Capitolo 1

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E mi piace la notte ascoltare
Le stelle sono come
cinquecento milioni di sonagli.
- Antoine de Saint-Exupéry

LeeRoy

Riverlack è casa mia da tutta la vita, sono nato e vissuto qui con mia nonna e mia madre e anche quando lei ha avuto la possibilità di andare via non l'ha fatto, ma da più o meno sei mesi che invece vorrei fuggire via da qui, prima non ci avevo mai pensato, stavo bene anche se le cose andavano male, quando tornavo a casa tutto migliorava ad ora neanche queste quattro mura dove sono racchiusi i momenti più belli della mia vita mi danno pace, ci sono troppi ricordi che fanno male, che si sovrappongono gli uni sugli altri sfumando lentamente. Spesso mi chiedo se li ho vissuti davvero.

I ricordi sono un po' come le vecchie fotografie ingiallite, che col passare del tempo si usurano, man mano sbiadiscono quasi a rimanere solo i contorni dell'immagine che prima vi era impressa sopra.

Svogliatamente muovo  la forchetta nel mio piatto. "Roy non si gioca con il cibo, ci sono bambini che muoiono di fame ; quindi, mangia e non sprecare nemmeno una briciola" un lieve sorriso triste mi appare sul volto al ricordo di quella frase che mia madre mi ripeteva in continuazione quando ero bambino e non avevo voglia di mangiare o quando ero troppo preso dai miei pensieri come in questo momento.

Sento la nonna che sta parlando di qualcosa che riguarda il negozio ma non la sto ascoltando mi sono perso totalmente nei meandri dei miei pensieri più reconditi. Ultimamente non sono più il ragazzo solare che ero un tempo, che cercava il lato positivo in tutto, la rabia si è totalmente impossessata di me sono sempre più incazzato. La rabbia è un sentimento devastante, feroce che parte da dentro  e che alla minima scintilla esplode travolgendo tutto e tutti. Neanche la box mi dà più le stesse emozioni che mi dava un tempo, ora la pratico solo come se fosse la mia valvola di sfogo, ma dopo aver scaricato la frustrazione sul sacco, tutto passa e lei ritorna insieme all'apatia, ai sensi di colpa, alla tristezza e a quel punto che voglio solo correre via lontano, dimenticarmi di tutto e tornare ad essere me. Ma non lo sarò più.

-Andrò a lavorare da Harry - dico atono, senza spostare lo sguardo dal piatto, percepisco lo sguardo della nonna su di me anche se non la sto guardando so che sta cercando di realizzare e assimilare quello che le ho appena detto, ultimamente tra di noi è una continua lotta, su cosa dovrei e non dovrei fare e so che cerca di fare il suo meglio di darmi delle regole, perché la mia vita sregolata la sta mandando ai matti.

-E la scuola? - chiede indagatoria, alzo gli occhi dal piatto e rivolgo il mio sguardo verso di lei. Di solito con la nonna ha sempre funzionato la determinazione che le fai vedere nelle decisioni che prendi, e la caparbietà che la convince sempre, quindi le devo far capire che so esattamente quello che sto facendo affinché lei mi dia il suo benestare.

-Ho dedico di lasciarla. - le rispondo Lei mi scruta incrociando le braccia al petto, sospira.

Ah Ah brutto segno.

-E sentiamo vorresti passare la tua vita sporco di grasso di auto, spaccarti la schiena per pochi spiccioli alla settimana? - chiede e so che sta cercando di fare, mi sta mettendo alla prova sta cercando di capire se sono davvero convinto della mia scelta, ma del resto cosa mi è rimasto, il mio futuro non lo vedo più chiaro come un tempo, tutto si é dissolto nel nulla ormai non vedo più niente solo un tunnel infinitamente lungo e nero senza vie di uscita senza scappatoie.

-E che male ci sarebbe, è un lavoro dignitoso e mi piace. -

-Non metto in dubbio che sia un lavoro dignitoso, ma quello che stai dicendo sono solo cazzate e rovineresti la tua vita e questo non posso permetterlo. -

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