𝟏𝟓. 𝐈 𝐰𝐨𝐧'𝐭 𝐭𝐨𝐮𝐜𝐡 𝐲𝐨𝐮

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𝐃𝐞𝐥𝐢𝐥𝐚𝐡'𝐬 𝐩𝐨𝐯

Non avevo mai riso così tanto.
Sul serio, per l'intero pomeriggio io ed Harry non avevamo fatto che ridere, ridere a crepapelle.
Fin dal mio arrivo, che fosse per la lotta con la farina mentre preparavamo le tagliatelle fatte in casa, per i balletti improvvisati in cucina mentre in radio partivano canzoni del tutto casuali, per i biscotti bruciati che avevamo dovuto buttar via e ricominciare o per la moderata quantità di vino rosso che avevamo bevuto.

Non avevamo smesso di ridere neppure per un istante e mi sentivo così bene.

Mi faceva male ogni singolo muscolo del viso per quanto avevo riso ed era una sensazione piacevole, una sensazione che mi scaldava il cuore e l'anima, una sensazione che – se ci pensavo a fondo – era così nuova da farmi venire le lacrime agli occhi per l'emozione.

«Dai, alla fine, siamo riusciti a preparare una cena del tutto rispettabile» ridacchiò il riccio distogliendomi dalla mia prima opportunità di pensare della giornata

«contro ogni aspettativa» scherzai riferendomi ai vari intoppi, che in realtà non avevano fatto altro che rendere la giornata migliore

«sai cosa manca?» domandò alzandosi da tavola per raggiungere la credenza, io osservai ogni suo movimento e – per un brevissimo istante – mi ritrovai ad osservare ammaliata il modo in cui quella camicia bianca arrotolata sulle braccia fasciava perfettamente i suoi bicipiti, i bottoni slacciati lasciavano intravedere parte del suo petto tatuato, il pendente a forma di croce accarezzava la sua pelle abbronzata

«uh-» mi schiarii la voce cercando di riacquisire lucidità—per quanto possibile in presenza di Harry
«cosa?» domandai

«del buon whiskey» sorrise lui tornando verso di me con una bottiglia e due bicchierini

«buon gustaio» ridacchiai osservandolo mentre si accomodava nuovamente di fronte a me.
C'erano stati degli sguardi tra di noi quella sera, era evidente quanto ci desiderassimo, lo era sempre stato – in realtà – ma non eravamo mai andati oltre, o almeno fino a quel momento.

Harry riempì i due bicchierini e me ne porse uno, con un brindisi silenzioso cominciammo a sorseggiarlo, poi notai lo sguardo pensieroso sul viso di Harry e sorrisi tra me e me, perfettamente a conoscenza di quel che gli passasse per la testa.
Posai delicatamente una mano sulla sua e i suoi brillanti occhi verdi incrociarono i miei

«sono certa che Posey si stia divertendo tanto quanto noi, la tua famiglia si prenderà cura di lei» lo tranquillizzai, alle mie parole il suo viso si rilassò istantaneamente e voltò la mano per stringere delicatamente la mia

«sai, c'è un posto» sorrise
«è un posto di cui non ho mai parlato con nessuno, un posto in cui nei momenti in cui tutto diventa caotico scappo con Posey e... mi piacerebbe portartici un giorno» alle sue parole corrugai leggermente la fronte e sentii gli occhi inumidirsi a causa dell'emozione

«vuoi uh—portarci me?» Harry annuì

«è il mio “posto speciale”, il mio rifugio. Tu non ne hai uno?» domandò, io ci pensai per qualche istante, poi scossi la testa in segno negativo

«io non ho un posto speciale» scrollai le spalle
«in realtà non avevo più intenzione neppure di avere un posto, in generale, ma... Londra mi piace, qui mi sento a casa» confessai, i suoi occhi erano fissi nei miei
«non credo mi sposterò»

«ti porterò a Botany Bay un giorno, nel Kent. C'è una casetta che un'anziana signora affitta, si trova nella parte più nascosta della baia, non c'è mai gente lì ed è il posto perfetto per staccare dal resto del mondo»

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