Capitolo 16: Qui tacet, consentire videtur.

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Qui tacet, consentire videtur è una locuzione latina che significa letteralmente
"chi tace acconsente."
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⚠️⚠️Attenzione: questo capitolo contiene lemon ⚠️⚠️

«Che cosa hai detto a mio padre?»
Y/N si era improvvisamente bloccata con una mano sulla cerniera della borsa e l'altra che stipava al suo interno un maglione troppo ingombrante.

«Eh? Niente!»
Bokuto era sobbalzato sulla sedia girevole della scrivania facendo cadere la penna con cui stava giocherellando, spaventato da quell'improvvisa domanda che aveva squarciato il silenzio: era così impegnato a girare su sé stesso e far scattare contemporaneamente la mina dell'oggetto che aveva in mano, come un bambino di tre anni appena, che non si era neanche reso conto di quando Y/N fosse uscita dal bagno.

La ragazza si era limitata a lanciargli un'occhiataccia di sbieco, alzando un sopracciglio, scettica.

«Davvero! Ho detto solo che avevi dimenticato le tue cose in palestra.»
Alzando le mani in segno di resa e cercando nel frattempo con gli occhi la penna che era andata a finire chissà dove sotto la scrivania, Bokuto sperò sinceramente di essere creduto.

Lei lo osservò ancora un paio di secondi assottigliando le palpebre, aspettandosi probabilmente che da un momento all'altro si inginocchiasse pregandola di perdonarlo per qualsiasi cosa di scandaloso avesse proferito a suo padre.
Solo dopo averlo guardato negli occhi capì che ciò che aveva detto corrispondeva alla verità: tirò un sospiro di sollievo, mentre componeva un numero al cellulare.

«Chi stai chiamando?»
Quando il gufo era tornato a rivolgerle la sua completa attenzione lasciando perdere la penna, Y/N aveva già il telefono all'orecchio destro.
Chissà cosa le era saltato in mente, adesso: quella ragazza era imprevedibile.

«Il numero delle emergenze.»
Aveva un sorrisetto furbo a fior di labbra, lei, in netta contrapposizione con l'espressione turbata di lui, sicuramente impegnato a decifrare il mistero di quella telefonata.

«O preferisci dire a mio padre che passeremo la notte insieme?»
Era certa di aver visto Bokuto venire scosso da un brivido di terrore: nessuno avrebbe mai creduto al fatto che avessero già dormito insieme condividendo lo stesso letto senza mai fare sesso.
Quasi mai, insomma: quello che era accaduto proprio di fronte alla porta del suo bagno non contava, giusto?

I loro occhi si posarono inconsciamente dove, solo una settimana prima, lui l'aveva toccata e le guance di entrambi si colorarono di rosso: avevano ricordato la stessa identica cosa.

Fortunatamente, o forse no, una voce dall'altra parte del telefono di Y/N li ridestò da quei ricordi.

«Kaori-chan, konbanwa
Y/N aveva usato il tono di voce più melenso del suo repertorio facendo ridere, sottovoce per non farsi sentire, persino Bokuto, che aveva tirato un lungo sospiro di sollievo dopo aver capito le intenzioni della manager.

«Che cosa vuoi Y/N?»
Quando la sua amata migliore amica attaccava al suo nome il suffisso -chan, qualcosa bolliva in pentola e, la maggior parte delle volte, non era qualcosa di buono: Kaori la conosceva fin troppo bene.

«Niente!»
Evidentemente sulla difensiva, la gatta si era costretta a mordersi il labbro inferiore per non lasciarsi sfuggire una risatina divertita: indispettire Kaori era una delle cose che amava di più al mondo.

«Non posso semplicemente aver voglia di chiacchierare con la mia-»
Peccato che il divertimento durò poco: venne brutalmente interrotta prima ancora di poter iniziare a fare sul serio.
Quella ragazza, constatò Y/N, passava troppo tempo con Akaashi: prima o poi sarebbe diventata bacchettona come lui.

Omnia vincit amor [BokutoxReader]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora