Capitolo 18. Siamo nella merda

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Trovarmi da sola in un casinò pieno di ricconi non rientrava assolutamente nella mia lista di cose da fare quell'estate. Per qualche assurdo motivo ero lì lo stesso.

Devo ricordarmi di non rivolgere la parola a sconosciuti fighi all'aeroporto, la prossima volta.

Lanciai una fugace occhiata ad Arsène Lupin che prendeva posto a una sedia libera al tavolo delle puntate, rivolgendo un sorriso ammaliante ai presenti. Salutò con un cenno della mano Christopher Caufield neanche si conoscessero da una vita e lo guardai esclamare qualcosa a gran voce, probabilmente una cazzata, cosa che suscitò una risata generale al tavolo, e io mi ritrovai a distogliere lo sguardo innervosita.

Innervosita dal fatto che mi avevano come sempre lasciata indietro, senza dirmi nulla in anticipo.

Come diamine potevo fare qualcosa se non mi avvisavano manco con dei segnali di fumo? Assurdo, pensai alzando gli occhi al cielo. Era come se presupponessero sin dall'inizio che io fossi utile come un calzino spaiato alla situazione, alla soluzione del caso. Non avevamo forse cominciato il caso insieme?

Sbuffai e lasciai che i miei occhi scannerizzassero l'intera stanza, mettendomi leggermente da parte per non stare in mezzo ai piedi. C'erano almeno dieci tavoli diversi che ospitavano dieci tipi di giochi d'azzardo diversi, mentre tutte le persone che giocavano erano talmente prese che pareva non si accorgessero che cosa stesse succedendo attorno a loro.

I lampadari che ondeggiavano sopra le nostre teste erano di forma talmente intricata che la luce calda che emanavano, scendeva come una cascata sui presenti, fondendosi completamente con l'ambiente roccocò, le decorazioni dorate disposte persino sul soffitto. Tutto grondava di ricchezza eccessiva e volgare.

Dava quasi il voltastomaco.

Sherlock Holmes intanto non si vedeva da nessuna parte e io mi meravigliai di come cazzo me lo ero fatta sfuggire così. Mi strinsi nelle spalle e quando tornai a guardare il tavolo da gioco di Arsène, me lo ritrovai ad indicarmi mentre conversava con il cugino della nostra vittima.

Cosa diavolo-

Christopher mi lanciò un'occhiata che potremmo definire oscena, cosa che mi fece quasi vomitare sul tappeto rosso ai miei piedi. Dio Cristo quanto avrei voluto dargli una padellata, peccato che non potevo attirare più di tanto l'attenzione su di me. Mi limitai a un dito medio e a una smorfia schifata.

Ew.

Decisi di levarmi da quella postazione, dato che la serata stava andando piuttosto di merda. Arsène stava chiacchierando con quel pedofilo, William si trovava Dio sa dove, e io non stavo assolutamente facendo un cazzo. Come sempre.

Mi tornò in mente la conversazione che avevamo avuto una manciata di minuti prima, dove uno dei miei due amici aveva menzionato un certo Marcus Davis, ex compagno di università di Jonas. Si era appena alzato dal tavolo da poker, rimasto quasi completamente vuoto, consegnando una discreta quantità di fiches al croupier e in quel momento aveva incominciato ad allontanarsi verso la sala slot.

Nè Sherlock nè Arsène avevano niente sul fatto che io non lo potessi approcciare, giusto? Giusto.

Mi lasciai il vestito sulle gambe e presi un respiro profondo. Avrei potuto essere una giornalista di un giornale sconosciuto, che esprimeva le proprie condoglianze e faceva un paio di domande. Già. Facile e indiscreto.

Feci per seguirlo, ma poi mi bloccai e pensai di essere sul punto di urlare.

Qualcun altro entrò nella stanza e io rimasi immobile come una statua di sale. Il tizio che aveva minacciato me e Holmes con un coltello al motel. Aveva le mani ficcate nelle tasche di un paio di pantaloni da un taglio lontanamente elegante e una faccia incazzatissima.

Sherlock, Lupin e Io - Vacanza con delittoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora