4. Verità

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Aspettai qualche minuto davanti alla casa, confondendomi con la folla, sperando che essa sarebbe presto svanita, e che la gente se ne andasse al più presto. Constatai subito che invece le cose sarebbero andate a mio discapito, e anzi, se qualcuno si fosse accorto della mia presenza lì mi avrebbero presa per una strega. 

In fondo, a Sunnyvale erano tutti così: l'importante per loro era l'aspetto esteriore, e non si sarebbero certamente fermati neppure di fronte a un bambino vestito di stracci, perché appunto non all'altezza. Dovevo inventarmi un piano al più presto, ma non mi veniva in mente nulla.

Se dovevo confondermi tra la folla, forse dovevo semplicemente cambiare il mio aspetto, e renderlo più raffinato. Mi avvicinai ad una sciocca signora sulla cinquantina, che aveva appena poggiato la sua borsetta in pelle sull'asfalto, intenta a fare versi di terrore per ammaliare un tizio lì vicino. Sospirai, e aprendo velocemente la borsetta, ne tirai fuori il portafoglio. Lo misi nella tasca dei pantaloncini, senza farmi vedere, e sgattaiolai via. Cercai sulla mappa un negozio di abiti da donna, e ne trovai uno nell'isolato vicino: corsi a perdifiato fino davanti alla vetrina, ed entrai. La commessa, vedendomi tutta insanguinata, per poco non prese un colpo, ma la rassicurai subito, dicendo che ero una povera turista caduta nelle mani di un gruppo di ragazzi di Shadyside,  e che mi ero precipitata qui per essere risistemata a dovere. 

La signora credette ad ogni mia parola, per fortuna, e si mise subito all'opera: scelse per me una minigonna aderente rosso fuoco con una giacca di pelle in tinta, e una canotta bianca scollatissima a pois rossi, dicendo che si abbinavano tantissimo ai miei capelli. Del canto mio, non ero affatto convinta di quegli abiti così corti e stretti. Mi portò poi nel retro del negozio, dove mi diede una spazzolata ai capelli, mi mise un po' di rossetto e di profumo, ed infine mi regalò una collana di perle, addirittura. Poi prese un paio di stivaletti bianchi e mi riportò alla cassa.

Non capivo perché la donna fosse così gentile con me, e sinceramente non mi interessava più di tanto, perché mi aveva anche fatto un piccolo sconto sul totale. Conciata così, tanto che mi sentivo un pagliaccio, mi avviai di nuovo verso la casa di Nick. La gente si voltava estasiata al mio passaggio, e rassegnata cercai di allungare il passo. 

Odiavo essere al centro dell'attenzione.

Vedendomi arrivare, nella folla si aprì un varco e mi ritrovai faccia a faccia con la polizia: lo sceriffo era lo stesso della serata al campeggio, ma per fortuna non mi riconobbe, anzi mi lasciò tranquillamente passare, pensando fossi una lontana parente della famiglia Goode, venuta per passare un po' di tempo tra le rovine della casa, in memoria del passato. 

Non mi era stato difficile piangere disperata davanti a lui per rendere la mia figura più credibile: in fondo avevo davvero il cuore a pezzi.

Dietro alla casa, in un'angolo del giardino, vidi la quercia imponente descritta nel biglietto, anch'essa ricoperta di cenere: la scostai dal terriccio, e vicino ad una grossa radice vidi una X di vernice rossa. 

Iniziai a scavare proprio lì, con le mani, perché non avevo altro tempo da perdere: erano ormai passate diverse ore dalla mia uscita dall'ospedale, e il cielo si stava già tingendo di rosa. Non avevo nemmeno un posto dove dormire, ma era l'ultimo dei mie problemi. Prima volevo arrivare a fondo della questione. Dopo poco, le mie mani toccarono qualcosa di diverso dal terreno umido: un blocco di legno, una cassa. La tirai velocemente fuori, e la aprii. 

Dentro c'erano il diario di Nick e il libro, proprio come scritto sul biglietto. Con mano tremante, aprii prima il libro: era pieno di strani simboli satanisti, che mi sembrava di avere già visto.

Lanciai il libro per aria, disgustata, dopo aver visto disegnini di uomini decapitati o di mostri con gli arti da capra.  Il libro era caduto lì vicino, aperto su una strana pagina: era disegnato uno strano simbolo, un cerchio con alcuni triangoli incrociati al suo interno. Fu in quel momento che mi ricordai dove avevo visto tutti quei simboli: quando avevo toccato la mano di Sarah Fier.

Questa faccenda non mi piaceva per niente, ed avevo il presentimento che leggendo il diario di Nick sarei rimasta molto delusa da lui. Speravo però che tutto quello che sarebbe successo poi non avrebbe condizionato il mio amore per lui. E così, lo feci: aprii anche il diario. 

Nella prima pagina, stava scritto: 

" Quando leggerai questo diario, se i miei piani dovessero andare alla meglio, io sarò morto. O comunque, lo sono stato. Dovevo sconfiggere la maledizione, ma capirai meglio leggendo il diario. Ti chiedo soltanto, oh cara Ziggy, di non odiarmi. Odia la mia famiglia, ti do il mio permesso, perché anche io li odio. Io non sapevo quello che sarebbe successo, non lo sapevo per certo. Ma se tu decidessi di odiarmi, ti capisco. Mi odio io stesso. Sappi solo che ti amo infinitamente, e scusa se non te lo ho mai detto di persona. Forse, se il futuro ce lo permetterà, porrò rimedio a questo mio grave errore.  Per sempre tuo, nonostante tutto, Nick"

Per essere solo l'inizio del diario, e per essere ancora nella completa ignoranza, avevo già pianto anche troppo. L'inchiostro, sotto alle mie lacrime, si sbavò un poco, e mi si offuscò la vista. Ripensai al nostro primo incontro, e all'ultimo, così diversi fra loro: speravo solo di poterne fare altri.

Voltai pagina, e inizia a leggere silenziosamente. Mano a mano che scoprivo la verità ed il passato della famiglia Goode, la rabbia cresceva dentro di me. I veri responsabili di tutti gli omicidi degli ultimi 300 anni erano loro... Se mia sorella era morta, era solo per causa sua...per causa di Nick. Altro che strega: qui si parlava di una famiglia di pazzi. Poi lessi altre pagine, dove Nick spiegava il suo piano: per sconfiggere la maledizione voleva uccidere tutta la sua famiglia, dando fuoco alla casa e chi ci abitava. Si era suicidato. E sembrava esserci riuscito. 

le ultime 50 pagine del libricino erano coperte da una sola parola, che si ripeteva all'infinito:

SCUSA

Il mio cuore, ora, era diviso in due, e non sapevo più da che parte stare: una parte di me odiava Nick per le sue malefatte, l'altra lo amava ancora, perché aveva dato la vita per rimediare al suo errore.  Ma quell'errore in realtà era irrimediabile, e lui lo sapeva bene. Forse anche lui, ritrovatosi tra le fiamme, aveva pensato a quanto sarebbe stato bello morire, per non dovere essere più schiacciato dal fardello della sua famiglia.

Maffe

𝔗𝔯𝔲𝔢 𝔏𝔬𝔳𝔢|𝐙𝐢𝐠𝐠𝐲|𝐍𝐢𝐜𝐤|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora