I'll reach the sky

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Il mio nome è Kirigaya Kazuto e, esattamente 47 secondi fa, sono morto.

No, in realtà non è che io sia morto veramente, ma qualcosa in me è come se lo fosse…

 Ho vissuto per due anni all'interno di un mondo virtuale fin troppo reale, in cui il game over di qualcuno corrispondeva alla sua stessa morte, e persino in un gioco sicuro come quello di Alfheim non riesco a dimenticare la sensazione che la mia vita, o quella di chi è al mio fianco, possa finire da un momento all'altro.

Fra meno di dieci minuti, il mio corpo si rigenererà completamente, i miei HP saranno di nuovo al massimo, ed io sarò pronto per lanciarmi ancora una volta in un attacco suicida verso il cielo. Ma in fondo, cos'altro potrei fare? Tra cinque giorni, la mia unica ragione di vita andrà perduta per sempre, a meno che io non riesca a fare l'impossibile ancora una volta: in SAO me la sono vista portare via da davanti agli occhi quando sembrava che la nostra felicità avrebbe potuto essere completa, e nel mondo reale tutto ciò che posso fare è stringere la fredda mano di un corpo addormentato, mentre qualcuno la allontana da me ancora una volta, portandola in un luogo in cui non potrò mai raggiungerla.

Ma se perdessi lei, finirei per perdere me stesso.

Sono sempre stato solo.

Per molto tempo, ho creduto che non avrei mai avuto nessuno al mio fianco.

Ho creduto che nessuno avrebbe accettato di accostarsi ad una persona come me.

Sono stato per molto tempo un lupo solitario: non avevo bisogno di niente e di nessuno, rifiutavo chiunque, persino le persone che si erano prese cura di me ed io per dieci anni avevo chiamato la mia famiglia. Non ero uno sciocco neppure allora, e anche se riuscivo a malapena ad arrivare allo schermo di un computer, e a tenere in mano un mouse, non ci avevo messo molto, giusto il tempo di imparare le basi dell'hacking, per scoprire la verità sui miei genitori. Amavo profondamente gli zii e Suguha, ma il mio sangue non era il loro, ed egoisticamente non potevo sopportare che fossero loro a decidere della mia vita. Per questo abbandonai il kendo, e decisi che da quel momento avrei fatto di testa mia: da quel momento la mia vita sarebbero stati i computer, e la tecnologia.

In questo, non lo nego, ero superiore a chiunque altro: a dodici anni, sono stato scelto per essere uno dei mille beta tester del gioco che avrebbe rivoluzionato il mondo in un tempo futuro.

E avrebbe rivoluzionato per sempre la mia vita…

SAO è stato la mia rovina, ma anche la mia salvezza. Senza quel gioco, non sarei mai giunto così lontano da rendere il punto di partenza della mia vita un mero puntino nero sulla linea dell'orizzonte.

Ho perso molto di ciò che possedevo prima, ma in cambio ho ottenuto la cosa più importante.

Asuna dice sempre che io sono stato la sua ancora di salvezza, che senza di me avrebbe perso se stessa già dopo meno di un anno, ma la verità era che sono io ad essere stato salvato da lei, e non solo perché ha fermato l'ultimo attacco di Kuradeel o perché si è frapposta fra il mio corpo e la spada di Heathcliff…

Lei mi ha salvato in tutti i modi in cui una persona può essere salvata: mi ha donato la sua vita, questo sì, ma anche il suo amore, la sua fiducia, ed il sentirsi parte di una famiglia.

Lei e Yui sono la mia famiglia, ed è per questo che ora sto combattendo: perché quei giorni che abbiamo passato insieme ad Aincrad possano diventare il nostro futuro nel mondo reale. C'era molto più di una semplice richiesta di unire i nostri inventari, quella notte quando le ho chiesto di sposarmi. Non ho mai inteso il matrimonio, persino all'interno di un videogioco, come qualcosa di puramente in-game: quando le ho posto quella domanda, intendevo farlo veramente. Ho solo sedici anni, ma so di aver già trovato la persona con cui voglio passare la mia vita…

(Sword Art Online) I'll reach the skyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora