Erano le quattro di notte e io dormivo beatamente nel mio caldo letto nella mia casa a due piani quando sentii dei rumori provenienti dal piano di sotto.
"Ancora?" pensai mentre mi infilavo le pantofole che avevo sistemato sotto il letto.
Uscii dalla stanza: "già ancora..." pensai di nuovo. Era mio padre, Rafael McCall, uno stimato agente dell'FBI, che saliva le scale di casa barcollando ubriaco.
Mi avvicinai a lui e avvolsi il suo braccio dietro al mio collo per aiutarlo a camminare verso la sua camera da letto.«Che ci fai ancora sveglia? Ti avevo detto di addormentarti presto! Io sono tuo padre e tu dovresti fare come ti dico!» urlava mentre cercava di liberarsi dalla mia presa.
«Ma papà sto solo provando ad aiutarti!»
«Non ho bisogno del tuo aiuto, levati di dosso e và a dormire!» mentre mi allontanò però mi spinse troppo forte e caddi all'indietro, rotolando per tutta la rampa di scale.
Sentii un forte dolore alla testa, e non sentivo più le gambe, poi mi resi conto che il collo mi faceva talmente male che mi sembrava spezzato ma fortunatamente era solo una mia impressione.Mio padre ubriaco non sapeva cosa fare, e io rimasi per cinque minuti immobile lì a terra addolorata.
Lui non riusciva ad aiutarmi e io non riuscivo a muovermi.
Poi però, acquisita la forza nelle braccia, iniziai a strisciare verso il telefono di casa e selezionai 118.«Pronto»
«Pronto? È l'ospedale giusto? Sono caduta per le scale, non mi sento più le gambe e ho un forte dolore alla testa e al collo»
«Mandiamo subito un'autoambulanza, mi dia l'indirizzo»Quando finii di parlare con l'infermiera mio padre si gettò ai miei piedi.
«T/n io ti voglio bene, non volevo farti cadere!»
«È tutto okay papà, ora va a farti una doccia fredda e riprenditi prima che venga l'autoambulanza a prendermi» gli risposi accompagnandolo fuori al bagno.
Dieci minuti dopo bussarono alla porta e mio padre, fingendosi sobrio, la aprì.
I dottori entrarono con una barella, mi sollevarono e mi stesero lì sopra.
Casa mia era vicina all'ospedale quindi pochi minuti dopo arrivammo.
Mi fecero entrare in sala e all'improvviso quattro o cinque dottori mi accerchiarono.
Mi infilarono una siringa nel braccio e in men che non si dica, oltre a non sentire più le gambe non sentivo più niente, e qualche secondo dopo i miei occhi si chiusero.Quando mi svegliai ci misi un po' per realizzare tutto ciò che era successo. Mi alzai dal lettino e mi avvicinai allo specchio che notai infondo alla stanza.
Avevo una cicatrice sulla fronte, come segno di una ferita chiusa, fortunatamente non molto profonda. Provavo fatica a camminare ma non era una cosa grave, mi sarebbe passata da un giorno all'altro.
Il collo non mi faceva più male quindi mi sentii sollevata.Spalancarono la porta.
Entrarono un infermiere e una donna alta, vestita con pantalone elegante, camicia e giacca. Al viso portava degli occhiali da vista e ai piedi un tacco chiuso. Aveva un aspetto molto serio e mi guardò come per studiarmi.«Ciao t/n McCall, io sono la dottoressa Monica Ramirez e sono qui per farti qualche domanda» io annuì come per acconsentire.
«Bene allora, come è successo?»
«Cosa?» chiesi stupidamente.
«Come sei ti sei fatta male?»
«L'ho già detto, sono caduta per le scale» risposi brusca.
«Oppure sei stata spinta?» mi chiese e mi osservò attentamente per capire se mentissi.
«No, sono inciampata» risposi decisa.
«E tuo padre che faceva nel frattempo?»
«Non lo so, so solo che quando sono caduta non era con me, ero sola. Ero andata a prendere qualcosa da mangiare durante la notte ma era buio ed ero assonnata quindi sono scivolata» spiegai.
«Va bene...ma ricorda che sei ancora minorenne. Per qualsiasi problema con tuo padre faresti meglio a rivolgerti a me»
«Nessun problema» le sorrisi per rassicurarla. Infatti lei si alzò e, accompagnata dall'infermiere, uscì dalla stanza.
Non volli dire nulla alla dottoressa perché volevo bene a mio padre nonostante tutto, ma non me ne sarei stata più con le mani in mano. Erano ormai anni che si ubriacava ogni giorno e io dovevo sopportarlo.
Erano anche anni che non mi lasciava vedere mia madre e mio fratello gemello, li avevo solo sentiti per telefono ma mio padre non gli permetteva di avvicinarsi alla nostra casa. Da quando avevano divorziato lui aveva paura di loro, del loro giudizio, e si vergognava per aver fatto cadere Scott dalle scale quando era ubriaco. Ed era a quel punto successo anche con me, non riuscivo nemmeno ad immaginare come si sentisse in quel momento e come si sarebbe sentito dopo che gli avrei rivelato la mia decisione: mi sarei trasferita con mia mamma a Beacon Hills.Spazio autrice:
Ecco a voi la mia nuova storia, questa volta con Isaac Lahey. Spero che vi piaccia <3

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Ritorno a Beacon Hills >> Isaac Lahey
WerewolfLa protagonista è la sorella di Scott McCall, vive però con il padre da quando i genitori hanno divorziato e non ha più visto né sua mamma né suo fratello gemello. Un ennesimo brutto risveglio però la porterà a prendere una decisione: tornerà a Beac...