𝑃𝑅𝑂𝐿𝑂𝐺𝑂 - 𝘩𝘦𝘭𝘭 𝘢𝘯𝘥 𝘩𝘦𝘢𝘷𝘦𝘯

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Dicono che un diavolo in realtà è solo un angelo che ha perduto il suo paradiso.

Tutti si formano a seconda di ciò che hanno affrontato lungo il corso della vita.

In quel modo si spiegava il comportamento cattivo delle persone.
Insomma, era molto più semplice credere che se da piccola tua madre ti aveva abbandonata saresti certamente cresciuta ribelle e dal comportamento prettamente poco elegante e non molto consono agli standard della società d'oggi perché non avevi avuto figure femminili come riferimento e punto sicuro no?
Anni di domande senza risposta, crolli emotivi, crisi interiori e sensi di colpa per sentirmi dire di essere matta da persone facenti parte di quella stessa società.

La verità era che gli eventi particolarmente forti, non traumatici però, potevano influenzare il carattere ma non stravolgere la sanità mentale di un individuo ed io non ero impazzita per una mancanza genitoriale ma perché a furia di vivere con un fuori di testa si cominciano a fare cose da fuori di testa.
Semplice abitudine comportamentale.
Nulla di irreparabilmente rovinato.
Ma nessuno sembrava capirlo, soprattutto i miei simpatici compagni di classe.
Loro erano i primi a tirarmi le matite e le palline di carta fra i capelli durante le lezioni.
Ero sempre stata quella diversa, quella poco convenzionale e ne avevo abbastanza.
L'unica cosa che desideravo era completare gli studi e scappare lontana da New York.

La Grande Mela poteva tranquillamente essere considerata una città a dir poco mozzafiato da turisti e ricchi sfondati con le ville.
Abitare nel Bronx non era per niente una passeggiata, anzi, si trattava di una battaglia aperta ogni mattina.
Ma, ei, a parte quei piccoli dettagli la mia vita era abbastanza tranquilla e monotona.
Andavo a scuola e passavo molto tempo con mio padre che si dedicava a "lavoretti pomeridiani" e pretendeva un aiuto.
Si, mia madre mi aveva abbandonata davvero e mio padre era...matto.
Tutta la mia vita era praticamente già segnata dall'ampiamente discutibile comportamento di due adulti perché chiunque nel Bronx giudicava in base alla famiglia a cui appartenevi.

Ma nonostante ciò speravo ancora in un lieto fine come nelle fiabe.
Sotto la corazza da dura che mi ero costruita riposava in realtà un cuore fragile, già crepato, e che tentavo di proteggere per non perderlo definitivamente.
Solo un altro colpo e si sarebbe spezzato una volta per tutte.
Avrei tanto voluto mostrare a tutti quelli che mi conoscevano che non ero poi così scorbutica e cinica come volevo fare apparire perché dentro la mia testa c'era molto di più e attendevo solo di poterlo tirare fuori.
Peccato che alla fine non lo facevo mai.
Preferivo tenere il bello per me e non farlo toccare da mani che lo avrebbero certamente rovinato e trattato come fosse niente.
Forse risultavo anche fredda, a tratti apatica, ma era soltanto una maschera, un ruolo da recitare e nulla di più.

Eppure continuavo a sperarci in un futuro migliore, a sperare che un giorno arrivasse un qualcosa che mi avrebbe fatta uscire dal guscio liberando il meglio di me.
Forse ero solo una povera sognatrice, oppure no...

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