Paralisi

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| Rating: Verde; Genere: Hurt/Comfort; Note: SPOILER! What if?; Altro: la guerra è da poco finita/Levi è in riabilitazione dopo il suo infortunio/Petra è sopravvissuta all'attacco del gigante femmina, ma costretta sulla sedia a rotelle |


In cui entrambi sono malridotti, ma vivi.

Paralisi quasi totale delle gambe: era quella la diagnosi definitiva, nulla di più e nulla di meno. Perdita permanente della capacità di muovere gli arti inferiori. In altre parole, fine dei giochi. Non c'era nulla da dire, nessun modo in cui lui avrebbe dovuto "prenderla". L'aveva semplicemente presa nel culo, come spesso gli era accaduto nella vita.

Passava le giornate steso su una branda, aspettando che le ferite guarissero o che qualcuno, chiunque, decidesse di metter fine una volta per tutte alla sua vita. Una vita di merda, che a quanto pare sembrava non aver ancora finito con lui.

Era mattina inoltrata, non sapeva bene di quale giorno, quando due colpi alla porta l'avevano strappato alla sua insonnia, puntuali come sempre. Levi si era limitato a pronunciare un inutile "Avanti", senza spostare lo sguardo verso la figura minuta che aveva varcato la soglia.

"Buongiorno, Capitano".

Il cigolio di una sedia a rotelle, due tazze che sbattevano.
Petra era cambiata in quegli anni, complice la guerra che l'aveva costretta a crescere prima del previsto. Il viso era maturato, rendendola più adulta e meno bambina. I capelli chiari, ormai lunghi qualche dito sotto le spalle, le incorniciavano il volto con dolcezza e le guance avevano perso il grasso in eccesso. Due cose, tuttavia, erano rimaste le stesse: il sorriso e gli occhi, che lo guardavano grandi e vividi.

"Come si sente?"

Levi aveva passato la lingua sui punti che gli cucivano parte delle labbra. Non aveva dormito per tutta la notte, come succedeva abitualmente del resto, non sentiva più le gambe da un po' e l'occhio gli tirava in modo atroce. Come cazzo vuoi che stia?, avrebbe voluto sputare. Tuttavia, non lo fece.

"Ho sete", le aveva detto con voce impastata. Parlare non gli risultava ancora facile.

"Le ho portato il suo tè".

Quelle parole davano a Levi uno strano senso di quiete e stabilità: gli ricordavano tempi in cui il mondo era più piccolo, più persone erano vive ed entrambi si reggevano sulle proprie gambe senza sforzo.

La donna aveva posizionato sul comodino il vassoio che teneva poggiato alle gambe. Poi, come da prassi, lui aveva piantato i gomiti sul materasso e fatto leva per mettersi seduto. S'era sporto con la mano buona verso la tazzina e lei gli aveva versato la bevanda. Nonostante tutto, le loro prese erano ancora salde e ferme.

Dopo aver posato nuovamente la teiera sul ripiano, Petra si era diretta verso le finestre e, sporgendosi appena per arrivare alla maniglia, aveva spalancato le imposte. "Oggi è una bella giornata".

Lo diceva tutte le mattine e Levi si chiedeva sempre come facesse ad asserirlo con tanta leggerezza.

Petra era confinata su una sedia a rotelle da ormai quattro lunghi anni. Era stata costretta ad abbandonare il campo di battaglia e a restare dietro le quinte, a Paradise, durante l'intera durata della guerra. Aveva perso gran parte dei suoi affetti: la sua squadra, i suoi compagni, la sua famiglia. Eppure, tutti i giorni si alzava – metaforicamente, ovvio – dal letto e gli portava il suo fottutissimo tè, come se nulla fosse.

Guardando il sole giocare con i suoi capelli dorati, Levi s'era chiesto chi tra di loro fosse davvero il più forte. E mentre Petra gli porgeva la mano per farsi restituire la tazzina, si era domandato quanto tempo ci sarebbe voluto ancora prima che riuscisse ad afferrare quelle dita per farsi trascinare nella luce.




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