Capitolo 6 ‹‹ Youngjo››

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Gunhak pov

Non appena tornai nella casa che condividevo con gli altri mi tolsi le scarpe e il cappotto che appesi all'appendi abiti. Mi avviai, poi, verso il salotto dove venni accolto da Youngjo seduto a gambe incrociate sul divano con anche le braccia incrociate al petto e lo sguardo puntato sul cellulare.

Mi sedetti al suo fianco picchiettandogli una coscia con la mano.

<< buonasera anche a te >> lo salutai rompendo quel silenzio che si era venuto a creare non appena misi piede in quel locale.

<< mh >> rispose soltanto continuando a tenere lo sguardo puntato sullo schermo del telefono.

<< che succede?>> domandai avendo ormai capito che doveva essere successo qualcosa per portarlo ad assumere quell'atteggiamento che odiavo tanto quanto lo conoscevo bene.

<< non...>> provò a dire ma io lo fermai sapendo perfettamente cosa volesse dire.

<< non osare a dire "non ne voglio parlare" >> dissi e lui finalmente si voltò verso di me e giurai di voler prendere a cazzotti chiunque lo abbia ridotto di nuovo così. Aveva gli occhi lucidi, segno che si sarebbe messo a piangere nel giro di pochi secondi, il suo labbro inferiore era pieno dei segni dei suoi denti e piccole gocce di sangue secco le coloravano.

<< m-mi ha scritto di nuovo >> disse e io strabuzzai gli occhi sentendo la sua voce ridotta quasi a un sussurro.

<< che cosa vuole di nuovo quella stronza, non le basta tutto il male che ti ha fatto? >> dissi sentendo l'irritazione aumentare sempre di più.

<< le solite cose, che mi ama ancora e che nonostante ciò che accadde continuo ad avere un posto nel suo cuore. Gun io sono stanco, non ce la faccio più, pensavo che cambiare paese mi avrebbe finalmente reso libero da lei e dalle sue grinfie. Ma a quanto pare neanche 11.542,24 Km servono a sbarazzarmi di lei >> iniziò a raccontarmi tutti i messaggi che gli aveva inviato nel giro di pochissimi minuti e che solo dopo un'ora e mezza passata senza ricevere alcuna risposta smise di torturarlo.

Ovviamente quando finì di raccontare scoppiò in un pianto liberatorio dovuto più che altro ai ricordi che quel nome, il suo nome gli riportava alla mente dilaniandoli il petto.

E io come sempre ero lì pronto a porgergli una spalla su cui piangere, a consolarlo, a ricordagli della persona meravigliosa che era e che non le serviva quella vipera per essere felice, che avrebbe ritrovato l'amore, che sarebbe tornato ad essere il ragazzo che era un tempo felice e spensierato, a essere il ragazzo che amava con tutto se stesso la danza e il canto, il ragazzo che lavorava duramente per realizzare i suoi sogni.

Perché io credevo in lui e sapevo che lui era più forte di quanto lui sapesse e sapevo che ce l'avrebbe fatta a superare i suoi demoni e io lo avrei aiutato.

Sia io che Youngjo abbiamo avuto un'infanzia felice e spensierata, eravamo due bambini felici che pensavano solamente a vivere la loro infanzia giocando e ridendo.

Ci siamo conosciuti da piccolissimi neanche tra i banchi di scuola, tra i giochi dell'asilo.

Eravamo nella stessa classe, io ero al primo anno mentre lui all'ultimo ma questi due anni di differenza non ci fecero paura, diventammo migliori amici e continuammo quest'amicizia anche fuori dall'asilo.

Un giorno, infatti, scoprimmo di essere vicini di casa e da quel giorno ogni momento era buono per vederci, giocare e passare il tempo insieme rafforzando ancora di più il nostro legame.

Di conseguenza, anche i nostri genitori divennero buoni amici e finimmo per passare veramente tanto tempo insieme, ogni festività era un pretesto per stare assieme e alla fine iniziammo a considerarci come fratelli.

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