4 - Reid

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«Ma ti rendi conto?» Urlo a Michael

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«Ma ti rendi conto?» Urlo a Michael. Sto guidando il mio fuoristrada e sono più incazzato che mai. «Quel coglione ha aumentato ancora il prezzo! Non la passerà liscia. Sta cercando di estromettermi dagli affari della città, ma se pensa che questo possa indebolire il mio potere, si sbaglia di grosso.» Sterzo bruscamente per entrare nella strada che porta alla mia proprietà.

«Dobbiamo cercare di essere diplomatici.»

«Diplomatici un cazzo! Lui e suo figlio hanno cercato più e più volte di sottrarmi il potere e se pensano di riuscirci in questo modo si sbagliano di grosso.» Quando finalmente arriviamo, me ne vado nel mio studio. Adesso ho un altro casino da gestire. Sarebbe arrivato presto il mio nuovo problema e avevo intenzione di sistemare la questione al più presto. Sistemo delle carte quando sento mio fratello al piano di sotto. Strano che John sia a casa. Sono talmente preso da tutte quelle carte che non mi accorgo dell'intrusa.

«Ehi Reid, c'è qualcuno per te.» Dice mio fratello dall'altra parte della porta, ma sinceramente non voglio rogne fino a che non avrò sbrogliato questa situazione.

«A meno che non sia il nostro problema, non voglio essere disturbato.»

«Sarei io il problema?»

Mi blocco e alzo lo sguardo sull'umana impertinente che mi sta di fronte. Mi fermo un attimo ad osservarla. È la stessa ragazza che abbiamo incontrato stamattina; la stessa che mi ha chiamato maleducato. Le sorrido maliziosamente perché mi sta guardando in cagnesco e la cosa mi piace da morire.

«Tu devi essere Nives. Siediti.» Non è un consiglio. Glielo sto ordinando, ma lei non obbedisce. Bene, ci sarà da divertirsi. «Siediti ho detto.» Vedo Jonathan guardare in basso; in quest'ordine ho messo una bella carica del mio potere di alpha e probabilmente l'avranno sentito quasi tutti nel ranch e credo anche questa piccola impertinente visto che muove le mani con fare ansioso. «Lasciaci John.» E mio fratello se ne va. Ora rimango solo con questa ragazzina. Dopo un'attenta analisi non credo sia così piccola. Stamattina le avrei dato non più di diciott'anni, ma adesso vedo che non è una bambina, ma una donna. Me lo dimostra dallo sguardo sicuro che mi sta mostrando; dai pugni serrati; dalla volontà di non cedere. Me ne accorgo da tante cose. Non accenna minimamente a sedersi, così mi alzo e mi avvicino. Sono molto più alto e torreggio su di lei. «Siediti.» Questa volta ubbidisce al comando... brava ragazza. «Allora.» Dico rimettendomi seduto. «So che Carlo ti ha lasciato in eredità il ranch e tutte le sue terre. Sono un bell'impegno per una giovane di città come te.»

Si agita sulla sedia. «Credo di essere in grado di occuparmene, grazie per l'interessamento.» Me lo dice con una punta di acidità e sono costretto a sorridere. Mi piace la sua impertinenza, me lo fa rizzare e sono sorpreso perché di solito le mie donne sono completamente diverse, più sottomesse diaciamo. Io ordino e loro eseguono; è sempre stato così. Ovviamente le mie scopate sono solo ed esclusivamente con donne come me. Non me la faccio con le umane. Mi piace il sesso violento e le umane sono troppo fragili, ma credo che quest'umana possa reggermi, penso per un attimo. Non ho una compagna e quindi mi godo la vita. Sono pochi quelli di noi che hanno trovato la propria compagna, e quelli che lo hanno fatto sono dei bastardi fortunati. Noi altri continuiamo la ricerca; sfortunatamente la maggior parte muore senza averla trovata.

«Condoglianze per la tua perdita.» Le dico. Sarò anche uno stronzo, ma uno stronzo educato.

«Grazie, ma non eravamo molto legati. Non lo conoscevo minimamente.»

«Perché no?» Sono effettivamente curioso.

«Perché non lo conoscevo prima della morte di mia madre e anche dopo che mi ha chiesto di vivere con lui, non l'avrò visto più di quattro volte. A dire il vero non lo considero un padre.»

«Non è una cosa carina da dire visto che ti ha lasciato una bella eredità.»

«È semplicemente la verità.»

«Sei piuttosto fredda.»

«Mi perdoni Signor Wood, ma sono qui perché mio padre ha detto che lei può darmi un posto di lavoro. Può farlo o no?»

Io scoppio a ridere, a ridere sul serio, di cuore. Era tanto che non lo facevo. «Sai, per essere una persona in cerca di un lavoro, non stai facendo una buona impressione. E poi... Signor Wood... mi fai sentire vecchio. Chiamami Reid. Non sono tanto più vecchio di te.»

Lei rimane in silenzio; sento il suo cuore battere più velocemente, non certo per una qualche forma di eccitazione. La sua è pura rabbia e mi sta facendo eccitare come un adolescente. Io la fisso e lei mi fissa. Andiamo avanti per una serie di minuti e alla fine è lei la prima a cedere.

«Mi dispiace. Forse siamo partiti con il piede sbagliato.» Continua a torcersi le mani in maniera spasmodica.

«Forse.» Le dico.

«Però è anche colpa tua.» Aggiunge subito dopo ritrovando lo spirito.

«E perché mai?»

«Stamattina...»

«Stamattina cosa?» Già mi sto innervosendo ripensando a quello che è successo con quei traditori.

«Beh non sei stato molto carino. Mi hai fatto male.» Le avevo fatto male? Forse avrò usato un po' troppa forza ma dire che le ho fatto male mi sembra un po' esagerato. L'occhio mi cade sul polso che le ho afferrato stamattina. C'è un piccolo ematoma... cazzo! Ho davvero usato troppa forza. È per questo che non vado con le umane.

«Se ti ho fatto male, mi dispiace molto. Ero solo nervoso.»

«E fai così quando sei arrabbiato?»

«Ragazzina, non mi hai mai visto arrabbiato...»

Silenzio.

«Comunque... tuo padre mi ha chiesto di darti un lavoro perché tu possa mantenerti e mantenere la tua nuova proprietà. Sappi che non sarà semplice. Sei sola qui e io non posso starti appresso. Te la dovrai cavare da sola.»

«Non è un problema quello. Sono sempre stata sola.»

La sua affermazione mi lascia un senso di tristezza. Effettivamente non aveva l'aria di una persona circondata da amici; sembrava piuttosto triste. Non riesco ad immaginarmi senza i miei fratelli o il branco. Loro sono la mia vita e in quanto alpha devo prendermi cura di loro e ho la vaga sensazione che nessuno si sia preso mai veramente cura di questo scricciolo.

«Da domani lavorerai nelle stalle. Effettivamente abbiamo bisogno che qualcuno si occupi della pulizia e della manutenzione dei box. Ti spiegherò tutto domani mattina. Hai una qualche esperienza con i cavalli?»

«Sono andata a cavallo qualche volta, ma non sono un'esperta. Non so sellarli, non so come si strigliano, ne andare al galoppo. Sono andata qualche volta alle gite organizzate dagli alberghi che organizzavano escursioni a cavallo. Tutto qui.»

È piuttosto fredda mentre mi parla. Solitamente faccio un certo effetto alle persone, soprattutto alle donne, ma questa qui non mi degna nemmeno di uno sguardo malizioso; non mi guarda proprio.

«Va bene. Domani verrai istruita. Puoi andare adesso Nives.» Lei si alza e allunga il braccio per stringere la mia mano. Io le sorrido e l'afferro. Stavolta stringo intenzionalmente un po', ma lei risponde a sua volta. Ovviamente non mi fa nulla, al contrario di me che le provoco un leggero dolore messo in mostra dalla smorfia che tenta di nascondere, ma che non ci riesce. Mi divertirò un mondo...


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