Ero sempre stato un ragazzo vivace, esuberante e ho sempre avuto molta energia.
Fin da piccolo mi dicevano che a volte parlavo senza alcun senso di cose, questioni e argomenti privi di alcuna logica. Secondo i miei genitori sparavo frasi completamente a caso ed ero convinto che alcuni oggetti fossero vivi.
Mi rimproveravano sempre perché gli facevo fare brutta figura o li mettevo in imbarazzo davanti ai loro amici e conoscenti o persone importanti.
Compiuti i dieci anni i miei iniziarono ad arrabbiarsi sempre di più. Mio padre iniziò a picchiarmi ogni volta che ne dicevo una delle mie. Anche mia madre a volte, ma lei invece si accorse che non lo facevo apposta.
Decisero di rinchiudermi nella clinica quando avevo dodici anni. Resistetti 3 anni.
-uhm si capisco e dimmi, questo come ti fa sentire? Oh Millie, devi andartene. Sono in piena seduta con un cliente-
-scusami, come hai avuto la poltrona? E dove hai trovato la mantide?-
-ha preso un appuntamento...? Sai è così che funziona. Ok, puoi andare. Ci vediamo la settimana prossima, e ricordati di fare meditazione. Beh, come è andato il primo giorno?-
-sono rinchiusa in una clinica psichiatrica, non lavoro al luna-park-
-un punto per lei Millie di Washington-
-qui dentro non si respira. Ma perché hanno sbarrato le finestre?-
Come dicevo, resistetti solo 3 anni. All'età di quattordici anni decisi di far buon uso della mia finestra e del fatto che la mia camera fosse al settimo piano.
I primi tempi non sembrava male, anche essendo in una clinica psichiatrica, ma dal secondo anno inizia il vero inferno. Pillole che ti stordiscono e rimbecilliscono, sonniferi, notti e notti passate nella camera gommosa con una camicia che ti tiene le braccia ferme e quasi non ti senti respirare.
E se ti rifiuti di mangiare a pranzo, probabilmente perché cucinano con ingredienti trovati in discarica, ti rinchiudono a chiave in camera ammanettato al letto.
Per non parlare solo del fatto di essere qui. Solo del fatto che, anche se hai la testa sballata, come dicono loro, siamo coscienti di essere in una clinica psichiatrica.
Siamo coscienti di avere qualcosa che non va ma molti di noi non hanno idea di cosa abbiano. E rimaniamo così, convinti di avere qualcosa di sbagliato ma non sappiamo cosa. Restiamo con il dubbio. E questo ci tormenta giorno dopo giorno.
Alcuni hanno resistito, io no. Io non potevo continuare così.
Feci un sospiro guardando in basso, poi risposi a Millie.
-le finestre sono sbarrate per causa mia-
-che vuoi dire?-
-mi sono suicidato Millie, mi sono buttato da quella finestra-
-quindi sei mor...-
-sono morto, sì-
-Jamie, mi dispiace-
-tranquilla-
-ma se tu sei morto, e io ti vedo e ti sto parlando...vuol dire che...posso comunicare con i morti?-
-a quanto pare-
-ora capisco tutto. Tutte le persone con cui ho parlato da piccola, erano già morte. Sapevo di non essere pazza, sapevo che non erano amici immaginari. Che strana abilità però-
-almeno posso parlare con qualcuno-
-Jamie, mi dispiace davvero. Quando vuoi parlarne sono qui-
-la ringrazio Millie di Washington-
-si figuri-
Millie scese a pranzo, io mi sedetti sul letto. Dovevo farla uscire da questo posto il prima possibile o sarebbe impazzita sul serio. Non sapevo se avesse resistito o se gli fosse venuta la malsana idea di fare ciò che ho fatto io. Dovevo aiutarla a scappare dalla clinica.
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Psichiatria All'Inferno
General FictionUna ragazza di tredici anni, Millie, ha una particolare abilità che i genitori non riescono a capire. Credendola pazza, la rinchiuderanno in una clinica psichiatrica per ragazzi dove lei sarà la coinquilina di un tipo alquanto strano e divertente. ...