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Abitavo in un condominio, appartamenti uno sopra l'altro che ospitavano parecchie famiglie.
Donne che scendevano per avvicinarsi al mercato più vicino accompagnate dai loro mariti e piccoli bambini con la manina stretta tra la loro, ragazzi che frenetici percorrevano il corridoio per poter raggiungere il più in fretta possibile la fidanzata o l'amico con la macchina.
Quel condomino raggiungeva  il picco della sua vivacità intorno mezzogiorno.
Io abitavo al primo piano, si può dire di me che sono un ragazzo solitario, ostile e il più delle volte mi mantengo sulle mie, saluto cordialmente i miei vicini ma tendo a non spingermi troppo oltre.
Non mi si può mai vedere in giro la mattina o il tardo pomeriggio, prediligo le ore notturne quando per strada oramai trovi solo macchine ingombre da ragazzi persi nelle loro sbronze.
Quella notte, all'incirca mezzanotte e mezzo, decisi di fumare una sigaretta fuori dal portone; erano i primi di agosto, l'aria era calda ma piacevole, vivevo da solo, perciò tutte le condizioni mi erano favorevoli.
L'atrio era buio, solo qualche tenue bagliore proveniva da una porte di fronte, segnale che chi ci vivesse dentro fosse un notturno, come me.
Aprii il portone cigolante, scesi qualche gradino e mi ci adagiai piano.
Una brezza leggera mi accarezzava il volto, un lampione più avanti tremolava fino a spegnersi, la strada ora era buia per metà.
Presi la seconda boccata di nicotina dalla mia sigaretta quando improvvisamente una forte luce mi colpì dall'interno.
Mi voltai confuso, prestando attenzione a ciò che era successo:  le scale che portavano alla cantinola si erano improvvisamente illuminate.
Calpestai sotto al piede il mozzicone di sigaretta ed entrai per vedere.
«C'è qualcuno?»
Bisbigliai cauto, timoroso che qualcuno sia potuto scendere di sotto per affari prettamente personali.
Silenzio.
Nessuna risposta alla mia domanda, gli unici rumori erano quelli di una TV con un volume un po' troppo alto dalla casa accanto.
Mi feci coraggio, oramai devastato da un'ansia irrazionale  e mi accinsi a raggiungere le scale che portavano al piano sottostante.
Cauto scesi i primi gradini, il silenzio continuava a padroneggiare nella tromba delle scale, un gradino dopo l'altro e arrivo quasi alla fine, solo un'ultima rampa e avrei raggiunto lo scantinato.
Improvvisamente la luce si spegne e ciò che si para dinanzi ai miei occhi increduli me lo porterò impresso nella testa per tutta la mia vita: un uomo alto, un lungo cappotto classico, nonostante fuori ci fossero 30° gradi, a fasciare la possente corporatura.
Voltò il capo nella mia direzione, i miei occhi si erano abituati all'oscurità e potei intravedere un sorriso inumano sul volto di questo essere, fermo dinanzi alla porta di un appartamento abbandonato.
Un sudore freddo prese a colarmi sulla fronte, il sangue nelle vene smise di scorrere, la bocca impastata non riusciva ad emettere un grido e le viscere nello stomaco si stavano contorcendo fino alla nausea.
Ebbi la forza di premere il pulsante d'accensione della luce condominiale solo quando vidi la presenza farsi più vicina, nell'esatto momento in cui tutto il palazzo sì illuminò a giorno, quella figura scomparì come se non ci fosse mai stata.
Tornai di sopra, le gambe molli e gli occhi spalancati su un terrore vivo, mi chiusi in casa, mi barricai nella mia stanza e successivamente provai a prendere sonno.
Ci riuscì...
Venni svegliato la mattina seguente da un forte sole, un'altra giornata estiva mi dava il buongiorno.
Mi alzai assonnato, affamato raggiunsi la cucina afferrando qualche biscotto e mettendo su del caffè.
Accesi la televisione su un canale qualsiasi dove spesso trasmettevano telegiornali.
Un pezzetto della mia colazione mi andò di traverso, un'immagine e una didascalia mi fecero mancare il fiato per qualche minuto.
«Arrestato da un infarto questa notte, uomo trovato sul ciglio di una strada.»
“Quel cappotto avrei potuto riconoscerlo tra mille...”

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 04, 2021 ⏰

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Quella luce infondo alla scalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora