Quella mattina
Occhiali da sole, total look nero, silenzio tombale, cuffie nelle orecchie: questo l'aspetto che Buck aveva quando decise finalmente di entrare in caserma.
Il turno iniziava alle 9.00.
Erano le 7.30.
"Beh, ho fatto turni peggiori. 37 minuti di sonno mi sembrano sufficienti" disse, sospirando, guardando il suo FitBit che lampeggiava con una lucina rossa indicandogli, chiaramente, che mancavano le calorie sufficienti, il sonno sufficiente, l'allenamento sufficiente per iniziare correttamente quella giornata.
Ma era da mezzanotte che la sua giornata andava male, quindi non se ne preoccupò più di tanto.
Entrare a lavoro a quell'ora era necessario per incontrare meno gente possibile, anche se in realtà se non fosse per il colossale post sbronza sarebbe bastato evitare anche solo una persona, ma il piano era così semplice che si rese conto che sarebbe stato TROPPO facile. Infatti non fece in tempo a salire le scale che si ritrovò Bob in ufficio che sistemava le sue carte.
"BUCK! Ma che diamine ci fai qua?!"
"Hey ciao Cap, ma niente di che, facevo fatica a dormire e ho pensato di venire prima a lavoro per pulire l'armamentario, allenarmi, sai, roba così" rispose il biondino.
"Pensi seriamente che io ci creda" chiosó Bob fissandolo, e rendendosi conto che stava decisamente cercando di passare inosservato, disse: "Buck che hai fatto ieri???"
"Niente, giuro, siamo andati post turno in un bar io, Chim, Hen e Eddie... davvero niente di che" provó inutilmente a sillabare Buck, palesemente inutilmente perché le braccia incrociate di Bob suggerivano che non stava credendo a una parola di quello che lui stava provando a raccontargliela .
"Buck togliti gli occhiali."
"No guarda Cap davvero non ce n'è alcun bisogno.."
"Buck."
"Davvero, ho una brutta congiuntivite virale, è meglio evitare.."
"Evan Buckley!"
Nulla sfuggiva al richiamo del suo nome per intero, nessuno lo chiama mai Evan, tantomeno Evan Buckley; e quindi, rassegnato, sconfitto, tolse le lenti.
Ed ecco qui, riflesso nelle pupille del capitano, l'esito disastroso della nottata precedente; si rivide quasi specchiato e inorridì, ma sarebbe bastato anche guardare il volto di Bob per capire che quella mattina non era affatto un bello spettacolo.
Due occhi piccoli, Rossi, brucianti, con i capillari rotti, segno di chi ha dormito poco e bevuto troppo, con il destro in particolare circondato di un enorme alone violaceo pulsante.
"Buck ma hai fatto a botte da ubriaco?!?" Urló Bob così forte che la sua voce echeggiò nella testa del bel pompiere, "ma stai scherzando? Ma quando imparerai? Ogni volta mi illudo che tu possa cambiare, crescere, maturare, e ti trovo a inizio turno senza che tu abbia dormito abbastanza, evidentemente ubriaco, con un occhio nero, e chissà cos'altro hai combinato ieri sera! Sono stanco del tuo comportamento, Buck devi deciderti a mettere la testa a posto, non avrai la tua età per sempre, devi sistemarti, trovarti una famiglia, responsabilizzarti, non solo a lavoro. Il tuo comportamento inficia anche quello dell'intera caserma e dei tuoi colleghi, ti aspetta un turno di 18 ore e lo farai senza aver dormito abbastanza, con i postumi di una sbronza colossale, a giudicare dai tuoi occhi, e addirittura senza un collega perché ho appena ricevuto un messaggio da Eddie che mi avvisa che oggi non sarebbe venuto per "problemi" successi ieri!! Non lo voglio neanche sapere cosa è successo ma sono deluso Buck, delusissimo!". Sbuffando e strepitando, Bob si allontanò lasciando un povero e disperato Buck da solo, negli spogliatoi.
Perfetto, non si sarebbe neanche presentato, evidentemente aveva deciso di utilizzare un approccio ancora più drastico del suo. Peggio di così non poteva andare.
Perché si vergognava come un ladro per quello che era successo, aveva rovinato clamorosamente tutto, in caserma e fuori.
Perché era ubriaco sì, ma aveva iniziato a bere all'una di notte, a fine serata, e quindi non lo era così tanto da fare a botte e non lo era così tanto da fargli arrossare gli occhi in quel modo.
La verità è che aveva pianto così tanto dalle tre alle sette del mattino che a metà nottata, quando disperato era andato in cucina a farsi una camomilla come sua sorella gli aveva insegnato, non aveva visto per via degli occhi appannati l'anta aperta del mobile, e ci aveva sbattuto contro.
E mentre ripercorreva tristemente gli avvenimenti del mattino nella sua testa Buck si chiedeva se fosse stato meglio raccontare a Bob cos'era successo, invece di mentire a costo di rovinarsi la reputazione, ma come poteva dirgli com'era andata veramente? Che parole poteva mai usare?
"Ehi cap scusa la verità è che non mi sono sbronzato molto, semplicemente ho completamente perso la testa per il mio collega/migliore amico e ieri in un impeto di follia spinto da Chim mi sono dichiarato ricevendo nessuna risposta perché Eddie se ne è andato chiedendomi spazio e quindi sono tornato a casa affogando le mie lacrime nel gin così tanto da sbattere contro un mobile e farmi un occhio nero?"
No, piuttosto si faceva licenziare.
O almeno cambiare turno, sicuro cambiare turno, perché Eddie evidentemente non voleva vederlo e lui non avrebbe di certo forzato la situazione, avrebbe piuttosto accettato passivamente la fine di quello splendido rapporto, per colpa sua e della sua maledetta testa.
E del suo maledetto cuore.
Quello scalmanato, rotto, distrutto, frammentato cuore, che sentiva troppo vivo e troppo forte e troppo potente nell'ultimo periodo, che batteva quasi cantando quando lo vedeva.
E forse avrebbe dovuto pensarci meglio, pensarci di più, evitare di rovinare quel rapporto ma Chim lo aveva scoperto, e gli aveva consigliato semplicemente di dirglielo, così, come si racconta cosa hai fatto il fine settimana. Tutto si aspettava ma non che gli rispondesse in quel modo, non che andasse via, non che gli chiedesse "spazio". Era evidente che non provava lo stesso, ma un rifiuto forse avrebbe fatto meno male della richiesta di "spazio"; Buck non avrebbe mai potuto chiedergli "spazio", Buck lontano da lui si sentiva soffocare come se non ci fosse aria, quello "spazio" tra loro lo faceva venire meno, il non parlarsi, l'ignorarsi, il non aspettarsi all'entrata per lavorare insieme, lo faceva morire.
Ma a quel punto pensò che avrebbe dovuto imparare per forza, perché altrimenti non sarebbe sopravvissuto. E doveva almeno lavorare.
E scoppió a piangere di nuovo.
Fantastico, si era rotto.
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Troppo tardi
FanfictionL'ultimo attimo. Quello in cui tutto può accadere, il successo più grande o la caduta più rovinosa.