12.~Compatire~

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KIM NAMJOON

La pioggia batteva sul vetro di quella finestra che dava a quella stupida e vecchia fontana di casa. Il giardino era impeccabile, il verde dei prati era luminoso e i fiori circondavano tutta la casa. Rm si alzò da letto appoggiando la testa sui palmi delle mani, tutto era storto e girava, davanti a lui era posizionata la scrivania in pioppo cosparsa di fogli e penne, una sedia in pelle tutta mangiucchiata e usurata. A terra vi erano i vestiti di una settimana, già una fottuta settimana dove l'unica cosa che fece fu bere a dismisura e allenarsi fino allo sfinimento, rompendosi tutte le nocche delle mani. Sei giorni che non la vedeva, sei giorni che non sentiva quel maledetto e nauseante profumo di fiori e frutti dolci, sei giorni che quella fastidiosa voce non echeggiava per le vie di quel inutile e insensato paesino. Sei insopportabili giorni in cui la sua mente era offuscata, immersa e completamente occupata da quei lunghi e orribili capelli rossi, invasa da quelle curve abbondanti, ma allo stesso tempo esili ed insignificanti, da quel viso privo di vita ma carico di espressione. Una odiosa settimana di schizzi d'ira, rabbia, scontrosità e nervosismo, una funesta settimana di calci pugni e continuo allenamento pur di occupare la mente. Ma imperterrita Lei era sempre lì.

"Cazzo... cazzo... CAZZO!" Urlò scaraventando il comodino a terra, rompendolo in pezzi.

Non capiva quale fosse il suo problema, quale motivo ci fosse per questa ossessione malata, per quale maledizione e per conto di chi. Non concepiva il suo costante desiderio di anche solo vederla, non comprendeva quel suo costante pensiero perverso di poterla toccare, non assimilava quel suo desiderio di sentirla sua, di prenderla e farle urlare il suo maledetto nome. Come sarebbe suonato dalla sua bocca? Che sensazioni avrebbe provato sentendo il suo vero nome pronunciato da quelle rosee e sottili labbra? Cosa stava germogliando dentro quel corpo fatto di muscoli e forza bruta. Rm era sempre stato così confusionario, Rm non odiava la vita, Rm non era un cattivo ragazzo, Rm amava studiare, leggere, scrivere, comporre e aiutare. Rm amava la madre come si ama il proprio figlio, lei era la sua luce, il suo appiglio, il suo unico e grande mondo. Rm aveva anche un padre, un uomo bello, possente e potente, capo dell'impresa Kim, dirigente e presidente di quella compagnia che dava e sfamava milioni di famiglie. Rm aveva questo uomo nella sua vita, questa persona che lo obbligava a prendere il suo posto, che lo incitava a studiare economia e commercio, lo costringeva a lavorare con lui e per lui. Un giorno però si ribellò al padre, litigarono e dalla bocca di quell'uomo uscirono cattiverie, offese e minacce. Non era mai stato un uomo violento, manesco, non si era mai permesso di toccare la madre, la donna che lui stesso amava e proteggeva. Quella sera, mentre lui e suo padre discutevano, la madre si intromise difendendo il figlio, comprendendo quello che lui amava e voleva fare della sua vita, cercando in tutti i modi di farlo ragionare e comprendere i desideri del figlio stesso. Fu un incidente. Non fu volontario, ma accadde. Il padre colpì la madre con uno schiaffo, talmente violento che le lasciò un graffio profondo sullo zigomo. Quel rosso mogano che ricadeva su quel bianco e curato viso, quel colore che contrastava quel nero imponente di quelle iridi spaventate e colte alla sprovvista. Un fischio assordante ricopriva e circondava quella immensa casa. Non ricordava come e da dove estrasse tutta quella forza, se il vero bersaglio fosse lei o lui, ma non poté scordare quel ghigno incazzato, intagliato alla perfezione sul viso giovane di Namjoon. Nero, fu tutto nero e nel giro di pochi secondi anche il padre venne colpito da una serie di pugni assestati. Rm alla fine aveva le braccia distese difronte quel corpo svenuto e sanguinante del padre. Fu in quel istante che la sua vita cambiò. I sensi di colpa lo persuasero, rendendolo distaccato e freddo, nascondeva i suoi sentimenti e le sue paure. Essere vulnerabili non era concesso, lui doveva proteggere ciò che amava e che gli apparteneva. Se amare significava quello, allora lui avrebbe amato ossessivamente, se affezionarsi significava essere gelosi allora non avrebbe permesso a nessuno di darli motivo di esserlo, se amore significava uccidere allora lui avrebbe ucciso. Forse però quella visione distorta che lui aveva, col tempo lasciò solo un'amara solitudine. Chiuse con il lucchetto il cuore lasciando spazio al nulla. Le donne c'erano, ma per una sola notte, un piacere veloce e alle volte insoddisfacente, ma c'era. Non era importante chi fosse, l'importante è che non ci fosse l'indomani mattina nel letto. Escort, prostitute e stripper, le più semplici da accalappiare, quando necessitava di svuotarsi sapeva che locali e dove trovarli, Taehyung conosceva bene quei posti. Mai però c'era anche solo un accenno di sentimento.

Teach Me ~ K.NamjoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora