Era notte.
Faceva freddo.
Questi due semplici fattori sarebbero bastati in una serata normale a farla desistere da una uscita con gli amici. Ma la notte di Halloween, con un ultimatum alquanto pesante sulla testa, non aveva avuto modo di poter rifiutare l'invito delle sue amiche.
Alina, alla modica età di 22 anni, era da sempre stata il tipo di ragazza da appartamento. Preferiva un tè a un alcolico, un libro a un film, un film a un appuntamento.Si era ritrovata davanti a uno specchio a scegliere tra gli unici due vestiti decenti che teneva nell'armadio, solo in caso di emergenze come quella. La scelta variava da un basico nero, a un nero basico dotato di maniche. La scelta, dettata dal clima, era stata piuttosto rapida. Aveva abbinato un semplice stivaletto e un giubbotto di pelle. L'abbinamento le faceva alquanto schifo, ma nella sua vita non aveva mai provato più di molto a risaltare tra la folla.
Era scesa in rigoroso anticipo, come di consuetudine, aspettando con calma e qualche brivido sul basso muretto del condominio in cui abitava con sua madre. Quel vecchio palazzo aveva bisognoso di qualche restauro, una bella verniciata, e magari un cambio di vicini. Le urla provenienti dal quinto piano, sempre presenti, quella sera erano piuttosto accese. Uno spiacevole sottofondo alla sua quotidianità.
Proprie per quelle, e per quel suo vizio di dover essere sempre in anticipo, si era messa a camminare per le stradine un poco sgangherate del quartiere. Ed era in una di queste, scarsamente illuminata, che l'ettenzione di Alina era stata catturata completamente. A terra, nascosto in angolo, sembrava un cane. Un cane molto grosso. Sapeva che non si doveva avvicinare agli animali, soprattutto se randagi o selvatici. Ma infondo era umana, e un umano cade sempre nei suoi stupidi errori. Era un cane, un cucciolo di dimensioni alquanto grosse, ma pur sempre un cucciolo come tanti altri. Questo era ai suoi occhi.
Lo aveva richiamato dolcemente, e mentre quello si votava di scatto, la sua mente non aveva percepito le movenze strane, caute ma non animali, troppo presa a poter capire se il cane era di razza o meno. Forse un terranova. Ne aveva visti diversi, ed erano effettivamente enormi. E bavosi. Questo stava effettivamente sbavando.Solo dopo, quando era troppo tardi, quando l'istinto assopito da secoli si risveglia al predatore, si accorse che quello non poteva essere un semplice cane. Aveva urlato, a squarcia gola, nel vederlo saltare, nel notare che da in piedi era grosso. Troppo grosso.
Era stata schiacciata a terra, e subito dei denti affilati come rasoi erano penetrati nella carne del suo braccio. L'osso che veniva spezzato era stato ben udibile, facendola sbiancare e ammutolire. Solo dopo, sentendo che quella bestia scuoteva la testa da una parte all'altra, in preda a scariche di dolore tremende, aveva ripreso a urlare. Si erano allarmati un po' tutti, qualcuno aveva chiamato la polizia. Quelle urla, non erano le solite urla di quartiere.
Un paio di uomini coraggiosi erano corsi in strada, seguendo le urla. Uno di loro, cacciatore con anni di esperienza, era sceso col fucile. Infondo un cacciatore, nella maggioranza dei casi, quella cosa se la portava pure a cena. Aveva sparato alla bestia, senza pensare molto alla ragazza sotto di essa o alle possibili sanzioni, ma aveva effettivamente funizonato. Guaendo la bestia aveva mollato la presa, aveva scosso il muso ed era corsa via, nel folto del bosco.
Subito qualcuno era corso da Alina, in lacrime e tremante dalla testa ai piedi. Sentiva il sangue e la saliva della bestia colare praticamente ovunque, ma il dolore era così offuscante che non ci stava effettivamente dando peso.
Qualcuno che la conosceva aveva chiamato sua madre, che era corsa in strada in pigiamata e pantofole, cercandola con la voce spezzata.
Solo dopo qualche minuto l'ambulanza era arrivata, caricandola su una barella e mettendole un collare alquanto inutile ma a loro dire necessario.Dopo quell'attacco, nel giro di qualche minuto e dopo decine di testimonianze raccolte dalla polizia, la notizia si era sparsa un po' ovunque nella città. E come tutte le notizie di città di poco conto, quando non ci scappa il morto, nel giro di qualche settimana era svanita nel nulla.
Le uniche persone, forse stupide o forse più furbe, che non avevan scordato quella storia erano Alina, sua madre e il cacciatore.
Una perché vittima, una perché madre e l'ultimo perché eroe.Ma sta di fatto che in quella notte sfortunata, dopo uno spavento immane e lo scalpore generale, della bestia non si ebbe più traccia. Un orso incattivito dalla fame. Così era stato definito dai media, in base alle descrizioni locali. Però non era più stato trovato.
Quasi un mese dopo, quando questa vicenda era stata scordata e Alina era occupata nella sua riabilitazione, sulle prime pagine dei giornali svettava una notizia più succulenta, di quelle che scavano nella curiosità della folla.
Nella foresta, vicino a un fiume, era stato trovato il corpo senza vita di un uomo. Le uniche notizie che si sapevano erano che era un maschio di circa quarant'anni, ritrovato nudo, ucciso da un colpo di fucile da distanza quasi ravvicinata. La famiglia aveva dato l'annuncio di scomparsa il giorno dopo Halloween.Nessuno aveva collegato nulla. Nessuno aveva sospettato nulla. Il cacciatore era un eroe, Alina una vittima.
Quell'uomo morto.
STAI LEGGENDO
The Wolf And The Moon
WerewolfQuando Alina era nata, in un normale quartiere della sua città, mai avrebbe immaginato un giorno di diventare quello che nemmeno considerava reale. Dopo 22 anni, diplomata e frequentante il secondo anno di lettere moderne alla sua università, la sua...