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Jordan

«Jordan, aspettami!» grida Danika, seguita dai ragazzi.
L'asfalto è bagnato, la pioggia cade irruenta sui nostri corpi. Il completo è fradicio, la camicia è ormai aderita al petto come una seconda pelle. Attraverso la carreggiata correndo ed arrivo davanti alle porte del tribunale con enorme anticipo, di Henry Mavis nemmeno l'ombra. Acconcio i capelli con le mani e strizzo le trecce. Mia sorella cerca di pulire la giacca con l'uso di una salvietta di stoffa, Travis ride alla scena.
«È zuppo non sporco, genio!» fisso l'espressione contrariata della ragazza e accarezzo la guancia, un gesto carico di premura.
Non preoccuparti, va tutto bene.
«Posso darti la mia giacca, io resterò nascosto» suggerisce il biondo, Danika annuisce.
«Dovresti Jordan, ti prenderai un malanno» Tyron alza gli occhi al cielo.
«E noi non vogliamo questo» conclude la frase.
Sono davvero fortunato per tutto questo, grato.
«Jordan, sei già qui» la voce mascolina di Henry richiama la nostra attenzione.
L'ombrello rosso protegge gli indumenti, la ventiquattrore nella mano destra, gli occhiali sul naso e il sorriso sulle labbra. I miei occhi si soffermano però, sulla donna dietro di lui.
Il cuore nel petto compie una leggera giravolta alla vista delle generose curve, messe in risalto da una gonna stretta. Pensieri impuri si fanno spazio nella mente alla vista delle gambe nude. Le labbra risaltano grazie al rossetto rosso, i capelli non cadono più sulle spalle, e non l'avevo mai notato, fino ad ora.
Il colore del tailleur risalta le iridi rare, il nero è il suo colore.
Sostiene il mio sguardo, senza abbassare il capo.
Suo padre ci presenta, ignaro di ciò che abbiamo fatto.
«Sono Altea Mavis, piacere» scosta una ciocca di capelli dal viso e nasconde un sorriso con la mano destra. La voce è la stessa, sexy e seducente. Serro gli occhi per rievocare i gemiti e i sussulti della notte precedente. Stringo la mano e cerco di sfiorare impercettibilmente i polpastrelli, i brividi attraversano la mia spina dorsale. Travis, Tyron e Danika fissano la scena incuriositi, prego in silenzio che almeno uno di loro finga di non conoscerla. Il moro resta al gioco, si presenta con un ghigno divertito e studia il suo viso con curiosità.
Ammira il suo corpo, forse troppo.
Tossisco accigliato, la gola brucia.
Non guardarla in quel modo, per favore.
Non davanti a me.
«Entriamo?» incito, stringo i pugni. La mascella tesa e lo sguardo infuocato. Altea riprende il controllo e cerca di attirare l'attenzione. All'interno del tribunale cammina sfiorando le nocche della mano destra, fissa il mio viso in cerca di una spiegazione. Mi allontano velocemente, quasi scottato dal contatto. Non posso essere geloso di qualcosa che non mi appartiene. Non ho tempo per i sentimentalismi, non posso permettermi distrazioni. Gli occhi grandi osservano ogni espressione, scende lungo la camicia ed arriva alle mani. Vorrebbe afferrarle, portarsele alle labbra e baciarle, come l'ultima volta. Arrivata in aula siede accanto a Danika, io resto in piedi davanti a tutti. Sono calmo, studio la difesa e esamino la donna. Amber Campbell, redattrice di una delle riviste più lette di TysonVille, é qui davanti a tutti. La pelliccia bianca poggiata sulle spalle, i capelli raccolti e collane d'oro al collo.
L'avvocato le comunica qualcosa, lei annuisce.
Il giudice fa il suo ingresso in aula, ci alziamo in piedi.
«Buongiorno a tutti» saluta con un cenno del capo entrambi i legali e continua.
«Il quarto caso di oggi è: Amber Campbell contro Jordan Ares Jones» legge alcuni documenti, alza lo sguardo su di noi e accenno un sorriso.
Leggero, a tratti timido.
«Le sue accuse sono: diffamazione e calunnia» la donna annuisce, cauta.
«In questo caso chi rappresenta l'accusa e chi la difesa?» chiede.
Il primo a prendere parola è l'uomo sulla quarantina in piedi dall'altro lato della sala.
«Buongiorno, sono l'avvocato Felipe Ramirez, rappresento la Signorina Campbell» le guance sono rosse per il freddo, tossisce malamente.
Henry si aggiusta gli occhiali sul naso e erge in piedi.
«Sono Henry Mavis e sono qui per esprime le volontà del mio cliente, accusato di fare uso di sostanze stupefacenti durante le competizioni» indica me, pronto ad esporre tutte le prove che ha con sé.

*

«Hai visto l'espressione dell'avvocato di Amber Campbell quando Henry ha mostrato tutti gli esami anti-doping degli ultimi anni?» urla Travis.
«E quando è stata precisata la somma del risarcimento?» chiede ironica Danika, tenendosi la pancia con le mani.
Ridono rumorosamente attirando gli sguardi stranieri dei presenti, attendo l'avvocato, solo per complimentarmi. Nel frattempo la pioggia non cessa di cadere sulle nostre teste, le nuvole grigie e cariche di pioggia incorniciano il pomeriggio già buio e scuro. Non avevo dubbi sulle potenzialità di Mavis, mi ha salvato più volte.
La vedo uscire, Altea cammina velocemente, una gamba davanti all'altra. Scosta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, gesto nervoso, e sistema la borsa sulla spalla. Non sorride anzi, ha lo sguardo di chi vorrebbe dissolversi nell'aria.
Travolge un anziano e si scusa, correndo via.
«Perché sta scappando?» Danika irrompe il silenzio.
Non rifletto, la seguo.
Intravedo la sagoma all'interno di un auto e picchietto sullo sportellino. Gira la testa verso di me, morde il labbro inferiore e tira su col naso. Il mascara le cola sulle guance, il rossetto è ormai un lontano ricordo per quanto è stato torturato. La giacca è perfettamente abbottonata e scaccio via il pensiero che qualcuno possa averla violata. Spalanco la portiera e mi fletto sulle ginocchia, incurante delle gocce che offuscano la vista. Approfitto del momento, protendo le mani e afferro le guance. Le bacio, lentamente. Una alla volta, prima la destra e poi la sinistra. Le lacrime salate bruciano sulle labbra secche, pizzicano intensamente. Socchiude le palpebre e si bea della sensazione, scossa ancora dai singhiozzi.
«Cosa è successo?» cerco una spiegazione.
«Mi ha minacciata, vuole sopprimere la mia carriera, Jordan. Io non posso perdere un altro lavoro, capisci?» lamenta.
Affonda il viso nel gomito e trema.
«Tuo padre non lo permetterà» affermo.
«Io non lo permetterò» dichiaro.
Deciso scuoto ripetutamente le piccole spalle, così che possa riacquisire la lucidità persa.
Come può una donna sicura, essere anche così fragile?
«Non voglio perdere l'unica cosa che amo» la sofferenza delle parole squassa il mio cuore.
«Non la perderai, promesso» le porgo il mignolo, un gesto infantile ma ricco di significato. Isabel userebbe la stessa tecnica, i bambini hanno da insegnare molte cose a noi adulti. Stringe il dito sul mio ed accenna leggero sorriso, vorrei baciarla. Ho bisogno di baciarla. Questa volta è lei a farlo, sovrappone le nostre bocche senza esitazione.
I Greci erano convinti che l'anima dell'amore potesse evadere dal corpo e liberarsi nell'aria, attraverso la luce degli occhi e attraverso la bocca. Il bacio dato con dolcezza è l'unione ''psichica'' di due amanti.
Allora perché io mi sentivo legato a lei ancor prima di averla baciata? Perché quando sono con lei brillo di una luce diversa?
Mi sento intorpidito, frastornato, confuso. È questo l'amore? Allora, perché sono così spaventato?

Io sono Jordan Ares Jones, e di questo gioco, non conosco le regole.

#spazioautrice
Questo capitolo lascia un pó l'amaro in bocca,me ne rendo conto.MI RIFARÒ,PROMESSO!
Un bacio,Fatima.🌹

The Boxer's Clan.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora