Capitolo 20: Cotidie damnatur qui semper timet.

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Cotidie damnatur qui semper timet è una locuzione latina che significa letteralmente:
"l'uomo che vive nella paura è condannato ogni giorno."
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«Noi non siamo niente, Bokuto.»

Le aveva visto un freddo in quegli occhi e/c, che la neve fuori dal locale sarebbe sembrata il fuoco di un incendio divampante, al confronto.
Era un ghiaccio così innaturale che Bokuto Kōtarō capì immediatamente quanta menzogna si celasse dietro quelle parole.
Quello che gli fece un male devastante fu proprio il fatto che gli avesse mentito con il solo scopo di ferirlo: era qualcosa di cui lui non sarebbe mai stato capace e che non sarebbe mai stato in grado di comprendere.

Non era una persona intelligente, questo lo sapeva bene il capitano della Fukurodani, ma l'empatia va molto al di là dell'intelligenza e lui, di empatia, ne aveva da vendere. 
Fu proprio quel tratto del suo carattere la chiave per intuire il sentimento più profondo, più pericoloso e più abbondante che teneva in una morsa vigorosa il cuore di Sawamura Y/N: la paura.
Così come gli animali attaccano se impauriti, allo stesso modo l'uomo si difende, con le armi o con le parole, quando viene minacciato e subentra il timore: se non si ferisce per primi, si viene feriti.
Y/N aveva paura di lui, aveva il terrore che le squarciasse ancora di più l'anima e, per questo motivo, l'aveva azzannato prima che potesse farlo lui.
Ma come poteva pensare questo?
Come riusciva a ritenerlo capace di una cosa simile quando non aveva fatto altro che starle accanto, supportarla, consolarla?

Fin dal primo giorno di quella strana relazione Bokuto aveva combattuto con le unghie e con i denti per averla: l'aveva tartassata di chiamate e messaggi, l'aveva convinta con l'inganno, o quasi, ad uscire con lui, le aveva dimostrato pazienza, comprensione, amore.
Le aveva dato tutto senza mai pentirsi perché aveva notato una complicità particolare quel venerdì diciassette novembre in cui c'era stato un solo sguardo sincero, tra tutti quelli annebbiati dall'alcol, ma in quel singolo sguardo lui c'aveva visto qualcosa per cui valeva la pena lottare.
E l'aveva fatto nonostante le voci, le critiche, le dicerie, lo aveva continuato a fare anche con Akaashi contro, anche con tutte le carte a suo sfavore e con ogni stella o pianeta in opposizione.
Si era preso le sue lacrime, le sue risate, le sue mani, se n'era preso cura in tutti i modi che conosceva, ma non era bastato: lei non si fidava ancora.

Bokuto strinse i pugni nei palmi delle mani e distolse lo sguardo dalla figura della gatta che, fiera, sapeva non si sarebbe mai rimangiata la parola.
Si infilò il giacchetto senza dire niente e, quando tornò a guardarla, lei aveva i suoi occhi piantati nel liquido scuro all'interno del bel calice decorato.
Le sue iridi, però, erano lucide: aveva fatto più male a sé stessa che a lui, quella paura prima o poi l'avrebbe disintegrata dall'interno.

Lui si chiese, mentre usciva dal locale spalleggiato dal fedele vice, di un umore quasi più nero del suo, se sarebbe mai riuscito a vincere contro quel terrore, se Sawamura Y/N era un traguardo raggiungibile oppure se, alla fine, avrebbe dovuto rinunciarci.

☆☆☆

L'aveva fatto arrabbiare, era chiaro.
E far arrabbiare Bokuto Kōtarō era un'impresa che non pensava sarebbe mai riuscita a compiere, né aveva mai avuto il desiderio di farlo: non se lo meritava.
Quando aveva visto i suoi occhi gialli indurirsi in quel modo che non gli donava per niente, aveva sentito una morsa allo stomaco che l'avrebbe fatta rivoltare su sé stessa se non fosse stata troppo orgogliosa da resistere.
Poi aveva avvertito gli occhi inumidirsi e si era fiondata sul bicchiere che ancora teneva nella mano destra, aveva dato una lunga sorsata e con essa aveva tirato giù anche le lacrime.

«Tu e Kuroo siete identici.»
Kenma aveva ragione: era diventata ciò che aveva sempre odiato.
Kuroo aveva lasciato una ferita troppo profonda dentro di lei, un malessere e una diffidenza che avrebbero finito col farla rimanere sola e incazzata col mondo, destinata a diventare carnefice a sua volta, despota e tiranno contro qualcuno la cui innocenza non era ancora stata toccata e che aveva avuto solo la grande sfortuna di incontrare una come lei.

Omnia vincit amor [BokutoxReader]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora