Era una giornata primaverile e il vento soffiava leggermente muovendo i fiori profumati nel prato verde ed acceso di Casa Arancione.
Casa Arancione non era una semplice villa sul mar mediterraneo,alcuni sostenevano che era speciale,che aveva qualcosa in essa,un qualcosa in grado di cambiarti per sempre.
Non si chiamava da sempre così,aveva passato parecchi soprannomi dalla sua costruzione: la casa fantasma,l'anima del mare,la memoria dei fiori e infine la casa Arancione.
L'ultimo nome era il preferito di tutti,infatti non c'era un bambino,uomo o donna che vivesse sull'isoletta dispersa dal mondo che non sapesse dell'esistenza di quella casa.
Le persone si divertivano a raccontare storie d'avventure su quella villa,i bambini se le facevano raccontare prima della notte per fantasticare nei sogni come sarebbe vivere nella Casa Arancione.
I muri non erano di color arancione,e questo spingeva la gente a incuriosirsi ancora di più.
Così era per Cecelia,ragazza dai capelli ramati accesi dal sole caldo e radiante e da occhi neri,così scuri da non distinguere la pupilla dall'iride,ereditati dal padre.
Le lentiggini erano sparse qua e là sul suo viso delineando gli occhi,il naso piccolino e le labbra screpolate dal vento e mangiucchiate.
Dalla madre aveva ereditato lo spirito libero.
Per alcuni era un difetto,sempre in cerca di posti nuovi e persone nuove,posti in cui sarebbe stata per ore seduta su una roccia con i piedi nell'acqua gelida,le mani a torturare le povere labbra mordicchiate da sempre,a scrutare l'orizzonte,sentendo i propri respiri profondi rompere l'aria,un suono ritmico che la tranquillizzava.
Il padre ora non c'era più,se ne era andato quando una piccola Cecelia scorrazzava per la casa inseguita dalla madre giovane con i suoi capelli marroni che danzavano allegramente con l'aria, stufo del carattere impulsivo della moglie.
Erano diverse esteticamente,lei e la madre,completamente,Barbara aveva mani piccole ed esili,Cecelia lunghe ed affusolate.
I colori erano l'esatto contrario,il marrone messo in contrasto con l'azzurro degli occhi sempre vivaci e brillanti e i capelli rossastri contrastati da occhi come biglie nere e cupe.
La cosa curiosa degli occhi di Cecelia era che risplendevano la luce del sole, diventando oro,come il sole che le rallegrava le giornate.
Ventidue anni e mai stata fidanzata,mai baciata e forse nemmeno desiderata, ventidue anni di corse al tramonto per vedere l'ultimo bagliore di un sole rosso fuoco.
Era sempre stata una persona solitaria,stava bene da sola,non credeva nell'amore eterno,anzi lo riteneva stupido,stare per tutta la vita con la stessa persona,giorno e notte, uno strazio mortale.
Così viaggiava,aveva dato un altro senso alla sua vita solitaria.
Ma, da quel posto,rinfrescata dal vento,dall'acqua mediterranea fredda e rivitalizzante era attratta,come una calamita,e non sentiva il bisogno di andarsene e di abbandonare tutto.
È così restava,respirava l'aria pulita che tanto la tranquillizzava seduta sulla spiaggia scrivendo,poesie,storie,pagine di diario, ed era l'unico modo per staccarsi dal mondo,per volare via,come un soffione,distrutto dal vento in uno spettacolo meraviglioso,si sentiva uno di quei petali che danzavano elegantemente,alzandosi alimentatati dal soffio del vento.
Quella mattina si era svegliata presto.
Il sole,sorto, l'aveva illuminata,facendole aprire a fatica gli occhi assonnati.
Gli uccelli cantavano allegramente fuori dalla finestra rincorrendosi a vicenda, oggi era l'ultimo giorno di primavera.
Amava la sensazione della pelle calda, bollente, le piaceva il sole, le sembrava che sorridesse sempre al mondo illuminato dalla sua luce confortevole.
Aveva scalciato le coperte con un movimento sobrio e veloce e si era catapultata fuori dal letto.
Il vento soffiava dalla finestra aperta risvegliandola.
Il vento sul suo viso era fresco e le trasmetteva vita.
I capelli le volavano attorno,attorcigliandosi.
Sentiva la vita che le pulsava addosso,un'energia positiva che la spingeva ad uscire,a ballare fino allo sfinimento,a ridere,a sdraiarsi tra l'erba alta con i fili d'erba a solleticarle il viso,si sentiva viva,e amava l'effetto del vento su di lei.
Prese una tuta e si cambiò velocemente,ansiosa di uscire e diventare di nuovo bambina,ed era così che gli abitanti dell'isola la vedevano,una bambina mal cresciuta,ma non capivano che erano loro quelli cresciuti troppo,creando una barriera tra loro e i giochi,che illuminavano la vita di Cecelia.
Spalancò la porta lasciando entrare la brezza marina,respirò a pieni polmoni e si catapultò fuori.
Iniziò a correre,spinta dal soffio del vento sentendosi finalmente libera.
Il vento la liberava dalle gabbie che la opprimevano schiacciandola sempre di più al suolo,il suo unico principe azzurro che la salvava dalle grinfie della vita era il vento.
Non aveva una direzione precisa,correva e basta seguendo il cuore,come aveva sempre fatto.
Senza accorgersene arrivò alla collina della Casa Arancione.
La casa si stagliava alta nel cielo creando ombre oscure sull'erba verde ancora bagnata dalla rugiada di prima mattina.
Erano le 6:03 e l'uniche forme di vita sull'isola erano Cecelia e gli uccelli che intonano i loro canti allegri.
Quella casa non aveva mai attirato la ragazza, credeva che fosse una casa normale, uguale a tutte le altre.
Il cuore le pompava forte in petto, in un modo impetuoso, tanto da farle male alle costole, per via della corsa violenta.
In lontananza il mare era calmo, limpido e gelido.
Cecelia si era seduta sull'erba bagnata, senza pensare alla fine della tuta bianca.
C'erano delle margherite qua e là, che davano un tocco di colore al luogo.
A ogni soffio del vento i petali dei soffioni si alzavano, librandosi in cielo, danzando uno insieme all'altro.
Si dice che se riesci a prendere un petalo di tarassaco devi esprimere un desiderio e donarlo al vento, quando arriverà a destinazione il desiderio si avverrà.
Da piccola Cecelia, con sua madre Barbara, ne aveva espressi talmente tanti da finire quasi tutti i soffioni dei campi, sua madre non le aveva insegnato molto, ma sicuramente le aveva insegnato a credere, alla vita, ai sogni, al mondo.
Si era sdraiata pensando alle parole di sua madre, che ormai il vento se l'era portata via con sé.
Era morta giovane, si era lasciata abbandonare al lieve tocco della morte e dall'ora Cecelia viaggiava, per non affezionarsi troppo alle persone, perché sapeva cosa voleva dire perdere per sempre qualcuno.
E dall'ora aveva paura dell'amore, del suo effetto sulle persone.
La casa Arancione alle sue spalle era silenziosa, come tutto intorno a lei.
L'unico suono che le riempiva le orecchie era lo sciabordio delle onde che si infrangevano sugli scogli.
Qualcosa le fece voltare la testa e, osservando la Casa Arancione vide un'ombra dietro le tende, la casa era abitata.
Si era spaventata e senza accorgersene, la fretta di alzarsi e di andare via da quel luogo l'aveva fatta cadere lungo il fianco della collina e stava rotolando giù.
Rideva per la sua goffaggine, e per un istante aveva dimenticato l'ombra che la spiava.
___________nota d'autore____________
Ecco il primo capitolo, come vi sembra la storia?
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Il sussurro del vento.
RomanceIl vento muove,porta via,distrugge e crea. Cecelia pensa che il vento sussurri,a lei,al mondo. Pensa che il vento cerchi di parlare,di esprimersi,di essere umano,ma la ragazza non capisce questa sua esigenza. Gli umani sono incollati sulla terra e n...