I raggi del sole colpivano i miei occhi infastidendomi parecchio, così infilai la testa sotto al cuscino attendendo il suono della mia nemica numero uno: la sveglia.
Dopo qualche minuto però mi ricordai del sogno e scattai immediatamente sull'attenti rotolando giù dal letto per la troppa fretta.
Finalmente aprì gli occhi guardandomi attorno e cercando di svegliarmi.
Diamine...
Ero ancora lì!
Mi trovavo sull'orlo di una crisi isterica, non poteva essere reale, non doveva esserlo.«Buongiorno Luce!» esclamò James spalancando la porta della mia stanza.
Il suo sorriso però si spense non appena notò la mia espressione confusa e disperata.
«Vedo che stai attraversando lo stadio dell'accettazione» continuò con voce bassa mentre si sedeva sul mio letto.
Io restavo a terra, immobile e senza proferire parola.
Non sapevo cosa dire.
O cosa fare.
Non riuscivo a capire.
Perché ero ancora lì?«Anche io mi ero convinto che si trattasse di un sogno diverso dal solito. Poi sono passati quattro anni, un sogno non dura così tanto» concluse con calma.
Non voleva farmi agitare ancora di più.
Peccato che il panico aveva già invaso ogni fibra del mio corpo facendomi tremare.Seguì con gli occhi ogni movimento del ragazzo mentre si alzava e spariva nel corridoio.
Intanto io cercavo di regolarizzare il respiro per non perdere totalmente il lume della ragione.
In cuor mio speravo ancora di svegliarmi nella mia vera stanza, con mio padre ubriaco già di mattina presto che mi raccomanda di tornare il prima possibile per aiutarlo il pomeriggio.
Ma tutta quella situazione, per quanto stramba, sembrava così reale ed era proprio ciò che mi confondeva.Dopo svariati minuti James tornò da me e mi porse una tazza azzurra fumante.
La presi saldamente dal manico per non scottarmi notando il liquido ambrato al suo interno, che annusai per capire cosa fosse.
Camomilla.
Aspettai un pò in modo da farla raffreddare per poi berla tutta d'un fiato.
Magari mi avrebbe aiutato a rilassarmi.«Come ti senti?»
Non mi sentivo in realtà.
Era come se fossi estranea al mio stesso corpo, un pezzo di carne inerme e una mente a parte che vagava.
Troppo complicato da spiegare.«È tutto vero» riuscì a dire sottovoce dopo un pò.
Mi guardava con occhi pieni di compassione.
Non volevo fare pena a nessuno, così trovai la forza per mettermi in piedi e lo cacciai fuori dalla stanza in modo da cambiarmi.Era vero.
Era successo.
Mi aveva sparato un proiettile che mi aveva attraversata e uccisa.
Mi aveva uccisa.Respirai profondamente.
Nonostante stessi realizzando ciò che era realmente accaduto ero quasi certa che la speranza di svegliarmi nella mia solita vita non mi avrebbe mai abbandonata.Indossai dei jeans chiari e una maglia corta grigia. Spazzolai i lunghi capelli castani e risaltai gli occhi verdi con una matita nera.
Dovevo solo respirare e non farmi avvolgere dalla paura e dall'assurdità di quella situazione.
Potevo farcela.James mi stava aspettando fuori dalla porta poggiato al muro.
Aveva ancora quella dannata espressione piena di compassione e pietà.«Oggi ti verrà assegnato un Mortale»
Stava cercando in tutti i modi di farmi sembrare normale quell'assurdità.
Ma non avevo bisogno di essere propinata di 'ci siamo passati tutti'.
Non sarebbe servito.
Volevo comunque scappare da quel posto strano e tornare alla mia vita che, per quanto sgradevole e sbagliata fosse, era anche l'unica cosa che conoscevo bene.
Avevo paura di affrontare qualcosa di cui fino a due giorni fa non ne sapevo nemmeno l'esistenza.
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𝑯𝑬𝑳𝑳 𝑨𝑵𝑫 𝑯𝑬𝑨𝑽𝑬𝑵
FantasyUno sparo e poi il buio. Solo questo ricorda Lucille Price prima di essere catapultata nell'assurdo più totale. Si ritrova infatti in uno strano mondo diviso a metà: da una parte gli Angeli e dall'altra i Demoni. Viene smistata nella prima parte, q...