XXIII

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Rimase qualche minuto con gli occhi chiusi e la testa colma di pensieri. Continuava a provare una strana sensazione di inquietudine, come se tutto intorno a lui stesse prendendo una direzione sbagliata.
Tornó in camera ed indossò un paio di pantaloni. Scese le scale percependo un lieve vociare provenire dalla cucina. Avvicinandosi riuscì a distinguere le voci di Carlotta e di Dominica e alla fine anche quella di Nadia.
Arrivato sull'ultimo gradino si fermò, la tentazione di raggiungere la donna e farla di nuovo sua era tanta ,ma prevalse il bisogno di restare da solo e di mettere un pò di ordine nei suoi pensieri.
Così proseguì il suo cammino e arrivò davanti all'ultima porta del corridoio,quella che dava su un'immensa sala gremita di ogni tipo di attrezzo da palestra.
Al centro, sostenuto da una spessa catena di ferro torreggiava un grande sacco da box. Nicolas si avvicinò alla mensola accanto alla finestra afferrò un paio di guantoni e li indossò.
Sferró un primo colpo carico di rabbia ed impazienza, seguì il secondo, poi il terzo e così via.
Una scarica di pugni che facevano muovere il sacco ad un ritmo quasi ipnotico.
Colpiva la fredda pelle bordeaux come se potesse liberarlo da tutta la tensione che aveva accumulato in quei giorni.
Perché più ci pensava e più gli sembrava improbabile che nel giro di qualche settimana la sua vita avesse subito un mutamento silente eppure così repentino.
Ferro e I suoi deliri di onnipotenza uniti al suo egocentrismo radicato gli stavano creando non pochi problemi. Alcuni dei suoi alleati avevano iniziato a guardarlo con diffidenza e qualcuno come lo stesso Michael aveva persino osato fare il doppio gioco.
Nonostante potesse sembrare che la causa di tutto fosse da imputare a Massimiliano la verità era che qualcosa circolava nell'aria già da un pò.
Claudio il maggiore dei Ferro era in fermente attesa di una piccola scintilla che potesse far mettere in moto i suoi pleonastici piani.
Sferró un colpo più deciso al sacco e si fermò per prendere un pò di fiato.
Nella lista delle sue priorità però Claudio e i suoi capricci erano in fondo alla classifica.
Il suo pensiero infatti era perennemente orientato su quei bambini dei quali da giorni non si sapeva nulla.
Sui vicoli ciechi in cui si era imbattuto e che fino a quel momento non avevano portato a nulla.
Cosi come la sua costante, inesauribile , logorante ricerca della vendetta. Quella compagna di vita aggrappata alla sua pelle, ancorata alla sua anima e nascosta nella sua ombra.
Non vi era un momento in cui la sua mente non volgeva con il pensiero a quel vile.
Sorrise amaramente perché per raggiungere il suo obiettivo aveva finito per diventare come lui.
Aveva finito per essere egli stesso un uomo senza scrupoli,un uomo che camminava al passo con la morte.
Le sue mani erano sporche e colpevoli di aver versato molto sangue, ma mai se ne era pentito.
Lo avrebbe trovato, lo avrebbe scovato ovunque si stesse nascondendo.
Lo doveva a quel ragazzino che quindicianni prima con i piedi gelati e il corpo tremante aveva giurato di prenderlo distruggendo lui e chiunque portasse nelle vene quel fetido sangue.

L'odore nauseante di muffa aleggiava nella stanza e si faceva sempre più penetrante, così come il velo nero sulla parete diventava ogni giorno più ampio.
Il ragazzo poco più che adolescente però era ormai assuefatto da quell'odore tanto da non sentirlo neanche più.
Ogni suo ricordo era imprigionato in quella stanza, tra le pareti troppo sottili per trattenere voci, passi, risate e troppo spesse per permettere almeno ai suoi pensieri più bui di poter fuggire.
Un misto di mattoni e cemento che erano per lui come sbarre fredde d'acciaio ed indistruttibili.
I libri sgualciti e consumati giacevano sulla vecchia scrivania scricchiolante.
Conosceva a memoria ogni pagina, ogni parola delle storie che aveva letto e riletto senza sosta.
Troppo era il tempo che aveva per stare da solo con i suoi pensieri ed aveva imparato eccessivamente presto come fosse davvero la realtà. Era costretto ogni giorno a combattere contro quelle lacrime che lottavano per uscire, contro quel forte dolore all'altezza dello stomaco e quella insaziabile voglia umana di immaginare e racchiudere le proprie speranze nei sogni.
Speranze vane!
Quella notte il temporale sembrava non volesse dar tregua alle paure del ragazzo che rannicchiato sul logoro materasso premeva le mani sulle orecchie cercando di attenuare almeno un pò il forte rumore dei tuoni.
All'improvviso udì un agghiacciante boato, qualcosa che non aveva mai sentito prima. Con il cuore che gli era arrivato in gola avvicinò la sedia al muro affacciandosi alla piccola finestra del seminterrato,cercando con lo sguardo la causa di quel rumore.
La pioggia torrenziale però non gli permise di vedere nulla.
Nella casa si diffusero voci concitate seguite da passi frettolosi.
Sentì la chiave far scattare la serratura e preso alla sprovvista fece un passo indietro perdendo l'equilibrio e ritrovandosi sul pavimento.
Delle scarpe scure si avvicinarono a lui che rimase immobile dal terrore . Gli succedeva ogni volta che quell'uomo gli faceva visita. Ogni volta che il mostro entrava nella sua stanza.
Alzó piano e con timore lo sguardo.
Il volto olivastro velato da un sottile strato di barba appena accennato , gli occhi chiari che lo scrutavano pietosi.
Non era lui, non era la stessa persona, ma questo non bastò a tranquillizzarlo.
Lo sconosciuto Allungò un braccio e afferrò la sua mano.
Il ragazzo tentò di resistere, ma la sua forza era ben poca cosa rispetto a quella dell'uomo.
Lo guardò nuovamente negli occhi che gli parevano stranamente gentili.
Decise di lasciarsi guidare da lui senza sapere perché vi riponesse una irrazionale fiducia.
L'uomo si Affacciò alla porta con cautela, avanzando piano nel buio corridoio tenendo stretto il braccio del ragazzo.
I loro passi erano silenziosi e si poteva avvertire l'apprensione dai muscoli tesi del suo corpo.
Arrivarono alle scale che portavano al piano superiore e l'uomo Strinse con più forza, salirono piano i gradini scricchiolanti.
L'uomo fece un lungo sospiro prima di aumentare il passo e raggiungere la porta sul retro,che spalancò con impeto ritrovandosi all'esterno.
L'acqua scendeva copiosa e il vento sferza a i loro visi,mentre si apprestavano a rifugiarsi dietro il grosso tronco di una sequoia.
In quel momento un fulmine squarció il cielo rimbombando nel selinzio della notte. Il ragazzo spaventato si rannicchió su se stesso coprendosi la testa con le mani. Strinse gli occhi e speró che tutto finisse presto.
L'uomo accanto a lui lo guardò magnanimo, non riusciva neanche ad immaginare cosa avesse potuto passare quel povero fanciullo ma non era né l'occasione né la circostanza giusta per pensarci.
Il tempo a loro disposizione stava per scadere e se avesse mandato all'aria il piano non avrebbe avuto un'altra occasione. In più se lo avessero preso lo avrebbero fatto fuori all'istante.
Così facendo un respiro profondo, lo afferrò nuovamente conducendolo verso la fine del giardino.
<Vai >Gli disse indicando una piccola apertura tra gli incroci di ferro dell'alta recinzione.
Il ragazzo però non mosse un passo. Era terrorizzato e congelato .
Il freddo sembrava penetrargli nelle ossa togliendogli ogni capacità di movimento,inoltre era completamente zuppo e tremava come una foglia.
<Veloce. >gli disse questa volta con maggior durezza nella voce, tenendo sempre d'occhio la villa.
Titubante e spaventato si inginocchiò ed avanzó aiutandosi con i gomiti. Un cavo appuntito del recinto gli ferì la schiena, ma non diede peso al bruciore che sentiva e continuó ad avanzare ritrovandosi dall'altro lato.
Si mise in piedi a fatica, provato da tutto quel trambusto e un attimo dopo si trovò ad essere nuovamente trascinato.
Sempre più confuso si voltò verso la villa ma dell'uomo che lo aveva portato fin lì non c'era più traccia.
Puntó lo sguardo davanti a sé e l'unica cosa che vedeva erano le spalle larghe coperte dal lungo giaccone nero della persona che lo stava portando chissà dove.
Dopo pochi passi intravide nel buio un'auto scura, l'uomo aprì lo sportello e senza alcun tatto spinse il ragazzo all'interno.
Un secondo dopo lo sconosciuto era seduto sul sedile anteriore imprecando contro i suoi vestiti zuppi e la dannata pioggia.
Si posizionó una sigaretta tra le labbra e dopo averla accesa ordinò all'altro di mettere in moto e partire.
L'adolescente non fece domande, non ne aveva il coraggio.
Strinse le braccia intorno alle gambe tremanti osservando gli sconosciuti davanti a sé.
Il tragitto non fu lungo e ben presto percorsero una strada sterrata fino ad arrivare ad un grande casale.
L'auto si fermò proprio davanti alle scale dell'entrata e subito dopo si ritrovò per l'ennesima volta afferrato dall'uomo.
La pioggia non era più torrenziale e quando i suoi piedi freddi toccarono nuovamente il gelido suolo, il suo corpo fu attraversato da un brivido.

Seduto sulla poltrona in pelle marrone Walter osservava pensieroso le sciltille create dalla legna nel caminetto acceso.
Aveva acconsentito a quella richiesta perché mosso dalla compassione, ma non avrebbe mai messo in pericolo uno dei suoi.
Era passato troppo tempo e ancora non aveva ricevuto notizie. Nemmeno uno come lui era così folle da mettersi contro Igor,"il diavolo" veniva chiamato tra di loro.
Era conosciuto in particolar modo per la crudeltà e l'efferatezza con le quali infieriva sulle sue vittime.
Non aveva nulla di umano, era mosso solo da rabbia e brutalità. Guardò l'orologio al suo polso e poi volse lo sguardo verso l'entrata. Il rumore della porta infatti aveva attirato la sua attenzione.
Il primo ad entrare fu Luca che trascinava dietro di se la causa di quegli sforzi.
Il corpo esile, i vestiti logori e fradici, le mani intorno al torace e le labbra tremolanti.
Quello che aveva davanti non sembrava un adolescente ma un mendicante senza più nulla.
Lo osservò bene posando i suoi occhi in quelli del fanciullo che oltre alla rabbia, la paura e la curiosità nascondevano qualcos'altro. Come una piccola luce, una piccola fiammela che aspettava solo di essere alimentata.
Anche il ragazzo guardò l'uomo davanti a sé con un misto di curiosità e timore senza sapere che da quel giorno la sua vita sarebbe cambiata.

Nicolas afferrò il sacco con entrambe le mani fermandolo e appoggiandovi sopra la fronte.
Aveva il fiato corto e preso dal flusso dei suoi ricordi non si era reso conto di aver iniziato a sferrare colpi sempre più veloci.
<Capo>Massimiliano entrò impaziente raggiungendolo al centro della stanza<Questa la devi proprio guardare>Gli disse mettendogli davanti il suo smartphone.
Sul display le immagini di un edificio in fiamme e dei vigili del fuoco impegnati a cercare di spegnerlo.
<È il negozio di Michael >Lo informò prima che potesse fare delle domande <E la stessa fine ha fatto anche casa sua>Aggiunse spegnendo il telefono e infilandolo nella tasca dei pantaloni.
<A quanto pare Ferro non ha apprezzato il fatto di aver perso il nostro carico. >Affermò con un sorriso beffardo sul viso.
Nicolas sembrava pensieroso. Tutta quella storia era troppo strana ed intricata, non sapeva neanche per quale motivo, ma era convinto che dietro ci fosse tutt'altro, non si trattava solo del loro carico rubato e poi ripreso.
<E Michael? >Gli chiese sfilandosi i guanti e gettandoli sulla panchina.
<Sembra essere sparito nel nulla. Le sue tracce terminano all'aeroporto di Madrid dove è atterrato oggi alle sei e poi più niente. >
<Continua a cercarlo. >Gli ordinò oltrepassandolo e uscendo dalla stanza.
Mettere fuoco ai luoghi appartenenti a Michael gli sembrava troppo persino per Ferro, perché così facendo aveva attirato tutte le attenzioni su di sé e non era tanto sciocco da rovinarsi la piazza. Cos'altro poteva esserci?!
Entrò nella sua camera, su liberò dei pantaloni e dei boxer e si mise sotto la doccia.
Lasciò scivolare l'acqua calda su tutto il suo corpo e rimase così per qualche minuto.
La suoneria del suo cellulare risuonó per parecchio tempo per poi ricominciare subito dopo. A Nicolas non restó che uscire dalla cabina sgocciolante e rispondere alla chiamata.
<Capo>Gennaro non gli diede il tempo di dire nulla<Dovresti venire al locale.! Ho qualcosa che potrebbe interessarti >Asserì elettrizzato e trepidante.

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