Chapter 30 - Panic

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Il viso bagnato, gli occhi arrossati e il cuore spaccato a metà.
Fuori diluviava e forti lampi e tuoni erano soliti interrompere la quiete presente in quel posto.
Durante la notte mi ero alzato per infilarmi un paio di boxer e una felpa per ripararmi dal freddo che si era alzato e avevo passato tutte quelle ore a piangere, fumare e pensare.

Forse non avrei dovuto permettere al biondo di arrivare fino a lì per riprendermi James. Volevo vederlo, volevo riaverlo con me e affiancarlo nella sua crescita ma finché sarei rimasto lì dentro non sarei mai riuscito a farlo.
Ricattarmi. Mio figlio stava diventando un oggetto utilizzato per ricattarmi e finché lo avrei avuto qui, Draco se ne sarebbe approfittato per usarlo ogni volta che qualche malsana idea si sarebbe fatta spazio nella mia mente e io non potevo permetterlo, gli avrei dato una vita migliore di quella che gli spettava una volta qui.

Mi alzai dal letto e dopo essermi infilato i pantaloni della tuta uscii dirigendomi nell'ufficio del biondo che era impegnato a guardare qualcosa al computer.

«Ehi» mi sorrise e si alzò venendo verso di me, fece per baciarmi ma io spostai il viso da un lato evitando che il contatto avvenisse. Lui si allontanò piano, aggrottò la fronte confuso dal mio gesto e mi guardò «È successo qualcosa?»

«Possiamo parlare?» domandai con un filo di voce, gli occhi mi divennero lucidi di nuovo al pensiero e le occhiaie erano visibili sotto gli occhi.

«Sì, certo» annuì e mi fece sedere su una sedia posta davanti la sua scrivania «Dimmi» mi incitò a parlare.

«James è ancora in quella casa famiglia?» chiesi.

«Sì, dovrebbero prenderlo oggi. Perché?»

«Non farlo prendere» soffiai sperando bastasse quello per fargli capire ciò che avessi intenzione di dirgli.

«Cosa? Perché?» continuò a chiedermi.

«Starà meglio là» risposi piano spostando lo sguardo su di lui.

«Non capisco, tu-..»

«Non c'è niente da capire» lo interruppi «Lascialo lì e basta» gli imposi.

«Hai deciso davvero di non tenerlo più? Dopo tutto quello che hai fatto e stai facendo per riprendertelo?» chiese retorico e a me scivolò una lacrima, di nuovo.

«Non dire niente, ti prego» sussurrai «È colpa tua se sono arrivato a questo, non cercare di convincermi» tirai su con il naso «Ho fumato due pacchetti di sigarette, non ho dormito e ho finito le lacrime quindi perfavore, non dire niente» continuai a dire utilizzando sempre lo stesso tono di voce. Mi alzai e uscii dall'ufficio spalanco la porta, velocemente raggiunsi la mia stanza e fui sollevato di trovarla aperta.

Entrai piano e mi stesi sul letto esausto, Ginny dormiva e in quel momento andava bene così. Non avevo voglia di parlare.

Mi misi sotto le coperte e dovetti trattenermi dallo scoppiare a piangere di nuovo. Non volevo, avrei voluto alzarmi e dirgli che tutto ciò che avevo detto non era vero e di non provare a fare nulla perché era mio figlio e volevo rimanesse con me ma non lo feci. Sapevo che lì sarebbe stato meglio, lo avrebbero cresciuto meglio di quanto avrei potuto fare io e lontano dalle grinfie di Draco sarebbe stato più tranquillo e sereno.

Affondai la testa nel cuscino e mai come quel momento mi ero pentito di una scelta che avevo preso; entrare lì dentro era stata la mia rovina e continuamente mi chiedevo perché lo avessi fatto. Quel posto mi aveva tolto tutto a partire dalla libertà fino ad arrivare alla dignità e subito dopo a mio figlio che era la cosa più bella che la vita avesse mai potuto regalarmi. E io ora lo stavo mandando via da me perché il posto in cui mi trovavo non era più sicuro per lui e avrei voluto abbracciarlo per dirgli che sarebbe andato tutto bene ma lui era lontano miglia e io solo un misero oggetto senza più vita.

Mi chiedevo se mi avrebbe mai perdonato per ciò che avevo fatto, se mai ne avrebbe capito le ragioni. Probabilmente mi avrebbe odiato, gli sarebbe rimasta per sempre la scena di quando me l'avevano strappato dalle braccia e si sarebbe per sempre chiesto perché non lo ero mai andato a riprendere.

E Draco. Lui era la causa di tutto.
Per entrare lì dentro non dovevi avere nulla da perdere e io avevo fin troppo. Questo lui lo sapeva bene e lo aveva sempre saputo ma aveva continuato a tenermi lì con lui sapendo che prima o poi questo sarebbe successo.

Un tuono scoppiò in cielo e con lui anche io che non ce la feci più. Milioni di lacrime ricominciarono a bagnarmi il viso procurandomi il respiro corto. Mi tolsi da sotto le coperte e mi rinchiusi in bagno dove il mio cuore prese a battere più forte, quasi ebbi la sensazione di averlo fuori dal petto. Le mani iniziarono a tremarmi e una sensazione improvvisamente di soffocamento mi pervase, dei brividi mi percorsero il corpo e un forte senso di nausea mi colpii.

Scivolai con la schiena lungo la parete e cercai di calmarmi ma sembrava tutto inutile. Pian piano si aggiunsero anche le vampate di calore e non avevo più dubbi su quello che stava succedendo: era un attacco di panico e io non avevo la più pallida idea di come calmarlo.

Mi sentii impotente, instabile e le lacrime ad appannarmi la vista non aiutavano; sembrava che più andasse avanti e più peggiorava.
Ero sull'orlo dal lanciare un urlo di disperazione totale ma la porta si spalancò all'improvviso imponendomelo.

«Harry» mi chiamò la voce «Ehi, guardami» mi spronò ad alzare il viso e io lo feci pentendomene subito dopo. Draco era davanti a me, in ginocchio e in quel momento lui era l'ultima persona che avrei voluto vedere «Calmati, okay? Non è successo niente» mi prese il viso fra le mani e io, piano, le tolsi per allontanarle da me. Non volevo che fosse lì, non volevo che mi toccasse o che cercasse di calmarmi.

Volevo aprire bocca per cacciarlo via ma non ce la feci, ero nel bel mezzo di una crisi di nervi e già respirare mi sembrava una benedizione. Non avrei sprecato fiato per lui, a quello ci avrei pensato dopo.

«Respira piano, recupera il controllo» mi disse decidendo non fosse il caso di toccarmi di nuovo ma in compenso mi tenne le mani strette alle sue e le nostre dita intrecciate. Decisi di ascoltarlo e tirai lunghi respiri fino a che non riuscii a calmarmi completamente; ci volle qualche minuto ma poi quando ci riuscii non esitai a sciogliere le nostre mani «Non c'è bisogno tu lo faccia per forza se non te la senti, lo sai?» mi disse retorico e a me quasi venne da ridere. Era ovvio non me la sentissi ma non avevo altra scelta, non più.

«Fallo» gli dissi «Mi abituerò», e solo il pensiero di abituarmi all'assenza di mio figlio mi fece venire i brividi, un'altra lacrima cadde infrangendosi sul pavimento «Come facevi a sapere-..»

«Non importa» mi bloccò prima che potessi finire la frase, avrei voluto sapere come avesse fatto a irrompere da quella porta al momento giusto ma lui non me l'avrebbe detto ed ero sicuro non lo avrebbe fatto mai.

Il silenzio calò e una voglia fulminea di farmi prendere per sfogarmi mi invase. Non avrei dovuto pensare al sesso in quel momento, non con la persona che tutto questo lo aveva provocato ma era l'unica cosa che mi rimaneva, la mia unica valvola di sfogo, l'unica via d'uscita.
Alzai lo sguardo verso il biondo che si stava alzando per andare via la mia voce lo interruppe.

«Hai da fare?» chiesi e lui si fermò per guardarmi, scosse la testa in segno di negazione.

«Perché?» domandò.

«Perché ho bisogno di sfogarmi» gli dissi «E voglio che mi scopi»

Nei suoi occhi si accese una luce e mi fece cenno con la testa di seguirlo, uscimmo e mi riportò nel suo ufficio dove si buttò sulle mie labbra baciandomi con trasporto fino alla stanza.

Era questo ciò di cui avevo bisogno. Essere scopato. Niente amore, niente delicatezza. Solo sesso e nient'altro.

Sex Brothel - DrarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora