era congeniale. L'idea di trovarsi davanti a lui, di dover ammettere di avere bisogno di lui le sembrava non solo strano ma imbarazzante: non dopo quello che era successo, non dopo l'ultima volta, quando lo aveva completamente abbandonato per inseguire Marco. Giá immaginava i suoi commenti...
Eppure a pensarci bene, era stato carino a salutarla dinanzi alla casa dei genitori.
Forse era lei che si stava facendo troppi problemi?
Ripensò alle sue ultime parole: "Quando facciamo un dono, le nostre energie diventano positive e quella stessa energia ci tornerà indietro".Era arrivato il momento che Rashad si sdebitasse con lei?
Era quello che voleva dire?
Perplessa, guardò l'amica, incapace ancora di darle una risposta.
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L'incertezza di Sveva.
RomanceA volte la vita ci mette a dura prova e le persone su cui contiamo, i fondamenti della nostra esistenza, possono venire meno inaspettatamente. È quello che è accaduto a Sveva. Questa è la storia di una coppia perfetta, Sveva e Marco, di una famiglia...