Harry si sdraiò di nuovo sul divano. La faccia premuta contro lo schienale e le gambe rannicchiate al petto. Respirava come qualcuno gli aveva insegnato a fare in caso di panico. Prendeva fiato a bocca aperta, inspirava come uno che sta per annegare e poi espirava sentendo quasi la mancanza di ogni singola particella di anidride carbonica che lasciava andare. Poi ricominciava. Dentro ossigeno, fuori anidride carbonica, cercava di immaginarsi come una macchina, un macchinario che svolge semplici azioni. Inspira, espira. Una macchinario, ecco. Sarebbe stato così bello. Solo azioni meccaniche e previste, niente sentimenti, niente dolore lancinante per la mancanza del corpo di Louis addosso, delle sue braccia a proteggerlo.
Inspira, espira.
Harry chiuse gli occhi continuando a respirare nel modo più rumoroso possibile. Ecco un’altra cosa che aveva odiato del modo di andarsene di Louis.
Non se n’era andato sbattendo la porta, urlando, facendo casino. Era andato via quasi in silenzio... quasi come a far sì che nessuno se ne accorgesse.
Inspira, espira.
Harry odiava il modo in cui Louis era andato via, gli ricordava il modo in cui avrebbe potuto morire. Improvvisamente, senza preavviso, in modo silenzioso, non programmato. In modo che qualcuno quasi potrebbe non accorgersene.
Inspira, espira.
Si leccò le labbra. Perché era andato via? Voleva dire che a Louis non importava che lui era malato? Voleva dire che ... che non gli importava nulla, che Harry avrebbe dovuto affrontare la malattia da solo?
Era difficile da dire, perché Louis non capiva? Era difficile dire: sono malato, potrei lasciarti per sempre. Era difficile e Harry voleva Louis fosse felice, nient’altro.
Perché non lo capiva? Harry non aveva mentito, avevo solo omesso questa cosa... era andato via senza dire niente, ok, aveva sbagliato ma... ma lo aveva fatto perché aveva paura, aveva paura di tutto. Di far star male Louis, di morire davanti a Louis, così, da un momento all’altro.
Aveva paura...
Perché Louis era andato via così?
Inspira, espira.
“Harry?” aveva domandato la voce di Niall. Il biondo si era sporto oltre lo schienale del divano e aveva trovato Harry raggomitolato su se stesso.
“... è tutto ok?”
Harry aveva scosso la testa continuando nella sua respirazione meccanica senza sentimenti.
Niall si era guardato intorno e aveva registrato già dal primo passo in salotto l’assenza di Louis.
“... cos’è successo?” aveva chiesto girando intorno al divano e sedendosi accanto all’amico.
Harry aveva scosso di nuovo la testa. Non doveva essere distratto, doveva continuare a respirare senza pensare a niente.
“... vuoi un bicchiere d’acqua? Ti calmi e mi spieghi cos’è successo?”
Di nuovo nessuna risposta.
Così Niall aveva sbuffato e: “Allora ti faccio ridere... anzi, in realtà non è che faccia proprio ridere è solo che... ti racconto una cosa, ti va?”
Harry aveva annuito.
“Bene, però ti metti seduto... coraggio. Puoi continuare ad abbracciarti le gambe e a respirare come una donna in travaglio, giuro... però ti metti seduto” aveva intimato Niall puntandogli un dito addosso.
Harry aveva preso ancora tre respiri profondi poi piano piano si era raggomitolato di più, Niall gli aveva teso entrambi le mani e lo aveva aiutato a mettersi più o meno seduto.
Gli aveva sorriso e Harry si era morso un labbro. Gli girava la testa, voleva solo morire e il panico praticamente lo stava immobilizzando. Voleva solo che Louis saltasse fuori e gli dicesse: “è tutto ok amore”. Solo quello.
“Come va?” aveva chiesto Niall.
Harry aveva scosso la testa.
“Dai su, ora concentrati su quello che ti dico, ok?” aveva sorriso incoraggiante il biondo “... ecco... diciamo che... probabilmente... potrei... insomma... sai me e Stan?”
Harry aveva rallentato un attimo i respiri, aveva deglutito e qualcosa nei suoi occhi si era riacceso. Niall alzò le spalle contento di avere l’attenzione di Harry.
“Beh... forse... io... io te lo dico ma tu non lo devi dire a nessuno, ok?”
Harry aveva annuito ma Niall invece aveva scosso la testa.
“No Harry, devi rispondermi a parole... allora? Hai capito? Mantieni il segreto?”
“...s...sì..” aveva balbetto quello prima che Niall proseguisse.
“... allora mi fido. Ecco... ci siamo baciati qualche tempo fa...”
Harry spalancò gli occhi allentando anche la presa sulle proprie gambe. Fissava Niall che imbarazzato cercava di proseguire.
“... sì... e... ecco... prima di là in studio... ci siamo... abbracciati e... insomma... sai com’è ... i maschi... cioè ti accorgi subito se uno è contento di un contatto fisico, no?”
“... Oh Niall...” aveva detto Harry scuotendo la testa “... te lo stai inventando”.
“Nient’affatto” rispose il biondo alzando la testa per esporre il collo. Un marchio scarlatto, quasi perfettamente rotondo gli segnava la pelle candida appena sotto la mandibola “... è un succhiotto, lo ha fatto Stanley.
Harry si sporse in avanti per osservare da vicino: “Non ci credo...”
“Credici...” aveva detto Niall annuendo.
Cercava di non sorridere, di non mostrarsi felice per aver distratto Harry perché altrimenti gli avrebbe fatto ricordare perché era totalmente in panico.
“… ma... quindi sei...?”
“NO” aveva quasi urlato Niall “Non sono gay. Ok? Sono solo... solo molto legato a Stan”.
“Moltissimo” aveva riso Harry poco prima che Niall vivesse il momento più imbarazzante della sua vita.
Stan comparve in salotto con solo i boxer addosso, infilati per giunta al contrario. Le cuciture in bella mostra e l’etichetta su un fianco non lasciavano assolutamente spazio all’immaginazione.
Si stropicciò gli occhi senza badare a chi avesse intorno. Disse solo un distratto: “Nì? Quanto cazzo ci metti a prendere dell’acqua?”
Poi andò in cucina, aprì il frigo mentre Harry e Niall lo guardavano.
E Niall era certo qualcosa di più imbarazzante fosse in agguato. Stava per dire: “Stan, c’è Harry” ma quello lo anticipò con un: “Ho ancora voglia”.
Harry rise coprendosi il viso con entrambe le mani.
“STAN” disse Niall arrossendo.
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L'attimo prima di dopo
FanfictionSequel di: Un gettone e tredici minuti Larry-Ziam -- "Quando Harry scese dal treno e respirò per la prima volta in otto mesi l'aria di Doncaster, l'aria di casa, tutto tornò ad essere dolorosamente vero. Si guardò intorno mentre il secondo binario...