God knows I love you

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30/09/21

|HARRY'S POV|

Era domenica, e avevo terribilmente paura di quello che sarebbe potuto succedere, ma mi convinsi del fatto che fossero solo mie paranoie, o almeno lo speravo.

Saltai la colazione, decisi di fare una camminata nel giardino dell'istituto, pensando di respirare e pensare meglio, ma sarei stato davvero solo?

Feci affondare i miei piedi nel prato morbido e luccicante a causa della rugiada, la leggera e fresca brezza passava tra i miei capelli, sembrava tutto così tranquillo e spensierato, già, sembrava.

Feci qualche metro ancora a testa bassa prima di scontrarmi contro qualcosa, o meglio, qualcuno. L'ultimo qualcuno che avrei voluto incontrare: Jonathan.

Non ebbi il tempo di scusarmi, per aver prestato poca attenzione ed essergli finito addosso, che lui cominciò ad usare le mani.

I suoi occhi erano spaventosi: scuri, quasi neri, il fuoco all'interno mi dimostrava che sarebbe successo qualcosa.

Se solo avessi saputo di dover scappare.

"Styles, Styles" disse alzando le palpebre in modo da far apparire meglio le sue pupille,si ingradivano,e subito dopo si rimpicciolivano, seguendo una sorta di sequenza.

"Seguimi" lo feci, ma quando mi accorsi di quanto fosse sbagliato quel mio gesto, fu troppo tardi, davvero troppo tardi.

Arrivati davanti alla porta di una stanza, la quale, nessuno mai apriva, se non in rari casi, mi ci spinse dentro, per poi entrare anche lui stesso, dopodichè chiuse la porta a chiave.

Il suono della chiave mi fece rabbrividire, non avevo più una via di scampo, inoltre, la sua figura imponente era piazzata proprio davanti a me.

"Oh Harry, sei finito in trappola" mi disse per poi seguire con una risata, essa era piena di cattiveria, piena di rabbia repressa, si doveva sfogare su qualcuno, e lo stava facendo.

La parola trappola mi incuteva parecchio terrore, era la perfetta di definizione di essere prigioniero, di non avere nessuna possibilità di trovare una possibile via di scampo.

Ero suo prigioniero molto tempo prima di essere finito nella sua trappola, ma non ne ero a conoscenza.

"Jonathan fammi uscire di qua" non fui per niente convincente, la verità era che, se solo il mio corpo me lo avesse permesso, sarei scoppiato a piangere, proprio lì, in quello sgabuzzino che puzzava di muffa.

Diedi una rapidissima occhiata al posto in cui ero stato rinchiuso, puzzava ed era principalmente buio, se non fosse stato per una piccola lampadina piantata nella parete destra.

Sentii il mio fragile e magro corpo schiantarsi contro il muro situato alle mie spalle.

Le sue mani toccarono porzioni del mio corpo, mi sentivo più sporco ad ogni istante.

Provai a scrollarmelo di dosso ma lui replicò con un pugno dritto sulla mia costola sinistra, la sentii rimbalzare al mio interno.

Le sue mani non smettevano di viaggiare su di me, non trovavo il coraggio di muovermi, ero come pietrificato.

Provò a baciarmi ma lo respinsi, a quel punto, vidi le sue iridi scurirsi sempre di più.

Il suo gioco andava a discapito mio: ogni sua mossa proibita si traslava in qualcosa di ancora peggio, era come essere nel bel mezzo di una partita di poker con dieci fucili puntati alla testa.

Dovevo saper agire e adeguarmi alla situazione, questo è quello che avrei fatto se in quel momento la mia mente fosse stata sufficientemente lucida.

Ma la mia mente in quel momento era tutt'altro che lucida, era intorpidita, sporca, come una vecchia cantina: aveva bisogno di una ripulita.

Le sue mani smisero di muoversi, si fermarono: pensai avesse finito.

Se solo avessi saputo che nulla era ancora incominciato.

Ritentò per una seconda volta di appoggiare le sue labbra sulle mie, ma lo rifiutai nuovamente: non potevo tradire Lou.

Le sue mani si posarono sui miei pantaloni, non riuscivo a muovermi, probabilmente, non realizzavo, una cosa del genere non poteva essere reale.

Cominciai a piangere, i singhiozzi cominciarono, ripetutamente, ad uscire dalle mie labbra.

Mi aveva trascinato i pantaloni fino alle caviglie, e replicò lo stesso gesto con i suoi.

Stavo per vomitare, in quel momento mi sentivo come impotente, e lo ero: non riuscivo a muovermi.

Il suo bacino cominciò a scontrarsi contro il mio, lo fece più e più volte, mi sentivo uno schifo.

I miei singhiozzi aumentavano di intensità ogni secondo, mi sentivo morire, e forse in quel momento, desideravo solo quello.

Sentii un colpo più forte degli altri e Jonathan si contorse in uno sguardo di piacere, abbassai lo sguardo e vidi i suoi boxer zuppi.

Avrei potuto vomitare a quella visione, fino a quando, non sentimmo qualcuno bussare alla porta.

"Jonathan apri questa cazzo di porta, ti conviene correre perchè appena ti vedo ti ammazzo!" La voce era quella di Zayn, non seppi come fece a trovarci, ma gli fui estremamente grato.

Jonathan corse fuori, Zayn ci avrebbe pensato dopo a lui, ma adesso si concentrò su di me.

I singhiozzi non si fermavano, anzi, la velocità e la forza con cui si infiltravano nella mia trachea erano impressionanti.

Zayn mi trovò letteralmente in mutande e in lacrime, non seppi cosa avesse pensato, ne come il suo cervello decise di agire.

Mi abbracciò per un tempo indefinito, il quale , mi sembrò infinito.

Mi fece rivestire e mi portò da lui.

Camminai per i corridoi, con gli sguardi delle persone che bruciavano sulla mia pelle.

Appena aprimmo la porta della camera di Louis, sgranò gli occhi, rimase per qualche secondo immobile, fino a quando non mi prese tra le sue braccia.

Si sedette con me sul letto.

Volevo urlare, volevo morire, volevo sparire, la vedevo come l'unica via d'uscita da quel dolore atroce.

Louis si pose come primo obbiettivo quello di farmi calmare, per poi farsi spiegare con più calma quello che era successo.

Riuscii, come sempre, a calmarmi, ma avrei avuto sicuramente più difficoltà a parlare rispetto al solito.

"Zayn, che cazzo è appena successo?" Chiese cullandomi tra le sue braccia e lasciandomi qualche bacio tra i miei capelli ricci.

"Non lo so, non sono certo neanche di volerlo sapere. Ho aperto lo sgabuzzino, ho riconosciuto i suoi singhiozzi. Era schiacciato da Jonathan, credo lo abbia obbligato a fare qualcosa "

"Piccolo, te la senti di raccontarmi cosa è successo?" Mi chiese con finta calma.

"Mi ha spinto in uno sgabuzzino, ha fatto tutto lui. Ha cominciato a strusciarsi su di me. Ho provato a fermarlo, ma mi ha schiacciato contro il muro"

Le lacrime salate cominciarono a scorrere, nuovamente, sulle mie guance.

Mi strinse maggiormente a lui e io nascosi la testa contro il suo petto, mentre le sue sottili braccia continuavano ad ondeggiare per farmi rilassare.

Prima di addormentarmi definitivamente, percepii le braccia di Louis adagiarmi sul mio letto, per poi, coprirmi con il soffice piumone.

"Solo Dio sa quanto ti amo" sussurrò prima di lasciarmi un ultimo bacio sulla fronte.





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