Ho commesso un omicidio.
L'ho fatto, ho commesso un omicidio, non sono sicuro sul numero di vittime, forse una, forse dieci, o mille, sì, mille vittime sono molto più probabili.Dal primo momento io ne ero sicuro, io ero sicuro delle mie scelte: avevo in mente l'arma, avevo in testa vittime, il vibrato delle loro voci mi accarezzava l'epidermide, si insinuava nelle arterie, arrivava dritto alla mente.
L'auto è come l'ho lasciata, anonima, nella parte centrale è montata una radio, anonima, sotto c'è un qualche scompartimento per poggiare su il cellulare, i documenti, uno è estraibile, dentro si trova l'accendisigari, tutto anonimo tranne l'accendisigari. Questo era smontato, strappato via dal suo alloggio, era stato posato subito di fianco, il foro da questo lasciato mostrava delle insenature pronte ad ospitare qualsiasi aggeggio elettronico, proprio lì infatti alloggiava la mia arma.
L'arma è piccola, modesta, in plastica lucida, c'è un piccolo schermo e su di questo appaiono dei numeri elettronici blu: 107.5.
Mh, 107.5.Il portafogli va al solito nell'alloggio sotto il freno a mano, il cellulare poco avanti, mi siedo al posto di guida, mi metto comodo, con un movimento cieco e sicuro afferro la cintura, click, la aggancio.
Tentenno. Adesso che faccio, li ammazzo, no, se li lascio loro non vivranno a lungo, no, li ammazzo.
Cellulare. Impostazioni. Bluetooth. Connessione. Ero pronto ad aprire il fuoco, apro Spotify, mi fermo, rifletto, tentenno, blocco il cellulare, lo ripongo nel suo scompartimento. Freno a mano, prima, parto.
Mani sul volante, un dito picchietta, un altro le segue, in poco tempo entrambe battono sul volante a ritmo, un ritmo sordo, senza tempo, senza stile, è una melodia inesistente: è una perfetta colonna sonora per i futuri defunti.
Come un gruppo di felini loro sono nascosti, impercettibili e silenziosi, sanno quando devono farsi vivi, lo sanno e ti avvisano. Un respiro corto, due respiri corti, una sensazione di pericoloso e insidioso tepore al petto di fa vivo, eccoli, sono loro, puntuali, immancabili, è l'avviso. I felini diventano leoni, il loro habitat è la tua mente, la loro fame è la tua paura, la loro preda è la tua tranquillità.
Prima, seconda, terza, rallenta, seconda, curva, acceleratore, terza.
CAZZO!
Porto l'indice all'arma, premo il grilletto, Play, è il caos. Una canzone viene riprodotta alla radio, bene, adesso farà effetto, adesso vanno via, è il caos più totale, i tuoi timpani captano le onde sonore della tua canzone, la tua mente li elabora, ma elabora anche Loro, sono nella tua corteccia prefrontale, si districano tra i tuoi ricordi, si destreggiano tra le tue incertezze, evitano le onde onde sonore, alcuni cadono, altri sopravvivono.Serve della potenza. Mano destra sul pomello della radio, movimento orario, aumenta la potenza, aumenta il volume, le tue mani cercano di andare a ritmo, la tua mente cerca di discernere i mille stimoli, quelli della canzone, e quelli Loro. Acceleratore, acceleratore, ne fai fuori un bel po', la tua mente sente le vibrazioni del motore, ti focalizzi sulla strada, altre vittime, stai attento a non sforare i giri, ancora morti, colpo finale, mano sul pomello, altro giro, la musica è assordante ma ti prende, ti prende il ritmo, funziona, canticchi, va meglio, loro vanno via, sembrano meno potenti, sono in ritirata, è stata una cazzo di strage, sì una strage, adesso la tua mente è impegnata nella musica, in quella canzone che tu odi, ma di cui provi una passione smodata, la stessa che ha un soldato verso la sua arma, verso ogni singolo lucente proiettile.
Li hai fatti fuori, hai vinto la battaglia, acceleratore, marcia, musica assordante, per loro resta poco spazio, uno spazio che colmeranno, uno spazio che si riprenderanno nella calma della tua distesa a letto.
Non li hai ammazzati, ma questo, tu, fai finta di non saperlo, acceleratore, quinta.