CAPITOLO 10

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Il giorno dopo andai a casa sua, volevo vederlo e sentire la sua voce, niente è più doloroso di una persona che non puoi avere, cercai di alleviare il mio dolore andandolo a cercare, vidi Jared chiudere a chiave la porta di casa

-hey, Jared, dove vai? - si voltò a guardarmi, stava piangendo o aveva pianto, corsi da lui e lo abbracciai forte

-che ti è successo? - si staccò per guardarmi e mi preoccupai parecchio

-non lo sai? Julian è...è...- cosa c'entrava Julian con le sue lacrime?

-Julian è cosa? Jared ti prego! - il mio cuore cominciò ad accelerare all'improvviso, cosa li era successo? Dovevo saperlo!

-è in ospedale per la solita cosa, ma è più grave ora! - ospedale?

-cos'è la solita cosa? - stavo piangendo anche io, ospedale... c'era qualcosa della vita di Julian che non sapevo e che avevo il diritto di sapere

-non lo sai... non te l'ha mai detto?! - si passò una mano nei capelli biondi

-lui è malato Savannah, da quando è piccolo ha una qualche malattia al cuore grave e dannosa, spesso è andato in ospedale ma oggi sembra davvero gravissimo- il mio cuore decelerò fino a fermarsi.

È malato.

Julian è malato.

Ecco perché non gioca mai a football per tanto tempo, ecco perché era sparito per addirittura una settimana ed ecco perché non poteva diventare un giocatore di football professionista, era malato

-è...è colpa mia! - ormai stavo gridando dalla disperazione, mi sedetti sul gradino del portico e Jared mi imitò

-non hai fatto nulla di sbagliato, bocconcino, sei stata una delle poche a non mentirgli- mi appoggiai alla sua spalla continuando a singhiozzare

-si invece che è colpa mia, non avrei dovuto avvicinarmi a lui, avrei dovuto dimenticarlo, sapevo che era così ma poi i miei occhi hanno incrociato i suoi e vaffanculo non ho c'ho capito più un cazzo, mi hanno invaso i pensieri-

-se non riesci a toglierti qualcuno dalla testa forse è lì per una buona ragione- Jared aveva ragione, prima di Julian ero diversa, meno felice, meno me

-stavo andando da lui, vieni con me? - annuì e in circa venti minuti arrivammo in ospedale, mi fermò nel parcheggio

-prima di entrare devi spere che li hanno indotto il coma farmacologico- annuì piano anche se quella notizia si era portata via un altro pezzo del mio cuore

-Jared! - Flynn si strinse all'amico e poi abbracciò anche me, intravidi Damian Clark al telefono e un brivido mi scosse da capo a piedi, dopo venne verso di noi, non mi riconobbe ma io riconobbi lui

-salve signor Clark- Jared li strinse la mano educato

-ciao ragazzi, se volete potete entrare, io devo proprio scappare- stavo per urlargli di non azzardarsi ad uscire, suo figlio aveva bisogno di lui eppure non aprì bocca, strinsi la mano di Jared appena vidi Julian sdraiato nel letto con lo schienale rialzato, mille tubicini nelle braccia, la cannula nel naso per trasmetterli l'ossigeno che lo teneva ancora in vita e che, nel mio corpo si stava facendo sempre meno, le lacrime continuarono a sgorgarmi sul viso e io non riuscivo a fermarle, forse non ci avevo nemmeno provato

-dai andiamo, hai bisogno di un tè caldo- Jessica mi cinse le spalle con un braccio e io mi lasciai condurre fino al bar dell'ospedale

-vuoi parlarne, vuoi raccontarmi cos'è successo? - annuì, sorseggiando il tè, non potevo paragonare Jessica alla mia migliore amica ma era molto brava a ascoltare

Perché proprio lui?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora