Due: «Ultima volta.»

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Taehyung se ne stava nel suo studio, comodamente stravaccato sulla sua poltrona rivestita di velluto rosso fuoco, giocava con la catenella che aveva indossato quella mattina, era un anello collegato ad un braccialetto che gli percorreva la mano. Gli piaceva la sensazione di freddo del gioiello, il rumore che faceva quando se lo rigirava tra le dita.

Jimin gli stava parlando dell'ultima battuta di caccia, o per lo meno di quanti umani lui e la sua squadra erano riusciti ad ammaliare per potergli fare dei prelievi del sangue per rimpinguare le loro scorte. Il suo migliore amico era sempre molto organizzato, gli forniva dei resoconti prima ancora di uscire dalla tenuta. Per quella battuta di caccia in particolare, aveva segnato che avrebbero riportato a casa circa una cinquantina di sacche di sangue. Il conteggio finale? 51 sacche colme fino all'orlo. Perfetto, come al solito. Gli stava anche spiegando che probabilmente, se avesse continuato a trasformare più persone, a breve gli sarebbe servito come minimo un altro frigo nuovo per il mantenimento delle sacche alle giuste temperature e il Sire lo stavo ascoltando attentamente, cercando di concentrarsi sulla valuta di cui stava parlando. Cambiavano paese circa ogni vent'anni, quando la gente cominciava ad accorgersi che né lui né nessuna delle persone che gli ruotava attorno, invecchiavano e il problema più grave, per Taehyung, era che ogni paese aveva una moneta diversa e non sempre riusciva a stare al passo con i conti. Meno mano che aveva Jimin, non avrebbe mai saputo come fare senza di lui.

In ogni caso nessuno si poteva permettere di entrare nel suo ufficio, tutti bussavano o addirittura si facevano annunciare dalle guardie ma non sempre Taehyung permetteva di essere disturbato. Anzi, quasi mai lasciava che qualcuno lo infastidisse.

Negli ultimi due mesi, però, alcuni particolari erano leggermente cambiati.

«Hyung!» Jungkook spalancò la porta del suo ufficio, entrando convinto ed emozionato, come se fosse abituato a varcare quella soglia. Congelò sul posto quando si rese conto che il suo Sire non era solo. «Oh-oh...» Disse ad alta voce, come un bambino quando viene colto a fare una marachella. Taehyung lo stava fulminando con lo sguardo, Jimin continuava a spostare lo sguardo da uno all'altro con fare cosciente di ciò che stava accadendo. «Io...emh...aspetto qua fuori.» Terminò il ragazzo, facendo retro front e tornando a chiudere la porta. Solo quando se ne fu andato, Taehyung poté prendere un respiro profondo.

«Hyung, mh?» Jimin non si era lasciato scappare quell'appellativo usato dal più giovane.

«Probabilmente pensava fossi solo.» Si giustificò immediatamente il corvino.

«Quindi ti chiama così quando rimanete soli?» Non rispose, non sapeva che cosa rispondere. «Rimanete spesso soli? Per prendersi queste libertà immagino di sì.» Silenzio. Abbassò lo sguardo su quella dannata catenella che aveva al polso, ripensando al regalo che aveva fatto a Jungkook appena dieci giorni prima, per festeggiare il fatto che avesse superato il primo modulo dell'addestramento. Gli aveva regalato un qualcosa di simile, una catenella che si legava intorno al collo e intorno alla vita, i due giri erano collegati tra loro da una terza catena che percorreva tutto l'addome. Taehyung avrebbe voluto vederglielo indossato ma per farlo prima doveva spogliarlo e non avevano ancora superato quella pericolosa linea. «Tae?» Tornò ad alzare lo sguardo ed osservò il suo migliore amico.

«Dice che spesso si sente solo, che non riesce a legare con gli altri novizi anche perché loro sono molto più avanti nell'addestramento rispetto a lui. Si annoia e mi viene a trovare.»

«Non mentirmi.» Fu lapidario l'altro.

«Non ti sto mentendo.»

«Taehyung, ti conosco da quasi 300 anni, siamo andati a scuola insieme, ti ho implorato di trasformarmi perché non avrei mai potuto immaginare la mia vita senza di te. So come sei fatto, ricordo com'eri da umano.»

My blood into your veins | taekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora