Tempi bui

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Piano primo - interno2

Il coltello strazia la carne, affonda con precisione, anima propria.
Assapora ogni cartilagine, gioioso contro l'osso.

«È così difficile spingere un coltello in un corpo», si stupisce.

Profumo smesso, gocce di sudore, geme la schiena. Gli slip di ieri, dimenticati addosso, la maglietta sa di lei, la sua essenza.
La mano affonda ancora, si rafforza nello strazio. Capelli incollati alla nuca, occhi che si nascondono. Non lo guarda, non ci riesce, ma sente, tocca, annusa, bestia ferita.
Il sangue scivola allegro sul pavimento, sembra che canti.


Lui, disteso, scomposto.
« Che sorpresa! », pensa.
Mai ha immaginato che lei potesse, precaria e indifesa. Lei, inadatta, "che farei meglio a mangiare in mensa", "che farei meglio a trovarmi un'altra".
«Ho paura?», si chiede.
Non sente niente lui, da tempo. Ha smarrito persino lo scherno.
«Non sono arrabbiato, non è strano? Sto per morire? » .


Lei, travolta dal ricordo, quella volta, sul pianerottolo, in sottoveste. C'era caldissimo e si è trovata a scappare. Quella volta lui non era a casa. Nella vasca da bagno, sola, le è caduto addosso il dolore, tutto in una volta, croce nel cuore. D'un tratto la paura l'ha schiacciata. Schiva, spalanca la porta e casca sul pianerottolo nell'indifferenza del mattino. Che fresco che fa qui.


Lui non ha la forza, vorrebbe accarezzarla, lei così insufficiente.
«Questa volta hai proprio fatto un bel lavoro, sono fiero di te», il pensiero gli va in pezzi.
Le dita grattano il fazzoletto.
«Mi sono tutto sporcato, è tardi, devo andare».


Lei stringe gli occhi, li centra, li riapre.
Eccolo lì, l'uomo della vita, "bello non so, ma a me è sempre piaciuto". Quel qualcosa che ti colpisce, non indovini perché. Un "brav'uomo" alla fine di tutto, "non è che sia andata poi così male", dicono le amiche. Borghese il giusto, da non montarsi la testa, caruccio e simpatico, a volte, quando ha voglia di ridere. Ogni anno un viaggetto e d'estate la villeggiatura, gli piace abbronzarsi, anche a lei.

Però, quel però impudente, che salta fuori quando meno se l'aspetta. Da piccola il "non sei mai contenta", da grande il "ti devi accontentare".
«Non faccio mica apposta, dopo un po' mi stanco di fare sempre le stesse cose e mi va di cambiare. Io la chiamo curiosità, non è un difetto», si giustifica con voce di bambina.

Se lo ricorda l'ultimo però con lui. Era a fare la spesa. Frenato il carrello le è venuto il però, piantato in mezzo alla corsia. Carino, però...Belloccio, però...Cattivo, però. Quel però lì, quello cattivo, le si è piazzato davanti in corsa. Non riesce a respirare. Tuffa gli occhi nella borsa, cerca qualcosa, fa finta, è brava a dissimulare. Trema, scappa e dimentica.

Ed eccola qui, ora cosciente.

Lo guarda, una mano delicata sulla sua guancia, accarezza i bei tempi passati, mentre l'altra affonda il coltello nei tempi bui. 


*ogni riferimento a persone, cose e situazioni è puramente casuale

In mezzo al nullaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora